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L'universo che sta sotto le parole
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Titolo Faranews
 

FARANEWS
ISSN 15908585

MENSILE DI
INFORMAZIONE CULTURALE

a cura di Fara Editore

1. Gennaio 2000
Uno strumento

2. Febbraio 2000
Alla scoperta dell'Africa

3. Marzo 2000
Il nuovo millennio ha bisogno di idee

4. Aprile 2000
Se esiste un Dio giusto, perché il male?

5. Maggio 2000
Il viaggio...

6. Giugno 2000
La realtà della realtà

7. Luglio 2000
La "pace" dell'intelletuale

8. Agosto 2000
Progetti di pace

9. Settembre 2000
Il racconto fantastico

10. Ottobre 2000
I pregi della sintesi

11. Novembre 2000
Il mese del ricordo

12. Dicembre 2000
La strada dell'anima

13. Gennaio 2001
Fare il punto

14. Febbraio 2001
Tessere storie

15. Marzo 2001
La densità della parola

16. Aprile 2001
Corpo e inchiostro

17. Maggio 2001
Specchi senza volto?

18. Giugno 2001
Chi ha più fede?

19. Luglio 2001
Il silenzio

20. Agosto 2001
Sensi rivelati

21. Settembre 2001
Accenti trasferibili?

22. Ottobre 2001
Parole amicali

23. Novembre 2001
Concorso IIIM: vincitori I ed.

24. Dicembre 2001
Lettere e visioni

25. Gennaio 2002
Terra/di/nessuno: vincitori I ed.

26. Febbraio 2002
L'etica dello scrivere

27. Marzo 2002
Le affinità elettive

28. Aprile 2002
I verbi del guardare

29. Maggio 2002
Le impronte delle parole

30. Giugno 2002
La forza discreta della mitezza

31. Luglio 2002
La terapia della scrittura

32. Agosto 2002
Concorso IIIM: vincitori II ed.

33. Settembre 2002
Parola e identità

34. Ottobre 2002
Tracce ed orme

35. Novembre 2002
I confini dell'Oceano

36. Dicembre 2002
Finis terrae

37. Gennaio 2003
Quodlibet?

38. Febbraio 2003
No man's land

39. Marzo 2003
Autori e amici

40. Aprile 2003
Futuro presente

41. Maggio 2003
Terra/di/nessuno: vincitori II ed.

42. Giugno 2003
Poetica

43. Luglio 2003
Esistono nuovi romanzieri?

44. Agosto 2003
I vincitori del terzo Concorso IIIM

45.Settembre 2003
Per i lettori stanchi

46. Ottobre 2003
"Nuove" voci della poesia e senso del fare letterario

47. Novembre 2003
Lettere vive

48. Dicembre 2003
Scelte di vita

49-50. Gennaio-Febbraio 2004
Pubblica con noi e altro

51. Marzo 2004
Fra prosa e poesia

52. Aprile 2004
Preghiere

53. Maggio 2004
La strada ascetica

54. Giugno 2004
Intercultura: un luogo comune?

55. Luglio 2004
Prosapoetica "terra/di/nessuno" 2004

56. Agosto 2004
Una estate vaga di senso

57. Settembre2004
La politica non è solo economia

58. Ottobre 2004
Varia umanità

59. Novembre 2004
I vincitori del quarto Concorso IIIM

60. Dicembre 2004
Epiloghi iniziali

61. Gennaio 2005
Pubblica con noi 2004

62. Febbraio 2005
In questo tempo misurato

63. Marzo 2005
Concerto semplice

64. Aprile 2005
Stanze e passi

65. Maggio 2005
Il mare di Giona

65.bis Maggio 2005
Una presenza

66. Giugno 2005
Risultati del Concorso Prosapoetica

67. Luglio 2005
Risvolti vitali

68. Agosto 2005
Letteratura globale

69. Settembre 2005
Parole in volo

70. Ottobre 2005
Un tappo universale

71. Novembre 2005
Fratello da sempre nell'andare

72. Dicembre 2005
Noi siamo degli altri

73. Gennario 2006
Un anno ricco di sguardi
Vincitori IV concorso Pubblica con noi

74. Febbraio 2006
I morti guarderanno la strada

75. Marzo 2006
L'ombra dietro le parole

76. Aprile 2006
Lettori partecipi (il fuoco nella forma)

77. Maggio 2006
"indecidibile santo, corrotto di vuoto"

78. Giugno 2006
Varco vitale

79. Luglio 2006
“io ti voglio… prima che muoia / rendimi padre” ovvero tempo, stabilità, “memoria”

79.bis
I vincitori del concorso Prosapoetica 2006

80. Agosto 2006
Personaggi o autori?

81. Settembre 2006
Lessico o sintassi?

82. Ottobre 2006
Rimescolando le forme del tempo

83. Novembre 2006
Questa sì è poesia domestica

84. Dicembre 2006
La poesia necessaria va oltre i sepolcri?

85. Gennaio 2007
La parola mi ha scelto (e non viceversa)

86. Febbraio 2007
Abbiamo creduto senza più sperare

87. Marzo 2007
“Di sti tempi… na poesia / nunnu sai mai / quannu finiscia”

88. Aprile 2007
La Bellezza del Sacrificio

89. Maggio 2007
I vincitori del concorso Prosapoetica 2007

90. Giugno 2007
“Solo facendo silenzio / capisco / le parole / giuste”

91. Luglio 2007
La poesia come cura (oltre il sé verso il mondo e oltre)

92. Agosto 2007
Versi accidentali

93. Settembre 2007
Vita senza emozioni?

94. Ottobre 2007
Ombre e radici, normalità e follia…

95. Novembre 2007
I vincitori di Pubblica con noi 2007 e non solo

96. Dicembre 2007
Il tragico del comico

97. Gennaio 2008
Open year

98. Febbraio 2008
Si vive di formule / oltre che di tempo

99. Marzo 2008
Una croce trafitta d'amore



Numero 14
Febbraio 2001


Editoriale: tessere storie

Tessere e' un verbo ma anche un sostantivo plurale: nel primo e piu' consueto significato di tramare e ordire con le parole delle narrazioni, "tessere" non ci sorprende; nel significato di "tavolette quadrate" o "quadretti (il latino tessera e' considerato una abbreviazione del greco tessaragonos "con quattro angoli") la parola, abbinata a storie, puo' risultare insolita. Storie come "quadretti" che magari compongono una narrazione piu' ampia, un mosaico variegato e impressionistico che per essere "letto" deve essere guardato da un certa distanza e cosi' le singole tessere risultano assorbite dalla storia di storie.
in questo numero Faranews vi propone un percorso di avvicinamento a qualche tessera, senza la pretesa che possano comporre un quadro di grandi dimensioni.
Dopo il breve intervento su alcune tessere greche tuttora vive in Italia, passiamo ai versi della Guarigione di Vera Lucia (accento sulla "u") de Oliveira e all' Anno rotondo di Paola Turroni. Continuamo con Il centauro, una delle storie del maresciallo Fenati abilmente tessute da Orfeo Bartolini, e concludiamo con la segnalazione di siti e recensioni. Buona lettura.

INDICE

Italiani che parlano greco

Le tessere di Vera Lucia de Oliveira

L'anno e' rotondo (P. Turroni)

Il centauro (O. Bartolini)

Siti interessanti

Recensioni
- Lu Xun

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Italiani che parlano greco

"Iu llei o lo", si dice in griko, per affermare l'indiscutibile validita' di un proverbio: "Cosi' dice la parola".
E' un proverbio della Grecia (accento sulla "i") salentina dove tuttora si parla una lingua che pare risalire al greco parlato nella Magna Grecia, successivamente rinforzato dalla presenza nel medioevo di monaci bizantini.
La parola (dal greco parabole', paragone, confronto) e' un piccolo insieme significativo di tessere (le lettere) che assieme ad altre parole puo' comporre un discorso. Se chi ascolta interviene abbiamo un dialogo (dal greco dia' tra e logos discorso). I dialoghi sono forse la parte piu' viva di una narrazione, e spesso la piu' critica (dal greco kritike' (techne) l'(arte di) distinguere, giudicare, valutare) per uno scrittore. Ma e' evidentemente importante anche la trama, la storia (dal greco historia, indagine) che spesso cattura il lettore assai piu' dello stile.

(sull'area grecanica v. griko salentino)

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Le tessere di Vera Lucia de Oliveira

E' fresca di stampa La guarigione, l'ultima raccolta poetica di Vera Lucia de Oliveira, con studi in Brasile (sua patria) e dottorato in Italia ove attualmente insegna presso l'Universita' di Lecce. Il volume, edito dalla Associazione Culturale la Fenice, e' il premio per il vincitore del Premio Spiaggia di velluto - Senigallia (tel. 071-64815). I versi sono brevi, asciutti, ricchi di echi incisivi: " (...) le parole non dette - disse / crescono come tumori"; "non avevo che parole / per salire sugli scogli / da li' saltavo nel vuoto / cadendo piano sui fogli"; "ho rubato dolore dai muri / per vederli da dentro / piu' scorticati erano / piu' arrivavo in centro". La parole sembrano essersi accumulate fino a richiedere un'uscita, ma escono solo quelle poche tessere utili a comporre un'immagine concentrata in estensione ma di grande profondita', anzi di grandi profondita' che danno a quella forma essenziale di poche tessere riverberi insoliti e abbaglianti: " (...) tutto quello che dimentichi / ti corrode l'occhio"; "(...) lasciavi i denti del buio / mangiarci fino al midollo". Sono versi che si imprimono come haiku che la memoria ama ricordare per scoprirne i sensi nuovi.
Vera Lucia de Oliveira collabora con diverse riviste italiane e straniere e ha vinto numerosi premi sia in Brasile che in Italia; alcune sue poesie si trovano in Memorie in valigia e Parole oltre i confini).


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L'anno e' rotondo
di Paola Turroni

Indipendentemente dal tempo la natura ha un ritmo. Questo mi diceva mio nonno, e lo ritrovo nelle parole di mia madre, che mi spiega come vivono le piante. Sono giornate di presa di possesso della luce, una rivendicazione al grigio del tardo inverno, quando anche l'inverno e' stanco di se stesso. I muri delle case sembra che si distendano, come sgranchirsi le ossa dopo l'umidita'. I rami neri si vantano di fare da sostegno alle prime foglie verdi. Sui tetti riscaldati delle automobili i gatti si studiano le mosse per l'imminente stagione d'amore, le persone passeggiano senza stringersi le spalle, indugiano piu' a lungo fuori dai portoni, i bambini, liberi da cappelli e sciarpe, corrono ritrovando nel sudore un corpo che respira. I contadini lasciano i rami degli ulivi sulla strada, come briciole della terra che si prepara al parto. I fiori dei peschi sono una promessa, e' il momento piu' breve del ciclo vitale di una pianta, se non arriva una gelata a stroncare le aspettative si capisce dai fiori quali pesche ci saranno quest'anno. Cielo ciotola di sole, curve di grano e granoturco. Pasti caldi della terra. E pioggia come un secchio, e poi di nuovo sole, il sole del dopo temporale, come un'eco all'urlo, quando tutti i verdi si distinguono, la sabbia si asciuga a vista d'occhio, gli odori delle cose liberati dalle gabbie. Una vecchia schiaccia le noci seduta sulla porta di casa, si appoggia su una cassetta della frutta rovesciata, e usa un martello. Ricorda forme di gesti consumati, quando si andava al mare a piedi e la frutta si seccava nel solaio. Rotoli di fieno e alcove. L'autunno e' un amplesso della natura prima di cedere al letargo. Il cielo passa dal blu al nero, senza mediazione. Le foglie prendono addosso il sole, sfogandosi in colori, prima di cadere. Frutti ricchi, uva fichi castagne pere, frutti densi, fatti di curve. Il sole sta li', ad appacificare, un calore leggero che tiene in piedi le ossa come se volesse prepararle all'inverno. Accompagna il lavoro delle formiche, che sembrano canticchiare mentre trasportano i loro mattoni-cuccia. Accompagna le ultime fioriture delle rose, ultima corsa alla bellezza. Accompagna la messa a riposo della terra, i contadini sollevano le zolle che proteggono la prossima vita, quando arriva la pioggia la terra e' pronta a prenderla, bocca aperta dissetata. Mio padre ha fatto la raccolta delle olive. Esce presto al mattino e torna col buio precoce delle sere invernali. Un cesto di cachi spaccati dal peso della loro polpa, le unghie sporche di terra e i calzettoni di lana bagnati. La gatta segue le sue mani sui rami, dopo aver preteso una fetta di salame per se' e l'ultimo cucciolo nato. Gli uccelli, che nei primi giorni scappavano diffidenti, tornano sempre piu' vicino e sempre prima a dare un ritmo al silenzio. Cosi' l'inverno e' pretesto di ricordi, e momento di scoperta come e' ogni rimembranza. L'ammazzamento del maiale e i ciccioli intorno al tavolo come caramelle, la madonna appesa al muro, riempire i tortelli, la ricerca delle uova nel pollaio. Giocavamo con la carriola ma ci sgridavano perche' calpestavamo l'orto, ci nascondevamo nelle botti di vino ubriachi di odore, i conigli presi sotto il ponte per liberarli dalla gabbia. Sui letti alti ci raccontavamo storie dell'orrore cosi' che la paura ci faceva stringere i corpi e reagire al freddo E finalmente la luce calda del tardo pomeriggio di sole. Cielo blu che si distende come per stiracchiarsi le braccia, e uccellini che discutono sulle visioni privilegiate del mondo che hanno dal volo. Sono tutti piu' allegri oggi, quasi sulla pelle, senza nemmeno saperlo, conto alla rovescia per la primavera. Il gesto fa del corpo l'unione del pensiero con la terra. L'ultimo gesto che ha fatto mio nonno e' stato arrampicarsi sull'albero, per vedere i segni che l'anno gli ha fatto.

(Paola Turroni ha appena pubblicato con noi animale)

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Il centauro
(di Orfeo Bartolini)

Gia' le scartoffie in genere lo deprimevano. E quelle li' in particolare non poteva sbolognarle a nessuno. In piu' quel maledetto scooter con la marmitta truccata non la smetteva di far su e giu' proprio sotto le finestre del suo ufficio. Il maresciallo Fenati scatto' in piedi.
- Palmisano!
Il piantone si affaccio' dalla guardiola. Teneva con una mano il microfono della radio di servizio, e con l'altra la cornetta del telefono premuta contro il petto.
- Comandi, maresciallo.
- Chi c'e' disponibile?
- Ricci e Borruso sono in servizio di pattuglia. Trevisan e' andato a comperare il pesce. C'e' Ruoppolo, ma e'... in bagno. Serve qualcosa?
- Lascia perdere. Mai che ci sia un carabiniere, quando c'e' bisogno.
Si affaccio' alla porta della caserma. L'aria di maggio portava in giro i cotoni dei pioppi, e si sentiva odore di estate vicina e di turisti in arrivo. E di miscela al due per cento tagliata con olio di ricino. Il maledetto centauro sfreccio' per l'ennesima volta lungo il viale, e proprio davanti alla stazione dei carabinieri ebbe la sfrontatezza di prodursi in un'impennata. Indossava un giubbotto di pelle con scritto "Romagna Tigers" e casco integrale rosso. Tentare di fermarlo con fischietto e paletta sarebbe stata fatica sprecata. Il maresciallo Fenati rientro' velocemente in ufficio, prese un rotolo del nastro bicolore usato per recintare le zone degli incidenti stradali e ne svolse velocemente tre o quattro bracciate. Lo ammucchio' alla rinfusa e se lo nascose sotto la giacca. Usci' di nuovo, e si apposto' dietro al grosso platano che ombreggiava il cancelletto della caserma. Arrivato in fondo al viale, il centauro fece dietrofront e riparti' per l'ennesimo passaggio. Il maresciallo attese il momento giusto, e lancio' il groviglio di nastro attraverso la strada. Questo si apri' a mezz'aria come uno strano animale, di quelli che si vedono ai corsi mascherati. Il motociclista, disorientato, freno' d'istinto. Il sottufficiale balzo' in strada e lo agguanto' per la collottola. Con l'altra mano gli tolse il casco, e gli apparve una faccia nota.
- Tanto non mi potete fare niente. Piantatela di perdere tempo, e lasciatemi andare.
- Levati quel risolino dalla faccia.
Il giovanotto, seduto davanti alla scrivania del maresciallo, allargo' le gambe ed assunse un'aria di sfida.
- Altrimenti?
- Altrimenti te lo levo io.
Qualcosa nella voce del maresciallo convinse il ragazzo a non tirare troppo la corda. Casadei Silvio, anni sedici, residente in Lungomare Pascoli al civico 217, incensurato, padre e madre albergatori. Questo e poco altro sarebbe riuscito a cavare di bocca al giovanotto, se se ne fosse preso il disturbo. Tutte cose che comunque sapeva gia'; tanto valeva ricopiare pari pari gli altri rapporti che i suoi uomini avevano gia' dovuto compilare a causa del giovane. Silvio era un tipico prodotto della societa' in cui viveva. Figlio unico di due genitori troppo impegnati a lavorare, era abituato ad ottenere tutto cio' che voleva. Il padre si era fatto da se' a forza di cambiali e sacrifici, era una brava persona ed era convinto in buona fede che l'amore per i figli si manifesta soprattutto coi quattrini. E gliene dava troppi. Il maresciallo aveva gia' avuto a che fare con casi del genere, e l'aver dovuto intervenire a norma di legge gli aveva sempre lasciato, per un motivo o per un altro, l'amaro in bocca. Quando si fa una multa o si sequestra un motorino non e' quasi mai il giovane a pagare, e' sempre il babbo. O, peggio, la mamma di nascosto. Al maresciallo Fenati non piaceva dover intervenire dopo; preferiva agire prima, e risparmiare alla gente piu' dispiaceri possibile. Stavolta avrebbe fatto a modo suo. Le schede del parco automezzi, che normalmente gli facevano venire l'acidita', stavolta gli tornarono utili. Di solito si limitava a firmarle, mettendo dati a caso e sperando che fossero verosimili. Tanto bastava che concordassero le cifre a fine anno: nessuno, a memoria di carabiniere, aveva mai sentito parlare di controlli alle schede automezzi. Stavolta il maresciallo Fenati spulcio' tutti i rapportini giornalieri e trascrisse diligentemente ogni dato: tipo di carburante, data, litri ed importo di ogni rifornimento, perfino il chilometraggio esatto dei cambi olio. Incolonnava in bella grafia i numeretti nelle caselline giuste, e nonostante sembrasse completamente immerso nel suo lavoro non perdeva la minima mossa, espressione o reazione del giovanotto. Questi sulle prime aveva deciso di fare il duro, ma col passare dei minuti la sua sicurezza veniva meno. La prolungata indifferenza del comandante, anziche' calmarlo, lo innervosiva.
- Insomma, me ne posso andare? Fenati si limito' a guardarlo per un attimo, con espressione neutra, e si rituffo' nel suo lavoro. Esaurite tutte le schede degli automezzi, decise di togliersi un altro fastidioso dente.
- Palmisano!
- Comandi, maresciallo.
"Ci siamo," penso' Silvio.
- Portami gli ordini del giorno. Il piantone obbedi', e ben presto la scrivania, che era appena stata sgomberata, fu nuovamente coperta da registri e fasci di tabulati a quadretti. Il maresciallo si immerse nuovamente nei meandri della burocrazia. Il giovane, ormai, era quasi cotto.
- Insomma, cosa aspettate a lasciarmi andare? Non posso mica fare notte qui! - Nonostante il tono animoso, la voce di Silvio mostrava qualche incrinatura. Il maresciallo non alzo' neppure lo sguardo.
- Palmisano!
- Comandi, maresciallo.
- E' tornato Trevisan?
- Si', maresciallo. Vedesse che belle sarde che ha trovato! - Digli che metta dentro questo centauro della domenica, e che si faccia aiutare da Ruoppolo. E poi mi porti il registro degli arresti.
Il giovane sussulto', e divenne pallido. Palmisano si informo':
- Con quale accusa?
- Accertamenti, per ora. Procedura normale.
Trevisan e Ruoppolo presero in consegna il giovanotto, che aveva perduto tutta la sua baldanza. Lo portarono nella saletta dei fermati, e mentre il primo, con grande solennita', gli prendeva le impronte digitali, l'altro si affaccio' un attimo nell'ufficio del maresciallo e a mezza voce ne sondo' le intenzioni:
- La facciamo proprio normale... normale?
- Normale. Non e' mica domenica!
Le quattro camere di sicurezza si trovavano nello scantinato. La palazzina che ospitava la stazione dei carabinieri era una modesta costruzione con un piccolo giardino. Era piuttosto vecchia che antica, ma era solida di mura e aveva un piccolo seminterrato di mattoni con le volte a botte. In passato le celle venivano usate soprattutto per tenervi mele, pomodorini, uva, salami e forme di pecorino: la temperatura e l'umidita' erano ideali, e i reati che venivano consumati in paese non erano di quelli che riempiono fino all'orlo le camere di sicurezza. Per le crisi coniugali, le ubriachezze moleste (fatto, questo, soprattutto estivo e dovuto piu' che altro ai turisti) e le manifestazioni di esuberanza calcistica era sempre bastata una sola cella, raramente due. E mai per piu' di qualche decina di minuti. Poi era sopravvenuto un problema: da qualche anno (un carabiniere ausiliario che studiava geologia gli aveva spiegato il perche', ma Fenati non aveva capito molto) saliva dal terreno sempre piu' umidita' nelle celle, e vi persisteva un puzzo di muffa insopportabile. Niente piu' salami o pecorini, dunque, anche per motivi ambientali. Il maresciallo aveva inviato piu' volte richiesta di straordinaria manutenzione, per la consueta via gerarchica, ma sapeva bene che tali domande (salvo il pericolo immediato di crolli o eventi del genere) finiscono sempre nell'Archivio delle Buone Intenzioni. Quella in cui fini' Silvio era proprio una fetida segreta. Vi stagnava un tanfo misto muffa-orina-vomito da piegare in due un paracarro. Una lampadina protetta da una griglia faceva del suo meglio per illuminare l'ambiente, ed una panca di legno era l'unico arredo. La "procedura standard" prevedeva, oltre alla presa delle impronte digitali, la perquisizione personale per impedire che il fermato portasse in cella oggetti atti a farsi del male. A Silvio venne sequestrato, e debitamente registrato: portafoglio, fazzoletto, orologio, cellulare, temperino, accendino, cintura, stringhe, un preservativo piuttosto malandato ("Questa piu' che una precauzione e' una speranza," aveva commentato Trevisan) e anche il giubbotto, a causa delle numerose borchie con cui avrebbe potuto ferirsi. Spogliato di ogni avere, costretto a reggersi i pantaloni, infreddolito ed umiliato dalla perquisizione, il giovanotto si trovo' solo coi suoi pensieri. In realta' non era passata piu' di un'oretta, ma a Silvio Casadei sembrava di essere chiuso in cella dall'eternita'. I rari suoni che giungevano alle sue orecchie, ovattati e per lo piu' impossibili da decifrare, non facevano che aumentare la sua inquietudine. Mentre si stava domandando per la settantesima volta quanto tempo ancora ci volesse per quei dannati accertamenti, senti' venire dal corridoio un concitato groviglio di voci maschili. - Forza, muovetevi!
- Ehi, giu' le mani da me!
- Avanti, dentro!
- Non vorrete lasciarmi insieme a quel coso li', vero?
- Perche', non sono il tuo tipo?
- Ho detto muovetevi! Credete di essere in albergo?
- O insomma, non potete obbligarmi a stare con lui!
- E per colazione cosa vuoi, dolcezza?
- Ecco, chiudi! Oooh, fatto.
- Sta' lontano, sai?!
- Vieni, tesoruccio bello...
- AAAAH!
Silvio si tappo' le orecchie, ma non pote' non sentire l'urlo disperato che veniva dalla cella vicina. Quanto duro' quell'inferno? Il ragazzo non avrebbe certo saputo dirlo. Dopo un'eternita' (pochi minuti, a dire il vero) passata a tapparsi le orecchie, la testa gli scoppiava e provo' ad allentare la pressione. Non si sentiva piu' se non un gemito sordo, fioco e monotono, come di uno che si lamenti a bocca chiusa. Silvio senti' freddo. Si appallottolo' meglio che pote' e si soffio' sulle dita, ma un sordo rumore di passi lo fece sussultare e tremare di paura. -Prego, signore, si accomodi.
- Riconobbe la voce chioccia e il tono beffardo del carabiniere che gli aveva preso le impronte.
- Spero che la suite sia di suo gradimento. La porta della cella si spalanco' ed apparve il militare, che disse a Silvio:
-Certamente sua signoria non si offendera' se gli diamo un coinquilino, vero? Sa com'e', la crisi degli alloggi... - E all'altro: -Si accomodi, signore. Faccia come a casa sua.
Apparve un omaccione tutto muscoli, alto e largo quasi piu' del vano della porta. Indossava jeans sfilacciati ed un gile' di pelle tutto frange. I radi capelli superstiti, di un colore biondastro, partivano dalla nuca e dalle tempie e gli cadevano sulle spalle. Aveva le braccia coperte di tatuaggi, e dimostrava una cinquantina d'anni. A Silvio si fermo' il respiro.
- Vi lascio soli, signori. Mettetevi pure a vostro agio.
L'omaccione squadro' a lungo il giovane compagno di sventura, ma non parlo'. Si gratto' a lungo in varie parti del corpo, si scaccolo' con attenzione ed appiccico' al muro il frutto delle proprie ricerche, a pochi centimetri da Silvio, come a volerne delimitare il territorio. Il giovane era paralizzato dal terrore. Dopo un bel po' il colosso parve trovare la parola.
- Hai da fumare?
Con mano tremante, eppure quasi mezzo sollevato per la rottura del ghiaccio, il giovane gli porse un pacchetto di sigarette quasi pieno.
- Pero' m... mi hanno preso l... l'accendino.
Il bestione prese il pacchetto, tolse tre o quattro sigarette, ne strappo' via i filtri e se le ficco' in bocca, con la carta e tutto, mettendosi a masticare con gusto ed emettendo di tanto in tanto dei brevi grugniti di soddisfazione. Alla fine sputo' contro al muro una grossa massa brunastra, che colo' lentamente a terra. Silvio non oso' chiedere indietro quel che restava del pacchetto, e si rannicchio' nel suo angolino.
- Ehi, mezza sega.
Silvio si senti' svenire.
- Si', signore?
- Perche' sei qui?
- P... per accertamenti.
- Hmm.
Silvio si era fatto ancora piu' piccolo, e l'altro lo guardo' sospettoso.
- Ehi, dico, avrai mica paura di me, alle volte? Silvio non rispose.
- Guarda che io sono gentile coi fiorellini come te... Da'i, vieni qui che facciamo amicizia.
In quella arrivo' un carabiniere, ed apri' la cella.
- Muoviti, giovanotto. Il maresciallo ti vuol fare qualche domanda.
Silvio gli avrebbe fatto un monumento.
- Senti, ragazzo. Ti faro' domande semplici, e voglio risposte chiare. Mi sono spiegato?
Silvio annui', ma non apri' bocca. Aveva gli occhi dilatati dalla paura.
- Ne ho conosciuti dei bulletti da quattro soldi. Il carcere minorile di Forli' ne e' pieno, e molti ce li ho dovuti mandare io. Eppure tu non mi sembri uno dei soliti stronzetti. Qual e' il problema?
- ... Non capisco, signore.
- Ecco, vedi? Ti e' bastata un'ora al fresco, e sei tornato una persona educata. Eppure con quel tuo scooter te la stavi cercando. - Sbuffo' brevemente. - Tu non sembri tanto cretino da rischiare il collo e il sequestro del mezzo proprio davanti alla caserma senza un motivo. Perche' lo facevi, dunque?
Silvio abbasso' lo sguardo.
- Non certo per farti bello con gli amici: non c'era nessuno a guardarti. Volevi forse sfottere noi?
- N... no, signore, certo che no.
- E allora?
- Il problema e'... e' proprio che non c'era nessuno a guardarmi.
Il maresciallo si liscio' il mento.
- E tu, invece, avresti voluto che ci fosse qualcuno.
- Si'.
- Magari una persona precisa.
- Ehm... si'.
Provo' a buttare la' un bluff.
- Magari la figlia piccola del giornalaio.
Silvio avvampo'. "Tana!" Il maresciallo sorrise fra se', ma riusci' a dissimularlo bene. Riprese il tono brusco e formale dell'inizio.
- La tua disgrazia e' quella di avere un padre troppo buono. Se ti avesse dato qualche santo ceffone quando era ora, invece di riempirti le tasche di soldi, adesso io non dovrei perdere tanto tempo con te. - Emise un breve sospiro. - I ragazzini viziati, che hanno tutto senza dover neanche faticare a chiederlo, finiscono sempre in due posti: o a Forli', o sui tavoli dell'obitorio. Una pallida idea di cosa ti aspetta a Forli' te la sei fatta, oggi... O no?
- Si', signore.
- Adesso sai la fine che farebbe il fondo della tua schiena, la' dentro, vero?
- Ssssi', signore.
- Vuoi che ti ci mandi? Dammi un solo motivo, e stasera stessa dormirai la'. Se dormirai.
Gli occhi del giovane si allagarono.
- No, signor maresciallo. Glielo prometto.
- Insomma, hai capito la lezione?
- Si', signore.
Il sottufficiale si alzo' in piedi, apri' un piccolo frigo bar e riempi' due bicchierini di grappa.
- Bevi. Ti fara' bene.
Silvio spalanco' gli occhi dallo stupore, ma vuoto' il suo bicchierino quasi senza tossire.
- Voglio fidarmi di te, Casadei. Non ti sequestro il mezzo, e non ti faccio neppure la multa. Ti lascio andare.
- Cosi', senza...?
- Senza alcuna formalita'.
- Ma saro'... saro' schedato?
Fenati dissimulo' un sorriso.
- Oggi non e' successo niente. Non restera' traccia della tua piccola disavventura se non nella mia memoria. - Alzo' un dito ammonitore.
- A tre condizioni.
- Dica, signor maresciallo.
-Vediamo se indovini.
Silvio tossicchio'.
- Ehm... dunque... non fare mai piu' impennate, o comunque cose pericolose.
- Bene. E poi?
- Fare rimettere la marmitta originale, e usare la normale miscela omologata.
- Bravo. Che altro ancora?
Silvio si sforzo', ma non gli venne in mente nulla di adatto. Fenati gli venne in aiuto.
-Terzo, prima di fare anche solo un passo, di qualunque tipo, chiedersi se e' giusto o sbagliato, e in ogni caso immaginare cosa ne penserei io. Che comunque ti tengo sempre d'occhio. Poi decidere, e andare fino in fondo. E quarto... voglio regalarti un consiglio. - Gli si avvicino', si abbasso' un po' e continuo' a voce piu' bassa. - Non serve rischiare la vita per farsi notare da una ragazza, anzi si fa peggio.
Getto' un'occhiata nel corridoio, e continuo'.
- Fa' cosi'...
Trevisan usci' dalla rimessa con lo scooter, lo alzo' sul cavalletto e torno' in cucina, a preparare le sarde per metterle in forno. Silvio guardo' il mezzo, poi il maresciallo.
- Davvero posso andarmene?
- Va' pure, ragazzo. E ricordati che mi devi un favore.
- Stia tranquillo che non me ne dimentichero'. Fece per andarsene, ma rimase li', sul vialetto di ghiaia, fra la siepe di rose canine e il pulmino di servizio, con l'aria imbarazzata.
- Hai dimenticato qualcosa, giovanotto?
- Potrei... ehm... stringerle la mano?
Il maresciallo Fenati ripenso' alle sue scartoffie. Tento' di rimettersi al lavoro, ma non ci fu verso di farsene tornare la voglia. Decise quindi di sedersi in veranda, e di farsi un buon trebbiano freddo. Il sole stava calando, il normale orario d'ufficio era passato ed era quasi ora dell'aperitivo. Palmisano era stato rilevato da Ruoppolo, e si stava godendo l'aria di maggio seduto sul muricciolo del giardino.
- Vatti a pigliare un bicchiere, Palmisano.
I due militari bevvero insieme. Non si erano persi una sola scena di quanto era successo nel seminterrato, attraverso le telecamere di sicurezza. Non era la prima volta che il maresciallo organizzava sceneggiate del genere, a edificazione di qualche giovane scapestrato, ma quella volta era venuta davvero bene: il grido di dolore di Ricci era riuscito un vero cammeo.
- Pure il numero delle sigarette e' venuto bene, maresciallo... Avete visto che faccia ha fatto il ragazzo?
- L'ho visto fare sei anni fa, da uno dell'Antidroga di Ravenna. Anzi, domani ricordami di telefonare al Paranco... se ne e' andato senza che avessi il tempo di ringraziarlo.
Il Paranco, al secolo Barbieri Anselmo, di professione bagnino, era amico e rivale a biliardo da lungo tempo, e di tanto in tanto rendeva a Fenati qualche piccolo servizio di vario genere. Anche il Paranco, tempo addietro, era stato in debito di un favore. Sei giorni dopo, una ragazza trovo' un mazzetto di viole del pensiero nel cestino della bici, e sorrise. Non c'era biglietto, ma non serviva.

(Orfeo Bartolini ha pubblicato con noi A noi due, Africa Nera! e Capetwon-Bellaria. La sfida)

Siti interessanti

Dal silenzio del tragos alla Zeit-Wort della narrazione. Mitologia e oltrepassamento del pensiero nella filosofia di Franz Rosenzweig (di Giacomo Bonagiuso)
http://mondodomani.org/dialegesthai/gb01.htm

Nigrizia
http://www.nigrizia.it/

Comicoterapia
http://www.alcatraz.it/comicoterapia/index.html

Ambrosiana
http://www.ambrosiana.it/

Per essere un buon cyberscrittore
http://www.mestierediscrivere.com/testi/cyberscrittore.htm

Una scrittrice si presenta
http://www.freeweb.org/letteratura/rifugio/schede/sbiserni.htm

L'anello mancante tra testo e ipertesto
http://www.intratext.com/

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Recensioni:

Le novelle piu' belle di Lu Xun
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