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Titolo Faranews
 

FARANEWS
ISSN 15908585

MENSILE DI
INFORMAZIONE CULTURALE

a cura di Fara Editore

1. Gennaio 2000
Uno strumento

2. Febbraio 2000
Alla scoperta dell'Africa

3. Marzo 2000
Il nuovo millennio ha bisogno di idee

4. Aprile 2000
Se esiste un Dio giusto, perché il male?

5. Maggio 2000
Il viaggio...

6. Giugno 2000
La realtà della realtà

7. Luglio 2000
La "pace" dell'intelletuale

8. Agosto 2000
Progetti di pace

9. Settembre 2000
Il racconto fantastico

10. Ottobre 2000
I pregi della sintesi

11. Novembre 2000
Il mese del ricordo

12. Dicembre 2000
La strada dell'anima

13. Gennaio 2001
Fare il punto

14. Febbraio 2001
Tessere storie

15. Marzo 2001
La densità della parola

16. Aprile 2001
Corpo e inchiostro

17. Maggio 2001
Specchi senza volto?

18. Giugno 2001
Chi ha più fede?

19. Luglio 2001
Il silenzio

20. Agosto 2001
Sensi rivelati

21. Settembre 2001
Accenti trasferibili?

22. Ottobre 2001
Parole amicali

23. Novembre 2001
Concorso IIIM: vincitori I ed.

24. Dicembre 2001
Lettere e visioni

25. Gennaio 2002
Terra/di/nessuno: vincitori I ed.

26. Febbraio 2002
L'etica dello scrivere

27. Marzo 2002
Le affinità elettive

28. Aprile 2002
I verbi del guardare

29. Maggio 2002
Le impronte delle parole

30. Giugno 2002
La forza discreta della mitezza

31. Luglio 2002
La terapia della scrittura

32. Agosto 2002
Concorso IIIM: vincitori II ed.

33. Settembre 2002
Parola e identità

34. Ottobre 2002
Tracce ed orme

35. Novembre 2002
I confini dell'Oceano

36. Dicembre 2002
Finis terrae

37. Gennaio 2003
Quodlibet?

38. Febbraio 2003
No man's land

39. Marzo 2003
Autori e amici

40. Aprile 2003
Futuro presente

41. Maggio 2003
Terra/di/nessuno: vincitori II ed.

42. Giugno 2003
Poetica

43. Luglio 2003
Esistono nuovi romanzieri?

44. Agosto 2003
I vincitori del terzo Concorso IIIM

45.Settembre 2003
Per i lettori stanchi

46. Ottobre 2003
"Nuove" voci della poesia e senso del fare letterario

47. Novembre 2003
Lettere vive

48. Dicembre 2003
Scelte di vita

49-50. Gennaio-Febbraio 2004
Pubblica con noi e altro

51. Marzo 2004
Fra prosa e poesia

52. Aprile 2004
Preghiere

53. Maggio 2004
La strada ascetica

54. Giugno 2004
Intercultura: un luogo comune?

55. Luglio 2004
Prosapoetica "terra/di/nessuno" 2004

56. Agosto 2004
Una estate vaga di senso

57. Settembre2004
La politica non è solo economia

58. Ottobre 2004
Varia umanità

59. Novembre 2004
I vincitori del quarto Concorso IIIM

60. Dicembre 2004
Epiloghi iniziali

61. Gennaio 2005
Pubblica con noi 2004

62. Febbraio 2005
In questo tempo misurato

63. Marzo 2005
Concerto semplice

64. Aprile 2005
Stanze e passi

65. Maggio 2005
Il mare di Giona

65.bis Maggio 2005
Una presenza

66. Giugno 2005
Risultati del Concorso Prosapoetica

67. Luglio 2005
Risvolti vitali

68. Agosto 2005
Letteratura globale

69. Settembre 2005
Parole in volo

70. Ottobre 2005
Un tappo universale

71. Novembre 2005
Fratello da sempre nell'andare

72. Dicembre 2005
Noi siamo degli altri

73. Gennario 2006
Un anno ricco di sguardi
Vincitori IV concorso Pubblica con noi

74. Febbraio 2006
I morti guarderanno la strada

75. Marzo 2006
L'ombra dietro le parole

76. Aprile 2006
Lettori partecipi (il fuoco nella forma)

77. Maggio 2006
"indecidibile santo, corrotto di vuoto"

78. Giugno 2006
Varco vitale

79. Luglio 2006
“io ti voglio… prima che muoia / rendimi padre” ovvero tempo, stabilità, “memoria”

79.bis
I vincitori del concorso Prosapoetica 2006

80. Agosto 2006
Personaggi o autori?

81. Settembre 2006
Lessico o sintassi?

82. Ottobre 2006
Rimescolando le forme del tempo

83. Novembre 2006
Questa sì è poesia domestica

84. Dicembre 2006
La poesia necessaria va oltre i sepolcri?

85. Gennaio 2007
La parola mi ha scelto (e non viceversa)

86. Febbraio 2007
Abbiamo creduto senza più sperare

87. Marzo 2007
“Di sti tempi… na poesia / nunnu sai mai / quannu finiscia”

88. Aprile 2007
La Bellezza del Sacrificio

89. Maggio 2007
I vincitori del concorso Prosapoetica 2007

90. Giugno 2007
“Solo facendo silenzio / capisco / le parole / giuste”

91. Luglio 2007
La poesia come cura (oltre il sé verso il mondo e oltre)

92. Agosto 2007
Versi accidentali

93. Settembre 2007
Vita senza emozioni?

94. Ottobre 2007
Ombre e radici, normalità e follia…

95. Novembre 2007
I vincitori di Pubblica con noi 2007 e non solo

96. Dicembre 2007
Il tragico del comico

97. Gennaio 2008
Open year

98. Febbraio 2008
Si vive di formule / oltre che di tempo

99. Marzo 2008
Una croce trafitta d'amore





Numero 27
Marzo 2002

Editoriale: Le affinità elettive

Ne ha parlato Goethe, ne parliamo con umiltà anche noi iniziano da uno scambio di Cose discutibili fra gli scrittori Mauro Raggini e Corrado Giamboni. Segnaliamo il festival internazionale di nuova narrativa S.qui.Libri. e alcuni versi inglesi di Peter Russell. Continuiamo con brani tratti dall'Annunciazione di Ardea Montebelli.
Paola Turroni ci avvolge delicatamente con le pellicole di quattro registi nella rubrica cinema...grafo.
La recensione di Dario Di Dato a Storie di frate Amodeo e la segnalazione di alcuni siti interessanti chiudono questo numero. Buona lettura.

Cose discutibili

Caro Mauro,
ti dico brevemente come abbiamo lavorato. Ho dato agli alunni quindici giorni per recuperare informazioni sui due personaggi, e nonostante alcuni le avessero semplicemente scaricate da internet senza neanche leggerle - ma è pericoloso perché scatta l'insufficienza - tutti avevano portato qualcosa. Utile lavorare su tempi di questo tipo anziché rispondere subito: dà tempo a loro e a me. Quindi abbiamo fatto due mappe concettuali sulla lavagna con il contributo di tutti, le abbiamo confrontate e infine siamo arrivati a qualche conclusione. Poche, ognuno fa le sue, a me basta che motivino le loro idee e che non parlino tanto per fare.
Il criterio per il giudizio non è stato (solo) quello che tu indichi parlandone con te stesso ad alta voce: quello della sacralità della vita. Abbiamo parlato poco di questo - anche se per Mussolini è difficile non farlo. Io ho dato invece un giudizio sul fascismo limitandomi a definirla un'esperienza perdente non fosse per il fatto che ha tolto la libertà. Giudizio che si porta dietro quello sul fondatore del fascismo. Non ho dubbi a chi vadano le mie simpatie, e non l'ho nascosto, non sarebbe didatticamente corretto tra l'altro. Quindi - e qui scatta la trappola mentale - sono un prof di sinistra. E a questo punto il discorso è andato prevedibilmente verso derive del tipo: ma oltre ai lager ci sono anche i gulag; e: a Cuba non c'è stata libertà; oppure: il Duce comunque ha fatto anche del bene all'Italia, ecc. Tutte conseguenze dell'applicazione di griglie preconcette destra/sinistra che rischiano di portarsi dietro conclusioni tipo "voi siete peggio di noi", ecc. e che comunque impediscono di pensare. Chi è di destra (o crede di esserlo) rimane di destra e chi è di sinistra (o crede di esserlo) rimane di sinistra, irrigidendosi. Per evitare queste facilitazioni ho proposto come chiave di giudizio la canzone di Jovanotti dove dice: "La storia ci insegna che non c'è fine all'orrore, la vita ci insegna che esiste solo l'amore", sperando di far traballare questi schemi da menti vecchie che hanno tanta presa sui giovani. Se poi la violenza ti viene da destra o da sinistra o dal centro o dall'Inquisizione o , cosa fai, le cambi nome? Insomma siamo slittati sul filosofico, sul pessimistico riguardo alla storia umana, almeno quella con la "S" maiuscola. A me basterebbe che si prendessero la responsabilità di quello che dicono e di quello che pensano, basta. Sì, perché poi in occasione della Giornata della Memoria vengono magari fuori frasette tipo: se Hitler ha messo nei campi di concentramento 10 milioni di persone è perché aveva le sue ragioni. E con cose di questo il programma non può mica andare avanti normale, se no non sarebbe normale. Ma questo è un altro problema, più recente...
a presto
cg

Caro Corrado,
ti inoltro una mail che ho scritto ad Alessandro, avevo cominciato a parlare di come stavo, e ho finito per parlare di una mail che mi avevi spedito tempo fa, e che quindi, anche se non è una risposta a una tua domanda, comunque ti riguarda.
Ciao,
Mauro


(...) Tempo fa mi era arrivata un'interessantissima mail di Corrado Giamboni. Nella classe dove insegna, qualcuno aveva sollevato la questione su perché indossare una maglietta con sopra Che Guevara era permesso, mentre una con sopra il duce sarebbe stato censurato (non a lungo, aggiungo io). Probabilmente l'hai ricevuta anche tu. Ci penso spesso, ma non ho mai trovato lo spazio intellettuale per riflettere su questa cosa. Mi fermo al primo punto e non vado oltre: il fatto che entrambi non riconoscevano alla vita umana un valore assoluto. Io non ho mai subito il fascino di Che Guevara, anche se per lui ho provato, e istintivamente provo, un moto di simpatia (con tutte le implicazioni positive e i limiti che questa parola suscita). Ma come ti dicevo, non riesco a trovare il tempo di riflettere. Il che è fastidioso e triste.
Mi ricordo un'intervista televisiva di molti anni fa a Zaccagnini. Durante la Resistenza si era trovato di fronte a un problema spinoso, uno dei tanti casi di coscienza a cui si trova di fronte chi compie una scelta responsabile: il gruppo di partigiani al quale lui apparteneva aveva deciso di effettuare un attentato (ricostruisco la vicenda a memoria, senz'altre fonti che il mio ricordo) pur sapendo che come ritorsione i tedeschi se la sarebbero presa con i civili. Per questo, Zaccagnini e il partigiano anarchico che era nel gruppo (suppongo che gli altri fossero comunisti, o repubblicani, ma ripeto, non lo so) votò contro l'attentato. È difficile per me dire quale sarebbe stata la mia scelta. Così,a pelle, mi viene da dire che avrei votato a favore. Ma ovviamente, se avessi conosciuto personalmente i civili che avrebbero subito la rappresaglia, non so come avrei reagito. Però, per me, se penso alla Resistenza, la vita umana non è un valore assoluto, ma relativo. Non è un viatico per la guerra, il mio: le questioni politiche e anche militari non sempre si risolvono rispondendo con la violenza alla violenza, di questo sono convinto. Ma credo che ci siano casi in cui non rimanga altra alternativa. Nel momento in cui si sostiene la relatività del valore della vita umana sorge subito il problema: ma allora esistono ideali migliori di altri? Perché anche Mussolini aveva la sua etica, un principio morale, sarebbe troppo comodo spiegare il fascismo solo in termini patologici (l'espressione politica di menti malate) o criminali (l'espressione politica di chi ha sfruttato un paese per i propri interessi). In maniera superficiale e ignorante si pensa che questa posizione coincida con il revisionismo di De Felice, ma chi lo pensa non sa in che cosa consista il suo revisionismo. Io mi sento vicino all'approccio storico degli storici che contestano il revisionismo di De Felice (ad esempio, la sua attenuazione delle responsabilità della monarchia, o una rappresentazione di un consenso popolare esteso, l'originalità del caso italiano del fascismo, la "parentesi" crociana, la mancanza di complicità delle classe liberale e industriale...). Il fatto è che migliaia di attivisti fascisti hanno sostenuto e fomentato prima la demolizione di un regime parlamentare con metodi criminali e poi la guerra contro Etiopia e Spagna, perché lo ritenevano giusto. Quando io condanno il fascismo (e implicitamente quelli che io sostengo essere i crimini ad esso intimamente legati), condanno la sua scelta relativa al valore della vita umana: condanno i principi che hanno causato i crimini: contro la democrazia, contro la libertà dei cittadini in Italia e stranieri nei paesi attaccati e invasi. La differenza fra Che Guevara e Mussolini è una differenza di principi. Corrado diceva che avrebbe lasciato portare agli studenti stessi gli elementi di confronto fra i due personaggi, di modo che discutessero e giungessero a conclusioni proprie. Queste cose che ho detto, andando fuori tema con quanto mi avevi chiesto, non sono una risposta alla sua richiesta di suggerimenti. Sono cose che ho scritto per me: una volta che ci si trova di fronte al cadavere di una persona, e la dolore di chi l'amava e l'ha persa, per quanto questo dolore sia universale, io penso che ci sia differenza fra i principi che hanno guidato la violenza, nel senso che uno può essere ritenuto migliore di un altro. Lecito. Giusto. Ho detto cose discutibili.

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S.QUI. LIBRI.
Festival internazionale di nuova narrativa

Crema 3 – 10 maggio 2002

Evento speciale: mercoledì 8 maggio a Crema l'autore francese in un public reading Michel Houellebecq al festival SQUILIBRI
Attesa anche la giovane autrice americana Aimee Bender con il suo ultimo romanzo in anteprima.

Si apre venerdì 3 maggio con Giuseppe Cuclicchia la prima edizione di SQUILIBRI, festival internazionale di nuova narrativa in programma a Crema (CR) fino al 10 maggio.
14 appuntamenti in 8 giorni con 24 autori e 2 eventi speciali: mercoledì 8 maggio alle ore 21 presso la Biblioteca Civica sarà presente Michel Houellebecq appositamente in Italia per il festival, mentre venerdì 10, in anteprima nazionale, la scrittrice americana Aimee Bender presenterà il suo romanzo Un segno invisibile e mio edito da Minimum fax.
Discusso, amato dalla critica, bersagliato per le sue esternazioni provocatorie sul mondo islamico, Michel Houellebecq è un caso letterario d'eccezione, affermatosi negli ultimi anni nel panorama internazionale con romanzi come Le particelle elementari (1999) e Estensione del dominio della lotta (2000). Eppure a SQUILIBRI, accantonate le polemiche, offrirà al pubblico un public reading tratto dalla raccolta poetica Il senso della lotta (2000) tesa a cogliere l'inafferrabile, "la poesia di un uomo il cui sguardo affilato e lucido sa cogliere e celebrare come nessun altro la precarietà vacillante del Tempo e della Bellezza".
Accanto alla voce di un artista affermato come Houellebecq, sarà ospite del festival la voce di una giovane autrice della nuova generazione americana, Aimee Bender, "cugina d'america" e testimone di disagi e inquietudini che attraversano anche la giovane narrativa italiana. Tenero, spassoso, visionario e commovente il suo primo romanzo Un segno invisibile e mio, presentato in anteprima a SQUILIBRI, è un'indimenticabile favola per adulti per il nuovo millennio.

Promosso dalla Provincia di Cremona, dal Comune di Crema e dalla Biblioteca Civica, in collaborazione con il sito Alice.it, il festival, diretto da Anna Angius, si propone di diventare un osservatorio per cogliere le nuove forme e tendenze del narrare, fatte di "territori ibridi" dove linguaggi diversi (TV, Internet, fumetti, cinema, musica pop, moda...) si contaminano e si combinano in maniere sempre nuove. Da qui un ricco carnet di appuntamenti che vedono tra i protagonisti Giuseppe Genna e Antonio Moresco per una serata sul massimalismo, Tommaso Labranca, raffinato critico di costume, per un'anticipazione sul suo libro Neoproletariat di prossima pubblicazione, Matteo B. Bianchi, Valentino Rochi, emergente di gran talento, e Alessandra Montrucchio. E poi 2 incontri con piccole case editrici: da Roma Minimum fax e da Ravenna Fernandel, e una serata dedicata alla letteratura d'immigrazione, con poesie e romanzi scritti in italiano da autori nati in altri paesi, un fenomeno già diffuso nel resto d'Europa e ora emergente anche in Italia.

Tutti gli incontri sono ad ingresso libero. Per informazioni: http://digilander.iol.it/squilibri02
Biblioteca Civica 0373.893331
Ufficio stampa iagostudio Milano - Mara Serina 338.3246269

CALENDARIO
Venerdì 3 maggio
Ore 18
Irish Pub MacGuiness via Giardino 1
incontro con la classe del laboratorio di sceneggiatura cinematografica
Ore 21 Biblioteca Civica via Civerchi 9
BLA BA BLA quattro chiacchiere con GIUSEPPE CULICCHIA

Sabato 4 maggio
Ore 17.30
piazza Trento e Trieste 18
URBANITÀ con Alberto Mori e Gianni Macalli

Domenica 5 maggio
Ore 18
Foyer del teatro San Domenico piazza Trento e Trieste
incontro con MATTEO B. BIANCHI
Ore 21 Il Circolino di via Montello
MENÚ POETICI con il Collettivo Dionisi
Lunedì 6 maggio
Ore 18
Biblioteca Civica
PICCOLI EDITORI CRESCONO – il caso MINIMUMFAX
Ore 21 Scaffale Multiculturale - via Pesadori 29
INDOVINA CHI VIENE A CREMA letteratura d’immigrazione

Martedì 7 maggio
Ore 18
Biblioteca Civica
incontro con la casa editrice FERNANDEL
Ore 21 Sala dei Ricevimenti del Comune di Crema
Scrittori dal caos. Incontro con ANTONIO MORESCO e GIUSEPPE GENNA

Mercoledì 8 maggio
Ore 21
Biblioteca Civica
Reading Poetico con MICHEL HOUELLEBECQ

Giovedì 9 maggio
Ore 18
Nuovo Centro Fitness - via Goldaniga 11
incontro con ALESSANDRA MONTRUCCHIO
Ore 21 Sala dei Ricevimenti del Comune di Crema
LABRANCA REMIX: incontro con TOMMASO LABRANCA

Venerdì 10 maggio
Ore 18
Il Circolino
Incontro con VALENTINO RONCHI
Ore 21 Biblioteca Civica
CUGINI D’AMERICA incontro con AIMEE BENDER

Perché la "nuova narrativa"

Festival di "nuova narrativa"e non di "narrativa giovane": "nuova"e "giovane" non sono infatti interscambiabili. Se S.qui.Libri fosse stato semplicemente una rassegna di "narrativa giovane" sarebbe bastato orientarsi su un gruppo di scrittori e scrittrici di età compresa tra i venticinque e i quarant’anni. Ma S.qui.Libri ha l’ambizione di essere un osservatorio sul "nuovo", di mettere a fuoco il carattere di novità della produzione letteraria di questi anni e di dire in che cosa consiste questa novità.
Festival "internazionale": perché da una sponda all’altra dell’oceano, dal nord al sud del mondo ci sembra di cogliere sensibilità, inquietudini, tematiche e ricerche comuni. Se sia vero o no, solo il confronto diretto può dirlo: ed ecco perciò la presenza di un significativo gruppo di ospiti stranieri.
Nel mondo della narrativa, almeno in Italia e a partire dai primi anni Ottanta, qualcosa di nuovo è di certo avvenuto. Un mutamento non solo inarrestabile ma per certi versi fulmineo, e che ha condizionato, nel bene e nel male, quasi tutta la produzione degli ultimi vent’anni. Proviamo a soffermarci su alcuni dei dati più evidenti di questo cambiamento.
Innanzitutto i numeri dicono che molto più che in passato si pubblicano giovani autori, spesso esordienti. E si legge (incredibile ma vero) di più.
Dal canto loro i giovani scrittori, che si sono formati sui libri ma anche davanti al grande schermo e alla TV, leggendo fumetti, ascoltando musica pop, vestendo e svestendo mode sempre diverse e sempre più effimere, vivendo le maggiori rivoluzioni tecnologiche di questi anni, hanno portato tutto questo nelle pagine dei loro libri. E hanno così modificato profondamente e dall’interno la pratica del narrare. Hanno cercato di combinare i linguaggi più diversi in modi sempre nuovi, talora con successo, talora no. Hanno disegnato una sorta di ‘territorio ibrido’ in cui i confini che differenziano una forma espressiva dall’altra tendono a sfumare.
Sfumano anche i confini ben più reali e tangibili che dividono stato e stato. Siamo europei, siamo "globalizzati", siamo sempre più spesso nomadi. E gli immigrati, nel nostro Paese come altrove, non solo producono ricchezza economica ma anche ricchezza e vivacità culturale. Scrivono libri, tra le molte cose, e sempre più spesso lo fanno in italiano.
Tutto "nuovo", dunque? Ovviamente no: a non essere nuova è la passione di raccontare e di leggere. Ma lo stesso c’è molto su cui riflettere, interrogarsi e interrogare i diretti protagonisti: gli scrittori e i loro editori. E ovviamente il pubblico dei lettori.

Ufficio Stampa e Comunicazione iagostudio - Corso di Porta Romana 107 Milano
Mara Serina cell. 338.3246269
e-mail: mara_mail@libero.it

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Long Evening Shadows. Sedici poesie di Peter Russell
(di Alessandro Ramberti)

In questa silloge appena pubblicata dalle Edizioni Il Foglio (www.ilfogliolettarario.it) con traduzione a fronte di Franca Alaimo c'è una sospensione del tempo: il ritmo e le immagini hanno spesso il sapore semplice e classico di una poesia che si fa musica comunicandoci umori e sensazioni che possiamo subito far nostri. Il vecchio poeta quasi cieco trascorre i suoi giorni in una casa protetta dell'aretino e considera con (auto)ironia la sua situazione, rievoca in maniera a volte idillica, a volte saturnina, a volte pungente i giorni d'antan. Ci hanno particolarmente colpito i versi della poesia che dà il titolo alla raccolta:

Long evening shadows move across trees and grass,
The sun going down emits e roseate tint,
The clouds to East are like white sodden lint
But slowly into ebony will pass.
The sun all daytime shone like polished brass,
For us alone it's done its daily stint
Upone the moon alone remains its dying glint
A mirrored surface like lemon-coloured glass.

(...)

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Dall'Annunciazione
(di Ardea Montebelli)

Gli angeli hanno
un che d’inevitabile
assomigliano
a vecchie passioni.

(...)

ANGELO

Ho passato ombre deserti
marine trasparenze
colori, forme di terre vive.
Puro, immortale
di fronte alla storia
vengo a sciogliere
dolore e buio
a spargere al sole e all’erba
la voce prediletta
che affascina ogni cosa.
Con fiato tenerissimo
canto antichi salmi.

(...)

LETTORE

In cielo e in terra
il cuore dell’uomo
compie il suo cammino:
germoglia gradualmente
è figlio legittimo del tempo.
Segreti irraggiungibili
si stendono sugli occhi
le voci diventano di fuoco
nel grembo della vita.

(...)

ANGELO: Maria piena di grazia, il Signore è con te.
MARIA: Chi sei tu che mi parli di grazia con questa perfezione?
ANGELO: Sapere, grazia, saggezza mi precedono. La mia perfezione è armonia che
s’irradia dall’origine e dall’origine si dona in segno della vita.
MARIA: La vita è più grande di noi, il mio cuore non osa chiedersi come, perché, con quale
fine, con quale mistero. Sapere, grazia, saggezza non sono cose umane hanno
mete invisibili.
ANGELO: Celeste è il privilegio che accoglie il divino. La perfezione è simbolo d’umano.
MARIA: La tua perfezione offre tracce ancor prima della parola.
ANGELO: Sulla terra si posa l’essenza dello spirito. Un uomo si farà sostanza in altri uomini,
nell’alba, nelle stelle, nel sole, nella luna. Un uomo salverà con le sue membra.

MARIA: Un uomo? Sarà un uomo la salvezza?.
ANGELO: Concepirai un figlio, lo darai alla luce, lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo.
MARIA: Com’è possibile? Ciò che di me vedi non può generare il Figlio dell’Altissimo.
ANGELO: A Dio nulla è impossibile. Esploderà la vita col soffio delle labbra.
MARIA: Dove appare il miracolo, si dileguano le tenebre. Tutto si fa lieve e si adorna di bellezza. Avvenga di me quello che hai detto.

(...)

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Cinema...grafo
(di Paola Turroni)

Kurosawa, Branagh, Loach, Almodóvar, Bonello

Si dice: l’unità non è la semplice somma delle parti. Un film non è solo la somma delle sue inquadrature, anche solo del contenuto delle sue inquadrature. Ogni corpo e ogni testo portano con sé i propri corpi e testi, che si fondono in un significato altro, il film inteso come opera.
Van Gogh interpretato da Scorsese nel film di Kurosawa, Sogni. Tre artisti che si incontrano, senza le frontiere dello spazio e del tempo, per raccontare la fisicità di un artista. Il suo corpo e i suoi colori ad olio, attraverso l’immateriale della luce in movimento e attraverso il materiale del corpo dell’attore. Con il taglio dell’orecchio, la spaccatura del corpo, l’impossibilità di comunicare il dolore del rapporto fisico con la pittura, il corpo si trasforma in simbolo. Ma poi, quando il giovane pittore di oggi incontra il grande pittore del passato camminando dentro i suoi quadri, è l’immaginazione che diventa fisica tramite il cinema, con l’elaborazione elettronica.
E ancora Scorsese, in “Al di là della vita”, che (nella versione originale) presta la voce allo speaker della radio delle autoambulanze, è il demiurgo che parla, un segno d’amore per i suoi personaggi che guida nel lavoro d’attore e nella notte dolorosa di New York.
Branagh in Hamlet dà un’interpretazione più incisiva della storia d’amore tra Amleto e Ofelia, vedendo nei due personaggi la fusione di tutte le storie d’amore fallite di Shakespeare. Amleto ama davvero Ofelia, come Romeo e Giulietta, e Otello e Desdemona. L’amore impossibile, negato soffocato maledetto, e poi il tradimento e la morte. La follia è anche l’impossibilità di sopportarlo tutto. L’impossibilità di dire tutto Shakespeare.
Durante le riprese di La canzone di Carla Loach ci dice che la realtà nicaraguense spesso prende il sopravvento sulla storia che sta raccontando. Nella scena coi campesinos sul camion, per esempio, la discussione sulla riforma agraria sandinista sarebbe dovuta svolgersi in modo più sintetico, invece quello che è successo, è andato oltre il controllo registico, ed è diventato uno dei passaggi di consapevolezza del protagonista rispetto alla propria vicenda, e insieme a lui, dello spettatore rispetto alla storia del Nicaragua. Una testimonianza reale di persone che raccontano e attori che ascoltano.
In Tutto su mia madre di Almodóvar, gli attori mettono in scena “Un tram che si chiama desiderio”. Un’opera che Williams scrisse per il teatro, che hanno recitato la metà degli attori e delle attrici, a tutti i livelli, in ogni parte del mondo, ma che la maggior parte degli spettatori ricordano per il cinema, un film che ha fatto l’icona di Brando e ha mandato in manicomio Vivien Leigh. Un’opera che parla, come il film, testo e metatesto, di donne che si rappresentano, e di quel desiderio d’amore, sempre in tensione, nella metamorfosi continua che la vita richiede.
E infine, perché sia chiaro che il corpo dell’attore non è solo il personaggio, pensiamo a Bonello in Le pornographe, che ha scelto Jean-Pierre Léaud, il suo corpo parla prima del racconto. Ovunque vada, Léaud si porta dietro Truffaut, e con lui la Nouvelle Vague francese (con citazioni esplicite nel film stesso). Il suo corpo, soprattutto in una storia come questa, parla di un cinema passato, fatto di gesti sottili, di pudore, e insieme coraggio, di guardare.
Paola Turroni

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Recensioni

Storie di frate Amodeo

In Storie di frate Amodeo Michele Ruele riesce a raccontare le vicende di frate Amodeo, francescano trentino del '700, con un'abilità che permette al lettore di immaginarsi le atmosfere misteriose e scure dei sentieri che attraversano i boschi del Trentino, sferzati da venti gelidi e coperti di neve.
La scelta linguistica di usare termini dialettali e antiche parole di derivazione latina non appesantisce la lettura, che resta così piacevole da far sì che si possa leggere il libro tutto d’un fiato. Inoltre le brevi storie di frate Amodeo non sono soltanto un esercizio di immaginazione. Al di là di esse emergono motivi filosofici, intendendo con questo termine spunti di riflessione sul male, sulla figura dell’essere umano in generale e della sua posizione nel mondo.
Per quanto riguarda il primo punto, molto piacevole risulta il capitolo "La portella", in cui un frate accusa d’avere visioni del diavolo, iniziando così ad affermare una serie di tesi in contrasto con la teologia ufficiale, e maturando l’opinione che l’inferno non sia una gabbia chiusa per i malvagi, ma sia ovunque si trovi l’uomo. Frate Amodeo risponde a queste conclusioni riprendendo un passo de "Le città invisibili" di Italo Calvino, per cui l’inferno è effettivamente ciò che noi viviamo quotidianamente, convivendo su questa terra. Due però sono le strade che ci è permesso percorrere, delle quali una è molto facile ed è la più frequente: accettare l’inferno, fino a non accorgersi più di cosa esso sia. L’altra strada, seppur più difficile, è indubbiamente più ricca e affascinante, esige attenzione e apprendimento costante: "cercare e saper riconoscere chi e cosa in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio".
L’ultimo racconto del libro è invece lo spunto per porre una riflessione sull’uomo, il senso che egli ha nel mondo e sul perché della sua esistenza. Ritornano alcuni motivi già presenti nei "Pensieri" di Pascal. Trovandosi di fronte a un libro molto particolare, datogli in regalo, frate Amodeo riflette sulla brevità della vita se confrontata all’eternità infinita del tempo. Essa appare come un punto infinitamente piccolo rispetto all’immensità dello spazio. Perché ci troviamo proprio qui, ora, e non altrove e in un altro momento? Domande senza risposta, è facile pensare, ma che possono servire da utile spunto per avviare una ricerca interiore.
La particolarità del libro di frate Amodeo consiste nel fatto che sulle facciate delle sue pagine non ci sono altro che specchi, per cui il lettore non avrà di fronte altro che la propria immagine doppiamente riflessa. La lettura diventa il vero strumento necessario per chi voglia indagare se stesso, un dialogo aperto tra sé e l’altro, per cui il libro dimostra l’interattività che lo caratterizza, forse ben maggiore di quella di tanti, esaltati, strumenti multimediali.

(Dario Di Dato in Picwick del 28 febbraio 2002)

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