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L'universo che sta sotto le parole
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Titolo Faranews
 

FARANEWS
ISSN 15908585

MENSILE DI
INFORMAZIONE CULTURALE

a cura di Fara Editore

1. Gennaio 2000
Uno strumento

2. Febbraio 2000
Alla scoperta dell'Africa

3. Marzo 2000
Il nuovo millennio ha bisogno di idee

4. Aprile 2000
Se esiste un Dio giusto, perché il male?

5. Maggio 2000
Il viaggio...

6. Giugno 2000
La realtà della realtà

7. Luglio 2000
La "pace" dell'intelletuale

8. Agosto 2000
Progetti di pace

9. Settembre 2000
Il racconto fantastico

10. Ottobre 2000
I pregi della sintesi

11. Novembre 2000
Il mese del ricordo

12. Dicembre 2000
La strada dell'anima

13. Gennaio 2001
Fare il punto

14. Febbraio 2001
Tessere storie

15. Marzo 2001
La densità della parola

16. Aprile 2001
Corpo e inchiostro

17. Maggio 2001
Specchi senza volto?

18. Giugno 2001
Chi ha più fede?

19. Luglio 2001
Il silenzio

20. Agosto 2001
Sensi rivelati

21. Settembre 2001
Accenti trasferibili?

22. Ottobre 2001
Parole amicali

23. Novembre 2001
Concorso IIIM: vincitori I ed.

24. Dicembre 2001
Lettere e visioni

25. Gennaio 2002
Terra/di/nessuno: vincitori I ed.

26. Febbraio 2002
L'etica dello scrivere

27. Marzo 2002
Le affinità elettive

28. Aprile 2002
I verbi del guardare

29. Maggio 2002
Le impronte delle parole

30. Giugno 2002
La forza discreta della mitezza

31. Luglio 2002
La terapia della scrittura

32. Agosto 2002
Concorso IIIM: vincitori II ed.

33. Settembre 2002
Parola e identità

34. Ottobre 2002
Tracce ed orme

35. Novembre 2002
I confini dell'Oceano

36. Dicembre 2002
Finis terrae

37. Gennaio 2003
Quodlibet?

38. Febbraio 2003
No man's land

39. Marzo 2003
Autori e amici

40. Aprile 2003
Futuro presente

41. Maggio 2003
Terra/di/nessuno: vincitori II ed.

42. Giugno 2003
Poetica

43. Luglio 2003
Esistono nuovi romanzieri?

44. Agosto 2003
I vincitori del terzo Concorso IIIM

45.Settembre 2003
Per i lettori stanchi

46. Ottobre 2003
"Nuove" voci della poesia e senso del fare letterario

47. Novembre 2003
Lettere vive

48. Dicembre 2003
Scelte di vita

49-50. Gennaio-Febbraio 2004
Pubblica con noi e altro

51. Marzo 2004
Fra prosa e poesia

52. Aprile 2004
Preghiere

53. Maggio 2004
La strada ascetica

54. Giugno 2004
Intercultura: un luogo comune?

55. Luglio 2004
Prosapoetica "terra/di/nessuno" 2004

56. Agosto 2004
Una estate vaga di senso

57. Settembre2004
La politica non è solo economia

58. Ottobre 2004
Varia umanità

59. Novembre 2004
I vincitori del quarto Concorso IIIM

60. Dicembre 2004
Epiloghi iniziali

61. Gennaio 2005
Pubblica con noi 2004

62. Febbraio 2005
In questo tempo misurato

63. Marzo 2005
Concerto semplice

64. Aprile 2005
Stanze e passi

65. Maggio 2005
Il mare di Giona

65.bis Maggio 2005
Una presenza

66. Giugno 2005
Risultati del Concorso Prosapoetica

67. Luglio 2005
Risvolti vitali

68. Agosto 2005
Letteratura globale

69. Settembre 2005
Parole in volo

70. Ottobre 2005
Un tappo universale

71. Novembre 2005
Fratello da sempre nell'andare

72. Dicembre 2005
Noi siamo degli altri

73. Gennario 2006
Un anno ricco di sguardi
Vincitori IV concorso Pubblica con noi

74. Febbraio 2006
I morti guarderanno la strada

75. Marzo 2006
L'ombra dietro le parole

76. Aprile 2006
Lettori partecipi (il fuoco nella forma)

77. Maggio 2006
"indecidibile santo, corrotto di vuoto"

78. Giugno 2006
Varco vitale

79. Luglio 2006
“io ti voglio… prima che muoia / rendimi padre” ovvero tempo, stabilità, “memoria”

79.bis
I vincitori del concorso Prosapoetica 2006

80. Agosto 2006
Personaggi o autori?

81. Settembre 2006
Lessico o sintassi?

82. Ottobre 2006
Rimescolando le forme del tempo

83. Novembre 2006
Questa sì è poesia domestica

84. Dicembre 2006
La poesia necessaria va oltre i sepolcri?

85. Gennaio 2007
La parola mi ha scelto (e non viceversa)

86. Febbraio 2007
Abbiamo creduto senza più sperare

87. Marzo 2007
“Di sti tempi… na poesia / nunnu sai mai / quannu finiscia”

88. Aprile 2007
La Bellezza del Sacrificio

89. Maggio 2007
I vincitori del concorso Prosapoetica 2007

90. Giugno 2007
“Solo facendo silenzio / capisco / le parole / giuste”

91. Luglio 2007
La poesia come cura (oltre il sé verso il mondo e oltre)

92. Agosto 2007
Versi accidentali

93. Settembre 2007
Vita senza emozioni?

94. Ottobre 2007
Ombre e radici, normalità e follia…

95. Novembre 2007
I vincitori di Pubblica con noi 2007 e non solo

96. Dicembre 2007
Il tragico del comico

97. Gennaio 2008
Open year

98. Febbraio 2008
Si vive di formule / oltre che di tempo

99. Marzo 2008
Una croce trafitta d'amore



Numero 22
Ottobre 2001

Editoriale: Parole amicali

Il linguaggio puo' essere uno strumento indispensabile nella instaurazione e continuazione di rapporti amicali. In questo Faranews vi proponiamo alcuni scritti che trattano il tema. Iniziamo con una bellissima lettera di Renato Serra a Giuseppe De Robertis per poi proporvene un'altra di Giosue' Borsi. Sandra Ammendola ci rivela alcune Comunicazioni personali.
Corrado Giamboni e Mauro Raggini riflettono brevemente sull'11 settembre.
Dopo avervi segnalato alcuni siti, vi proponiamo l'ultima stupenda recensione ad animale. Concludiamo con una bella Esortazione di Michele Di Bartolo.
Il prossimo numero sara' dedicato ai vincitori del concorso IIIM.

INDICE

Cesena, 4 marzo 1915 (Renato Serra)

Fronte isontino, 18 ottobre 1915 (Giosue' Borsi)

Comunicazioni personali (Sandra Ammendola)

11 settembre (Mauro Raggini e Corrado Giamboni)

Siti interessanti

Recensioni
- animale

Esortazione

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Cesena, 4 marzo 1915
(lettera di Renato Serra a Giuseppe De Robertis)

Mio caro De Robertis,
due parole in fretta - per non aggiungere anche queste al cumulo di tante altre che mi son lasciato dietro in questi mesi, e mi gravano sull'animo quando penso a te: con una paura vaga che il peso cresca troppo e quel giorno che mi voltero' a rimuoverlo, non mi riesca piu'. Ma speriamo di no. Vedo sulla Voce di oggi ancora uno sfogo tuo, dove sono molte cose giuste e dette con finezza. Ma non ti lasci amareggiare troppo da certa gente?

Certo, io di lontano non posso capire fino a che punto sia arrivata la malignita' armata contro di te e contro la Voce, di cui sento solo il turbamento e la contrazione sul tuo viso. Prezzolini me ne disse qualche cosa, accennando piu' specialmente al veleno romano; qualche altra cosa ho capito da certi discorsi a proposito della Voce, e della sua stabilita' in rapporto col malcontento di alcuni lettori; infine, qualche alito come respiro guasto dei Bellonci Cecchi Cardarelli e compagnia l'ho trovato anch'io in lettere e giornali che mi giungono, a volte, da Roma. Ma non ci avrei fatto caso, se non ne avessi veduto l'effetto in te, piu' profondo e piu' noioso di quanto mi sembrasse ragionevole. Come dico, parlo di lontano e posso sbagliarmi - e anche in questo trovo una ragione di rimorso: per esserti rimasto troppo lontano. Ma perche' accorarsi e turbarsi in un modo, che fa quasi pena a un amico, per cose che al piu' dovrebbero farti l'effetto di un tonico, di quelli che fan brillare gli occhi e pizzicare le mani; una fregatina, e via! - Perche' arrivare a render delle giustificazioni pubbliche del tuo valore a Bellonci, perche' scendere a certe minuzie con Cardarelli o Bacchelli, perche' insister tanto con Cecchi?

Parrebbe perfino che tu dubitassi di te stesso. Ora, io non so della Voce; puo' anche darsi che il tuo tentativo materialmente fallisca: il momento e' difficile, ingrato: nei primi numeri l'impressione di un certo squilibrio, sgretolamento possibile, forse si sentiva: sebbene ci sono state sempre cose buone, ottime anche: belle e care di Linati; acute, superbe di Papini; e poi Baldini, Bastianelli, altri che interessano: manca un po' troppo Prezzolini: Soffici non e' al suo posto, da sei mesi, ne' sulla Voce ne' su Lacerba, del resto, ma quando uno ha stampato Arlecchino e il Giornale di bordo, si puo' star contenti un pezzo, mi pare (che delizia per il mio egoismo di lettore svogliato e amoroso!): tutt'insieme c'e' un po' troppo di frammenti, piu' tentativi che affermazioni, (Soffici - anche lui ha dato qualche paragrafo ammirabile - Jahier ecc.) per quanto notevoli; mancanza di buone cosette di second'ordine, che son cosi' necessarie come sfondo e riposo prospettico dei momenti piu' intensi: cio' puo' avere l'aspetto di poca stabilita': ma negli ultimi numeri c'e' un non so che di migliorato, con piu' fusione: io spero sempre bene. Ma poi, comunque vada la Voce, tu devi avere la coscienza di aver acquistato, di personalita' vera e di sforzo espressivo, tanto che ti compensa di qualunque altra difficolta' o amarezza. Si compie l'anno, press'a poco, da che ti trovai sulle pagine della Voce, finalmente maturo e sicuro, e pensando al primo quaderno sui Canti di Melitta mi parve di misurare colla mente una strada molto lunga. Da allora a oggi lo spazio non e' grande, neanche un anno a pensarci bene (scrivevo in un giorno come questo, e uscendo a passeggio dopo mi ricordo che ero certo di trovare una primavera gia' diffusa in un tepore stemperato e bagnato: stasera e' ancora cristallo vivo pungente d'inverno, e ciuffi di mandorli di una bianchezza senza colore nella gran pallidezza dell'aria muta); ma tu hai acquistato anche di piu', in paragone. Non mi spiego a lungo, perche' spero, se mi riesce di uscir da questo cerchio, di riprender meglio il discorso: avrei tante cose da dirti, in margine alla tua Collaborazione; rifacendo il tuo esame di coscienza - di cui accetto il punto di partenza, come una conquista, in un certo senso - con tante riserve e digressioni sul Poliziano, Ariosto, Manzoni, per esempio.

Soltanto, voglio dirti che le tue cose dell'anno scorso, pur con molta compiacenza, per la maturita' e sicurezza del giudizio, m'avevan dato l'impressione quasi di un limite, o piuttosto di una rinunzia, dalla parte della personalita' come scoperta e come passione; c'era nella tua intelligenza una calma inaspettata. Ma era solo un episodio.

Da allora ti ho visto progredire (parlo sempre delle cose che hai scritto; di cio' che vi hai «realizzato») nell'analisi e nelle impressioni particolari con una inquietudine intensa, che superava i difetti del linguaggio sommario e spesso inadeguato; superava anche il valore delle piccole scoperte e accentuazioni del gusto - che per certe sottigliezze e indugi fra sillaba e sillaba avrebbe potuto farti sembrare un continuatore della mia maniera, scusa se dico cosi' alla meglio: ma si capiva bene che non eri, altro che per riepilogo, portando in quelle ricerche di particolari e di tecnica una serieta' e una intenzione infinitamente piu' profonda della mia. Mi ricordo di averne scritto a qualcuno, che mi prendeva troppo sul serio attraverso te: «per me la critica - il lavoro critico che faccio io, - non e' una esigenza assoluta ne' una soddisfazione totale, come puo' essere in De Robertis».

Avevo ragione. Soltanto che fino a ieri questo era in te un ideale, o appunto un'esigenza che premeva sull'animo e fremeva nella voce; ma si rompeva nei particolari del lavoro, sviluppato ancora press'a poco sullo stesso piano di Cecchi o di me. Ma durante l'estate il lavoro dentro di te ha fatto come un salto, ed e' venuta fuori la Collaborazione: che non rappresenta certo un progresso sulle altre cose tue per l'esecuzione, per il «rendu»; e' dura da leggere, piena di incertezze, di approssimazioni, e perfino di errori, o per lo meno, di eccessi arbitrari nel giudizio e nel gusto: ma e' una presa di posizione personale e una conquista vera.

Adesso capisco perche' tu potessi aspirare alla critica; - che a me il piu' delle volte pare, anche e specialmente quando ne faccio io, lavoro d'occasione e di facilita', - con una passione cosi' totale. Cercavi la tua strada: una critica che sia veramente collaborazione alla poesia, non riassunto o adesione, - sia pur precisa o delicata, non andra' mai oltre un certo segno; su cui e' scritto «sazieta'»; e di la' c'e' il vuoto, - ma ripresa personale e continuazione. Hai trovato quella strada. Intendiamoci. Non voglio dire che tu abbia fatto una scoperta assoluta. In un altro senso, tu non fai altro da quello che hanno fatto tutti gli altri critici da che mondo e' mondo - quando e in quanto facevano qualche cosa di vitale. Ma un passo avanti l'hai fatto. Sopra te stesso e su gli altri. Prendendo, e rendendo, coscienza piu' netta di certe esigenze del tuo animo, che sono anche bisogni o tentativi di quasi tutti quelli del tuo tempo: bisogni di liberta' e tentativi di realizzazione. E il tentativo tuo restera' principio e modello di molti altri, per un pezzo, io credo.

Del resto, t'ho gia' detto, che non hai scritto una cosa perfetta, e neanche ben riuscita: a uno a uno non finirei piu' di segnare i punti difficili o che non mi piacciono (e questo mi conferma il valore del principio: che resiste a tutte le deficienze degli episodi). E poi, anche lasciando stare i danni della fretta, e i dissensi, che hanno un valore puramente privato, da me a te, da persona a persona, si sente in tutto il tuo dire, una necessita' di riduzione e di purificazione - e non del linguaggio solamente, ancor misto di scorie e di transazioni - che ti dovra' tormentare lungamente. Direi quasi che, ripensandoci, me ne riesce meno nuovo il tuo stato d'animo in mezzo a codeste brighe, a cui hai dato forse troppo della tua sensibilita'. (Non parlo solo delle polemiche, ma di tutte le noie direttoriali, da cui ti sei lasciato turbare nei tuoi contatti cogli scrittori e col pubblico).

Ora, io non voglio certo darti dei consigli sul buon contegno di un direttore di rivista giovane. Dico solo che in tutta la tua vita di questi ultimi mesi c'e' qualche cosa che vale, e deve valere anche per te, per la tua soddisfazione e per la tua coscienza, piu' di tutto il resto: il progresso che hai fatto nel tuo lavoro e nella tua personalita', che e' segnato appunto nelle pagine e nelle note della Voce. Il resto conta poco: bisogna scrollarlo via come la polvere delle scarpe. Non ti perdere piu' in pettegolezzi: hai tante cose piu' serie da fare, tanti libri da leggere, e impressioni da rettificare, e dialoghi da riprendere; senza parlare della poesia, che e' sempre e tutta da riconoscere e da ricominciare ancora, per chi a cio' e' nato.

Scusa se ti parlo in tono un po' da sermone. Ma non e' sermone il mio. Son parole di uno che ti stima e ti vuol bene e ti apprezza forse, in quel che hai di piu' degno, meglio che gli altri: da una lontananza disinteressata e piena di rincrescimenti, che fanno insufficiente e strana a me stesso la mia voce. E' curioso come pesi qualche volta il senso del silenzio e di tutte le cose che si sarebbero volute dire e sono cadute dal tempo.

Io provo per esempio una certa difficolta', un languore nel parlare e nello scrivere; e non so se saprei vincerlo anche volendo: puo' darsi benissimo ch'io resti inetto a molte cose, che ieri ancora erano nel mio potere. Certo non saprei promettere niente a nessuno di una mia vera e propria produzione letteraria. Ma questo e' un altro discorso, che mi porterebbe troppo fuori strada, in un mondo che non ti interessa. Te ne parlero' quando sia tempo di fare i conti definitivi, e per quel tanto che riguarda le spiegazioni e le scuse, che devo a te, ed anche ad altri, costi'.

Anche al di fuori di cio', c'e' sempre una piccola parte di questo universo che e' comune e sicura per noi: in cui possiamo incontrarci ed essere amici e vicini. e' quella in cui mi e' piaciuto di tornare oggi. E ora basta, che e' gia' buio. A proposito della Voce e delle polemiche, che bellezza quella Sor'Emilia di Papini. Che sapore e che nerbo di scrittura, e suono e schiocco e pizzicore di frustate; e precisione di figura e liberta' di spirito. e' in un momento superbo Papini: anche i suoi tentativi di poesia in versi hanno qualche cosa di raro, (altro che certi sonetti beceri della Voce d'una volta). e' quasi un peccato, quando uno e' cosi' felice, accanirsi contro un disgraziato - che pure ha tante qualita' nascoste e guaste nella sua ingrata natura. Io mi sono un po' riconciliato con Cecchi dopo l'articolo che scrisse sul conto mio: molto giusto, e armato da un rancore intelligente e vivo. A rivederci. Scrivimi qualche cosa.

Tanti saluti a Papini Prezzolini Soffici ecc. Dovrei anche ringraziarvi di molte cose che ho sentito da voi sul conto mio, con un affetto e una generosita' di cuore a cui mi vergogno di rispondere cosi' male. Ma non tutto e' finito con oggi.

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Fronte isontino, lunedi' 18 ottobre 1915
(lettera di Giosue' Borsi al tenente Gino Mazzinghi)

Mio carissimo Gino,
soltanto pochi giorni or sono, e con grande ritardo, ho ricevuta la lettera che tu mi scrivesti prima dell'attacco al Seikofel. Per quanto mi giungesse quando gia' avevo ricevuto da molto tempo notizie tanto rassicuranti, confortanti e fauste sul conto tuo, pure la tua lettera mi diede una grande commozione, per cosi' dire, retrospettiva, e ho potuto rivivere trepidando con te quell'ora tanto solenne. Il fatto poi che, in quei momenti cosi' gravi e decisivi, tu avessi voluto ricordarti di me, mi dimostra una volta ancora il saldo e profondo affetto che ci lega, e ti avrei scritto anche prima d'oggi, per dirti tutta la mia riconoscenza per l'amicizia che mi hai dimostrato, e che io ricambio con tutta l'anima, se in questi giorni avessi potuto trovare il tempo di farlo. Invece, dopo essere stati per ventisei giorni in prima linea, dove non ci accadde nulla di notevole, gli ultimi di settembre ci ritirammo in riposo per i rifornimenti, poiche' il nostro reggimento era assai mal ridotto, essendo tra quelli che presero parte all'azione di Plava. Il nostro riposo si puo' dir tale per ironia, perche' e' stato invece un periodo poco lieto e soprattutto di lavoro affannoso e febbrile. Cosi', quello di scriverti, e' sempre rimasto per me un pio desiderio. Ora siamo tornati in prima linea. Avrai gia' saputo che Giorgio e tutti i territoriali, salvo Marpicati, Peruzzi, Roselli e io, furono chiamati dopo un mese al deposito di Padova, e io fui contento per Giorgio, che vedevo assai inadatto alle fatiche della guerra. Egli ebbe anche una licenza, e torno' a Firenze, poi torno' a Padova, donde insieme con gli altri ricevette l'ordine di tornare qua. Lo vidi ieri l'altro, prima della nostra partenza, ed era cosi' abbattuto e indebolito, che il medico l'ha mandato alla compagnia di sanita'. Spero che potra' rimanere un buon mesetto in riposo, e cosi' evitera' di partecipare alla nostra azione, che promette di riuscire molto violenta e grave.

Poiche' anch'io, mio caro Gino, ti scrivo in un momento molto solenne per me, in una condizione analoga alla tua del 5 settembre. Tra due ore leviamo il campo per una marcia d'avvicinamento, e tra oggi e domani saremo impegnati in combattimento. Il nostro reggimento deve puntare su Descla, e passeremo l'Isonzo per i primi, col secondo battaglione, con la quinta e la sesta compagnia, in prima linea. Io comando il secondo plotone.

Anch'io grazie al cielo ho la gioia di dirti che non ho il minimo turbamento, e godo di una piena e assoluta serenita'. Sono felice di rassomigliarti in questo. Sono animato da un ardore fiducioso e sicurissimo che andremo alla vittoria. Mi sono imposto il fermo proposito di fare tutto il mio dovere, fino all'ultimo, e d'essere un buon esempio per i miei soldati. Spero che il Signore mi aiuti, che i miei cari morti di lassu' mi proteggano e veglino su di me, che le preghiere di mia madre mi giovino. Se sono certo della nostra vittoria e anche dell'immancabile trionfo delle nostre armi, non sono pero' altrettanto certo che vedro' di quaggiu' tutte queste belle cose, anzi il mio presentimento mi dice che, movendo all'assalto, vado incontro alla liberazione. Non so perche', ma quasi lo giurerei. Sono molto ben preparato al gran viaggio, sono quasi in pari con me stesso e col mondo, e ho tutto disposto nel modo migliore. Il momento dunque e' buono per me. Mi sembra difficile che trovi in avvenire un momento e un'occasione piu' propizia. Ti giuro dinanzi a Dio Ð e non sono queste le ore in cui si puo' essere spergiuri Ð che non faro' nulla per affrettare il destino. Grazie al Cielo non sono un fanfarone, ne' un temerario esaltato, ne' un maniaco. Credo che la prudenza sia, dopo il coraggio e lo sprezzo del pericolo, il primo dovere d'un buon soldato. Non commettero' dunque imprudenze, ne' pazzie, cerchero' d'essere calmo freddo e padrone di me, faro' insomma tutto quello che e' umanamente possibile perche' il mio presentimento non si avveri. Se invece Iddio vorra' che accada, spero anche che mi permettera' di cadere da forte, sorridendo e pago del dovere compiuto. E dico a te, mio carissimo Gino, che saro' felice d'aver dato la mia vita alla patria, e piu' felice ancora se il mio sacrificio non sara' stato inutile. Se potrai, pensa tu a consolare mia madre, che in questi ultimi tempi ha trovato nelle tue care sorelle due amiche amorevoli e premurosissime. Di' a mio nome a quelle due sante e buone creature che il mio cuore nulla dimentica, e che il bene e' sempre ricompensato a usura da Colui che puo' tutto, anche se io non posso fare altro che pregare per loro.

Del resto puo' darsi che la sorte se la rida di tutte le mie previsioni. E allora un'altra gioia mi sara' riservata, quella di rivederci tutti insieme e raccontarci tante cose. E allora la nostra vita potra' essere spesa non meno nobilmente che sul campo di battaglia, tutta in pro dei nostri simili, per la giustizia, per la misericordia e per la liberta', in una parola per la Fede. E son certo che anche in quelle battaglie avro' in te il commilitone piu' esemplare. Ho potuto gia' ammirare abbastanza il tuo profondo senso del dovere e della probita', tutte le belle virtu' di cuore che tu sai cosi' ben nascondere sotto la tua semplice e laconica modestia. Abbimi per compagno ed amico, e cerchero' di valerti. La nostra amicizia fraterna non potrebbe essere piu' saldamente cementata. Comunque abbia disposto di me la sorte, ricordati, Gino mio, che poche persone al mondo ti avranno apprezzato ed amato come il tuo
Giosue'

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Comunicazioni personali
(di Sandra Ammendola)

- "A.A.A. Accompagnatrice alta classe, disponibile colazioni, serate, viaggi. Richiedesi serieta' e referenze, 09-22.00, distinti. Telefonare (348) 2502449. A. Novita' mozzafiato prosperosa, fisico scultoreo, molto disponibile. Telefono (340) 7587141". Secondo te, cosa vuol dire? - mi chiede Luca con la pagina del Giornale di Vicenza aperta negli annunci economici.
- Il primo annuncio si riferisce ad una donna che accompagna persone sole durante i pasti e i viaggi; una donna molto esigente, "... serieta' e referenze..." - rispondo seria e sicura.
- Si'? E "Novita' mozzafiato prosperosa, fisico scultoreo, molto disponibile..."? - mi chiede ancora con tono di sfida, ha finito il suo cappuccino.
- Non e' tanto chiaro. Vediamo, novita', fisico scultoreo, disponibile... Sara' una colf: conoscera' tecniche nuove di pulizie, con un fisico che non si stanca mai e disponibile a fare tutti i lavori di casa e/o giardino. Cosa ne pensi? - il mio sguardo si avvicina alla schiuma rimasta nella mia tazza.
- Senti, questa e' per me: "Morgan prosperosa e accattivante gattina ti aspetta." - legge un altro annuncio senza rispondere alla mia domanda.
- Una gatta... sai com'e', poi i gattini e devi regalarli. O la mononucleosi, i peli dappertutto. Forse ti conviene un canarino o un criceto, sono ideali per appartamento - e faccio un segno alla cameriera, vorrei un bicchiere d'acqua frizzante.
- Mi arrendo.
- Potresti leggermi gli uomini disponibili, per piacere? - domando con assoluta soddisfazione.
Luca stava chiudendo il giornale, le sue mani non sono stanche, guarda distratto gli annunci e dice che sono solo massaggiatori.
- Tu non ne hai bisogno - afferma Luca chiudendo definitivamente il giornale lasciando cadere un sorriso. - Te lo faccio io un massaggio - dice con un accento maschilista che non e' il suo.
Quando non si lavora si fa colazione al Bar o in Pasticceria. Questa regola esiste da sempre nella vita di Luca e, da qualche anno, anche nella mia vita. Ed e' bello. Le domeniche e i festivi si fa colazione con cappuccino i brioches in Centro.
- Andiamo a fare una passeggiata? - mi chiede Luca accarezzandomi le mani.
E' l'8 settembre, "la Festa dei Oto" a Vicenza, dedicata alla Madonna di Monte Berico. L'8 settembre non e' festa di precetto. Ma e' la gente che se ne fa un precetto religioso e laico insieme.
- Andiamo - e mi alzo cercando la mano di Luca. - Pensi ancora agli annunci, Luca?
- Si'. Erano sotto il titolo "Comunicazioni Personali". Non so, io credevo che la prostituzione fosse proibita in questo paese.
- Hai ragione ma siamo in tempi di benessere...
- Benessere fisico o mentale?
- Economico!! - e lo bacio senza vergogna e senza tempo.
Il centro storico respira ancora d'estate. Le bancarelle in piazza sono vuote di gente e i cani sostano negli angoli.

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11 settembre

Carissimo Corrado,

ti sei gia' fatto vivo due volte per mandarmi un tuo segnale su cio' che e' successo, e ancora non ti ho risposto. Ci provo.
La prima cosa che mi viene in mente, senza volerle dare per questo il valore di cosa principale (e' la prima, non necesariamente quella che mi preme di piu') e' il fastidio per l'uso spettacolare che i giornalisti stanno facendo delle notizie e delle immagini, soprattutto quelle delle collisioni fra i boeing e i grattacieli. Piu' della tragedia in se', ogni volta che vedo quelle immagini non posso fare a meno di pensare che sono state trasformate in uno spettacolo: fanno odiens, per questo vengono ripetute, mentre la voce concitata del cronista di turno cerca di dare enfasi al dramma, come se ce ne fosse bisogno.
Poi penso alle manifestazioni di nazionalismo che si sta animando negli Stati Uniti, a Bush che dice di volere Bin Laden "vivo o morto", cosi' come recitavano i manifesti dei ricercati in texas quando lui era bambino; penso al pericolo che si nasconde dietro a dichiarazioni quali: "siamo tutti americani". Io non sono americano. Non per questo non condanno cio' che e' successo, non per questo non mi rendo conto che e' una cosa che riguarda anche me. E' una vita che le cose del mondo mi riguardano, da quando mi e' venuto il senso della politica. A qualcuno viene, a qualcuno no: a me e' venuto a 14 anni. A qualcuno viene il nazionalismo. Che non mi appartiene. La mia cittadinanza e' italiana, eppure non mi passa per la mente di qualificarmi per prima cosa come italiano. Io sono anche italiano. Ma il mio senso di identita' si risveglia piu' per Yehoshua che per la nazionale di calcio. Per Yehoshua o Tabucchi, o Christa Woolf, che sono scrittori. O per Pierre Bensusan, che e' francese. Ieri sera ho visto in televisione, a New York, accanto alle fotografie degli scomparsi, la sagoma stampata di John Wayne vestito da cow-boy. Ecco, in quel caso io non sono americano, e queste manifestazioni, che sfiorano l'isteria, mi preoccupano.
La guerra. Quando e' stata dichiarata la guerra contro l'Iraq, e ancora prima, quando era chiaro che l'intenzione degli USA alla faccia dell'Onu era quella, io mi sono schierato visceralmente contro. Per quel che serviva. Adesso no. Non ho nessuna simpatia per gli Stati Uniti, per il loro "stile di vita", che purtroppo e' il nostro, lo stile di vita che Bush ha dichiarato minacciato nella sua prima dichiarazione pubblica. Adesso penso che le cose stiano diversamete. Ti allego un fondo di Scalfari di pochi giorni fa, in cui, ancora una volta, mi riconosco. In questo articolo Scalfari non prende posizione a favore della guerra, ma a parer mio descrive molto bene cosa c'e' in ballo. La reazione delle nazioni sedicenti civili e democratiche deve si' punire i colpevoli, ma sarebbe inutile se prima (o allo stesso tempo) non eliminasse le tensioni politiche (e razziali, alla faccia di quello che i giornasti del Tg1 sostengono, condannando le posizioni emerse a Durban), che spingono i disperati verso gli estremisti come Bin Laden.
E allora, guerra? L'idea che mi disturba ma che non riesco a contraddire e' che la risoluzione ad esempio della questione palestinese senza un contemporaneo intervento armato contro i terroristi, corre il rischio di far passare Bin Laden agli occhi dei disperati che vivono in Medio Oriente e nel resto del Terzo mondo, come un benefattore. Rischia di diventare un esempio: ecco, e' cosi' che si sistemano le cose, con la violenza terroristica in casa americana. Un atto contro Bin Laden e' necessario. Ma non riesco a immaginarlo senza guerra. Mi dico: questa volta e' diverso: c'e' l'ONU. C'e' Arafat, addirittura il Pakistan... Ma ovviamente sono tutti equilibri precari. Spero che Sharon lasci libero Peres. La pressione americana su Israele e' almeno un segnale positivo. Al momento l'unico. Forse il mio e' solo scetticismo. Ciao, alla prossima. Mauro Raggini

Penso sia doveroso in questi momenti rendere pubblica ogni parola che sia di riflessione e che non inneggi alla violenza o comunque all'emotivita'. Io non so cosa dire, ci penso molto ma mi trovo a dire poco, le parole sembrano insufficienti. Gli interventi ai quali Mauro Raggini si riferisce non sono altro che le girate di messaggi che ricevo, e che tu conosci essendo nella lista dei riceventi. Pero' posso dire una cosa, che in questi momenti dove in troppi sembrano giocare con Dio per tirarlo fuori dal cilindro come se fosse il loro coniglio, mi sento di giocare anch'io. Ecco il gioco: mi metto al suo posto, e mi immagino di ricevere i "martiri", i quali si aspettano da me che io li accolga a braccia aperte per quello che hanno fatto. E invece no. E mostro loro una faccia che durera' all'infinito. Fine del gioco. Corrado Giamboni

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Siti interessanti

Millennium n. 1
http://millennium.xnet.it/autori.html

"Libeare la mente" (intervista a Noam Chomsky)
http://www.zmag.org/Italy/barsamian-chomsky.htm

non solo Parole
http://utenti.tripod.it/NonSoloParole/

Dante e il mondo arabo (Mahmoud Salem Elsheikh)
http://www.arabroma.com/letteratura/salem.htm

Scrivere, una passione e un mestiere (Chiara Affronte)
http://www.lavorolavoro.it

Sulla pace
http://www.larchivio.com/pace.htm

Antelitteram
http://www.antelitteram.com/

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Recensioni:

animale

Cosa sono le parole? Piccoli mosaici di lettere per comunicare. Ma non solo: le parole sono suoni e segni, si possono scomporre, girare, ribaltare. Sono gioco ma possono anche essere vita, basta lasciarle scorrere in liberta', magari su un foglio bianco, che allora diventa il tramite tra idea e concretezza, il filo sottile tra noi e gli altri e, perche' no, tra noi e noi. Cosi' nasce la scrittura. E nasce soprattutto la poesia, che vive di parole e ad esse da' vita Animale, elegante volumetto recentemente pubblicato da Fara Editore di Santarcangelo di Romagna, e' l'opera prima di Paola Turroni, giovane scrittrice che vive a Cesena e che ha con la parola un rapporto speciale: la vive, appunto, e la soffre, trasformandola da segno in urgenza, necessita', legame inscindibile. Il titolo stesso del libro ne anticipa il senso, in quanto allude a due concetti non di poco conto: l'anima e il male, il cui significato si coagula nella lacerante duplicita' di vivere e di scrivere. La parola come vita e la vita come parola. E quando la parola riesce a divenire scrittura, la sofferenza di vivere sembra placarsi nella parola stessa. Non sono pagine facili quelle di Paola (che ha studiato lettere, teatro e cinema, tiene corsi di linguaggio cinematografico e comunicazione e collabora a numerose riviste), la sua scrittura reclama attenzione e coinvolgimento, ma anche innocenza e disponibilita' d'animo nell'accostarsi alla parola come messaggera non solo dell'interiorita' ma anche del corpo stesso, della pura fisicita'. L'autrice infatti trasferisce sulla pagina tutta se' stessa, si concede alla scrittura senza riserve, ma al tempo stesso aggredisce il foglio, lo usa, lo ferisce, lo strapazza. E chi legge ci si trova in mezzo, pienamente, coinvolto in un percorso poetico a ostacoli, fatto di metafore, analogie, aforismi, giochi di parole, pura poesia e pura prosa, che si riuniscono svelando infine il senso profondo dell'opera: un'autobiografia, biologica perche' intrisa di carne, per esprimere e infine trovare se' stessa attraverso l'unica forza che e' l'amore, inteso come sintesi di fisicita' e pensiero. E per approdare alla scrittura come possibile pratica esistenziale. Una voce poetica del tutto nuova, ma inevitabile e' pensare ad ascendenze letterarie, soprattutto all'esperienza poetica ormai mitica della Dickinson, nella quale l'ardore mistico dei sentimenti si esprime attraverso ardite metafore ed analogie che sfociano nella leggerezza trasfigurativa della parola. E l'opera di Patriza Valduga, che qualche tempo fa diede voce ai sentimenti nella fase estrema del disfacimento del corpo. Strettamente connessa con l'originalita' concettuale e poetica di Paola Turroni e' anche l'originalita' dei caratteri tipografici, che accompagnano il lettore in una sorta di spartito musicale lungo il discorso poetico-prosastico e sottolineano gli stati d'animo, ora frantumando sensazioni e parole, ora coagulando avvenimenti e sentimenti. Sempre comunque sottolineando approdi concettuali e di verita'.

(Lorenza Montanari, Giornale di massa. Romagna Occidentale, n. 9, settembre 2001)

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Esortazione

Non guardiamo piu' oltre il
tramonto
e non scaviamo piu' tra le
radici
ma restiamo qui, piuttosto,
finche' il sole picchia
all'ombra di questo albero a
giocare
con la
terra
come da
bambini.
Allora non ci restera'
che contemplare
stupiti
quando la terra
si tingera' di
rosso.

(di Michele Di Bartolo)

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