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L'universo che sta sotto le parole
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Titolo Faranews
 

FARANEWS
ISSN 15908585

MENSILE DI
INFORMAZIONE CULTURALE

a cura di Fara Editore

1. Gennaio 2000
Uno strumento

2. Febbraio 2000
Alla scoperta dell'Africa

3. Marzo 2000
Il nuovo millennio ha bisogno di idee

4. Aprile 2000
Se esiste un Dio giusto, perché il male?

5. Maggio 2000
Il viaggio...

6. Giugno 2000
La realtà della realtà

7. Luglio 2000
La "pace" dell'intelletuale

8. Agosto 2000
Progetti di pace

9. Settembre 2000
Il racconto fantastico

10. Ottobre 2000
I pregi della sintesi

11. Novembre 2000
Il mese del ricordo

12. Dicembre 2000
La strada dell'anima

13. Gennaio 2001
Fare il punto

14. Febbraio 2001
Tessere storie

15. Marzo 2001
La densità della parola

16. Aprile 2001
Corpo e inchiostro

17. Maggio 2001
Specchi senza volto?

18. Giugno 2001
Chi ha più fede?

19. Luglio 2001
Il silenzio

20. Agosto 2001
Sensi rivelati

21. Settembre 2001
Accenti trasferibili?

22. Ottobre 2001
Parole amicali

23. Novembre 2001
Concorso IIIM: vincitori I ed.

24. Dicembre 2001
Lettere e visioni

25. Gennaio 2002
Terra/di/nessuno: vincitori I ed.

26. Febbraio 2002
L'etica dello scrivere

27. Marzo 2002
Le affinità elettive

28. Aprile 2002
I verbi del guardare

29. Maggio 2002
Le impronte delle parole

30. Giugno 2002
La forza discreta della mitezza

31. Luglio 2002
La terapia della scrittura

32. Agosto 2002
Concorso IIIM: vincitori II ed.

33. Settembre 2002
Parola e identità

34. Ottobre 2002
Tracce ed orme

35. Novembre 2002
I confini dell'Oceano

36. Dicembre 2002
Finis terrae

37. Gennaio 2003
Quodlibet?

38. Febbraio 2003
No man's land

39. Marzo 2003
Autori e amici

40. Aprile 2003
Futuro presente

41. Maggio 2003
Terra/di/nessuno: vincitori II ed.

42. Giugno 2003
Poetica

43. Luglio 2003
Esistono nuovi romanzieri?

44. Agosto 2003
I vincitori del terzo Concorso IIIM

45.Settembre 2003
Per i lettori stanchi

46. Ottobre 2003
"Nuove" voci della poesia e senso del fare letterario

47. Novembre 2003
Lettere vive

48. Dicembre 2003
Scelte di vita

49-50. Gennaio-Febbraio 2004
Pubblica con noi e altro

51. Marzo 2004
Fra prosa e poesia

52. Aprile 2004
Preghiere

53. Maggio 2004
La strada ascetica

54. Giugno 2004
Intercultura: un luogo comune?

55. Luglio 2004
Prosapoetica "terra/di/nessuno" 2004

56. Agosto 2004
Una estate vaga di senso

57. Settembre2004
La politica non è solo economia

58. Ottobre 2004
Varia umanità

59. Novembre 2004
I vincitori del quarto Concorso IIIM

60. Dicembre 2004
Epiloghi iniziali

61. Gennaio 2005
Pubblica con noi 2004

62. Febbraio 2005
In questo tempo misurato

63. Marzo 2005
Concerto semplice

64. Aprile 2005
Stanze e passi

65. Maggio 2005
Il mare di Giona

65.bis Maggio 2005
Una presenza

66. Giugno 2005
Risultati del Concorso Prosapoetica

67. Luglio 2005
Risvolti vitali

68. Agosto 2005
Letteratura globale

69. Settembre 2005
Parole in volo

70. Ottobre 2005
Un tappo universale

71. Novembre 2005
Fratello da sempre nell'andare

72. Dicembre 2005
Noi siamo degli altri

73. Gennario 2006
Un anno ricco di sguardi
Vincitori IV concorso Pubblica con noi

74. Febbraio 2006
I morti guarderanno la strada

75. Marzo 2006
L'ombra dietro le parole

76. Aprile 2006
Lettori partecipi (il fuoco nella forma)

77. Maggio 2006
"indecidibile santo, corrotto di vuoto"

78. Giugno 2006
Varco vitale

79. Luglio 2006
“io ti voglio… prima che muoia / rendimi padre” ovvero tempo, stabilità, “memoria”

79.bis
I vincitori del concorso Prosapoetica 2006

80. Agosto 2006
Personaggi o autori?

81. Settembre 2006
Lessico o sintassi?

82. Ottobre 2006
Rimescolando le forme del tempo

83. Novembre 2006
Questa sì è poesia domestica

84. Dicembre 2006
La poesia necessaria va oltre i sepolcri?

85. Gennaio 2007
La parola mi ha scelto (e non viceversa)

86. Febbraio 2007
Abbiamo creduto senza più sperare

87. Marzo 2007
“Di sti tempi… na poesia / nunnu sai mai / quannu finiscia”

88. Aprile 2007
La Bellezza del Sacrificio

89. Maggio 2007
I vincitori del concorso Prosapoetica 2007

90. Giugno 2007
“Solo facendo silenzio / capisco / le parole / giuste”

91. Luglio 2007
La poesia come cura (oltre il sé verso il mondo e oltre)

92. Agosto 2007
Versi accidentali

93. Settembre 2007
Vita senza emozioni?

94. Ottobre 2007
Ombre e radici, normalità e follia…

95. Novembre 2007
I vincitori di Pubblica con noi 2007 e non solo

96. Dicembre 2007
Il tragico del comico

97. Gennaio 2008
Open year

98. Febbraio 2008
Si vive di formule / oltre che di tempo

99. Marzo 2008
Una croce trafitta d'amore



Numero 19
Luglio 2001

Editoriale: Il silenzio

Forse e' d'estate, quando ci sentiamo "obbligati" ad avere un periodo di vacanza, che in alcuni di noi puo' acuirsi il bisogno di silenzio, di uno spazio in cui le parole siano poche, essenziali, profonde. Questo numero lo dedichiamo - ma in maniera "leggera", come si addice a un bollettino quale il nostro - a chi sente questa esigenza.
Iniziamo con Renato Serra che ci parla di Kipling. Sandra Ammendola ci invia alcuni versi pieni di energia e ci suggerisce un libro ambientato in Abissinia in Forse e' gia' finito. Corrado Giamboni tesse una silenziosa ed evocatrice trama musicale. Dopo avervi proposto alcuni siti, presentiamo le ultime recensioni ad animale e al Paradosso della memoria. Dulcis in fundo il nostro concorso estivo IIIM. Buona estate.

INDICE

Kipling e il lettore dilettante (Renato Serra)

Prova a volare (Sandra Ammendola)

Forse e' gia' finito (Sandra Ammendola)

La musica dopo il silenzio (Corrado Giamboni)

Siti interessanti

Recensioni
- Nota di lettura di Jacqueline Spaccini
- Sul Paradosso della memoria

Un concorso per voi

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Kipling e il lettore dilettante

(di Renato Serra)

(...) Mi spieghero' alla meglio: nella lettura di Kipling e' difficile portare la disposizion d'animo del dilettante, quella disposizione cosi' speciale dei lettori moderni che, mentre con l'immaginazione seguitano la finzione dell'artista, con la mente ne scrutano la tecnica, cercano gli artifici e apprezzano la bravura; quello, per dir cosi', sdoppiamento onde l'illusione non va mai oltre la retina, onde il senso delle fantasie piu' violente e' tutto superficiale e a fior di pelle, mentre l'anima e' perfettamente libera di osservare ogni cosa dall'alto, di considerare l'abilita' dell'artista che opera sui sensi, e magari assaporare con delizia la squisitezza del proprio sentire. In due parole, quella condizion di cose che fa dello scrittore oggi per lo piu' un "virtuoso", e del lettore uno snob. Tutti questi raffinamenti non han che fare con Kipling. Si potra' cercare il suo libro per puro snobismo, ma, quando si legge, e' un'altra cosa. Davvero, non si tratta di letteratura; e' un movimento dell'anima pieno e profondo, che va piu' giu', a toccare quel che si chiamava un tempo il cuore; la carne, il sangue, i sensi. Si e' presi da quelle pagine cosi' semplicemente e buonamente, come il portinaio dall'appendice della sua gazzetta, come il fanciullo e come il popolino davanti al drammone dell'arena, che vorrebbe saltare sul proscenio a dare una mano all'arrestato contro i carabinieri o a rasciugar le lagrime dell'orfanella tradita. Non pretendo che i lettori di Kipling piangano lacrime grosse come nocciole, e muglino e gettino bucce di melarancia come il loggione di certi teatri; questo no. Dico soltanto che sentono, che si divertono, si turbano, si arrabbiano, ridono colla bocca e con tutti i muscoli del viso, sentono il ribrezzo dell'angoscia nella gola stretta e con tutta la pelle raggricciata, ne' piu' ne' meno che un imbecille qualunque. Addio giudizi, comparazioni, sfumature d'analisi e finezze di apprezzamento estetico, critico, etc. etc.: l'illusione piena dello spettacolo reale spazza ogni cosa, e ci si abbandona all'interesse del racconto, ci si appassiona al fatto, agli attori; si aspetta la fine con un ardore e un'impazienza assolutamente incredibili in un uomo un po' coltivato. Perche', intendiamoci bene: i fantocci eroici che sbalordiscono quel tal portinaio nel grande romanzo storico della sua appendice, se si presentano a un di voi, muovono il riso o vi fanno, piu' facilmente, sbadigliare. Il pubblico di Kipling, per quanto vasto, per quanto grosso, comprende anche le persone colte, il fiore dei raffinati e dei pervertiti. E l'effetto e' sempre quello; hanno un bel dire certi critici blase's che si tratta per l'appunto dell'impressione di un sapore acre e brutale sui palati stanchi, e via via: la canzone e' troppo vecchia per ricantarla ora tutta; le son frasi; e io giurerei che, se hanno letto davvero, la prima volta almeno si son lasciati trasportare dall'illusione, dall'interesse, dal fatto - si dica in un modo o in un altro, non monta, purche' ci s'intenda - come tutta quanta la povera gente. Dico che la nostra o ammirazione o indifferenza o ira - poiche' non e' mica stabilito per legge che tutti devano risentir l'effetto di quei libri a un modo, e con lo stesso piacere - e' indirizzata alla novella in se stessa e non a chi la racconta, all'argomento, alla materia propria della narrazione e non allo scrittore. Provate a rievocare alla memoria le vostre letture; o almeno ponete mente a quella parte del mio discorso dove ho cercato di rendere, bene o male, le prime e piu' rilevate impressioni di un lettore qualunque - e vedrete che per l'appunto e' cosi'. Per scrittore s'intende press'a poco una certa qualita' del sentire nei suoi rapporti con certi modi dell'esprimere; una certa lingua, un certo stile, una certa attitudine a guardar le cose e un certo abito di ritrarle, un complesso di disposizioni, che non sempre si sanno circoscrivere con parole precise, ma che son chiare nella mente; e basta porsi il problema, di fronte a un dato soggetto: - Come l'avrebbe trattato il tale, che ne avrebbe cavato il tale altro (ognuno puo' metter dei nomi a caso) - per accorgersene appieno. Ma provate invece a farvi le stesse dimande intorno a Kipling. Lingua, stile e tutto il resto, forse che egli possiede qualche cosa di questo genere che non sia incorporata nelle storie che racconta, che non sia una proprieta' insita, per dir cosi', nella materia stessa del suo dire, e separata, e quasi in contrasto con la persona del raccontatore? Vedete quel che e' della lingua, per esempio; si e' parlato della sua varieta', degli idiotismi, del gergo, dello slang, della pronuncia figuarata, delle mescolanze d'ogni maniera che le danno cosi' ricco e bizzarro colorito. Ora la differenza essenziale di questa dalla lingua di tutti gli altri scrittori moderni, dai romantici in poi, che hanno in cima d'ogni loro pensiero la ricchezza del vocabolario, si trova in cio'; che dove in loro, Victor Hugo o Swinburne, Edmondo di Goncourt o Gabriele d'Annunzio, la bella parola rara si sente cercata per se stessa, accarezzata quasi e vagheggiata dall'artista che, mentre la mette in opera, ne tenta, come di metallo prezioso, la tempra, e ne fa ridere al sole opposto lo smalto rutilante, in Kipling invece ne' amore ne' affanno ne' gioia di virtuoso; il pittoresco gli piove dal cielo, la ricchezza gli si attraversa per la via come l'elitropia a Calandrino; un sasso raccolto nel grembiale fra cento altri simili, indifferentemente. Prova ne sia la lingua ch'egli parla, non in nome de' suoi personaggi, ma per conto suo, negli esordi e nelle chiuse, quando interrompe il racconto con una osservazione del suo sacco, quando si rivolge al lettore per fargli un po' di morale, per tirar le somme del discorso, per dir la sua, infine. Che volgarita', che miseria! Giuro che non v'e' sulla terra filisteo in pianelle ricamate e berretta di cotone che adopri un linguaggio piu' dozzinale, piu' barbaro, piu' bastardo di questo. Vedete un po', per esempio, i suoi cominciamenti: e questo come tutti sanno e' il ponte dell'asino per un novellatore. Sormontare l'imbarazzo, quell'aria di trito, di logoro, di uniforme quasi inevitabile nelle prime battute, imporsi all'attenzione del lettore, e' impresa a cui di rado bastano e arte e arguzia. Ma Kipling non conosce questi imbarazzi: quando non comincia in tronco con un brano di dialogo, che ci fa saltare a pie' pari in piena azione, egli si sbriga in due parole, molto alla buona, cosi': "Il cominciamento di tutto fu in ferrovia da Ajmir a Mhow" (e' il principio dell' "Uomo che volle esser Re"), oppure: "Per cominciare, la causa di tutto fu un leggiero attacco di febbre". O anche: "Una volta, un pezzo fa, c'era nell'India un piantatore di caffe', il quale voleva disboscare un certo tratto di foresta per farvi una piantagione di caffe'. Quando egli ebbe abbattuto tutti gli alberi e bruciato la macchia, restavano ancora i ceppi". E coi ceppi si entra in argomento. Cosi': "C'era una volta un re che abitava sulla strada del Thibet, a non so quante miglia dentro le montagne dell'Imalaya. Il suo reame stava a 11.000 piedi sopra il livello del mare, e misurava giusto giusto quattro miglia quadrate, ma ...". Non si puo' essere piu' pedestri e piu' spicciativi. O vogliamo vederlo quando si permette il lusso di prenderla un po' alla larga, di fabbricare un preambolo in tutte le regole, magari col suo bravo pizzico di filosofia; con qualche comparazione peregrina? Ecco dunque: "Dopo il matrimonio viene una reazione, grande o piccola; ma tosto o tardi essa arriva, e bisogna che i due congiunti se la sbrighino, se vogliono che il resto della loro vita segua tranquillamente il suo corso. Nel caso dei Cusack-Bremmil, questa reazione non ebbe luogo che nel terzo anno del matrimonio. Bremmil era difficile a tenere anche nelle giornate piu' buone; ma era un bel marito, fino al momento in cui il bimbo mori' e la signora Bremmil si vesti' di nero, divento' magra e comincio' a lamentarsi come se il mondo fosse stato subissato". Oppure: "Allevare un giovane secondo quello che i parenti chiamano sistema protetto, per poco ch'egli sia destinato a vedere di mondo e a trarvisi d'impaccio, e' una cosa punto savia: 999 su 1000, egli e' sicuro di procurarsi molti fastidi inutili; e puo' darsi ch'egli cada nell'irreparabile per semplice ignoranza delle cose e delle loro vere proporzioni". (...)

(da Kipling, II vol. della collana «microbi»)

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Prova a volare

(di Sandra Ammendola)

Per Giovanni, a Lara

Prova volare,
al meno per un po'.
Cerca di arrabbiarti,
finche' vuoi.

Vai alla deriva,
solo per un po'.
Credi alle farfalle
finche' vuoi.

Muovi i vecchi alberi
al meno di un po'.
Sposta le notti
finche' vuoi.

Dormi sul mare,
solo per un po'.
Senti il sapore di niente
finche' vuoi.

E poi i soli
le lune
i cieli
tutte le stelle
al meno per un po'.

(aprile 2001)

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Forse e' gia' finito (di Sandra Ammendola)

La bocca piccola di Clara.
Quel nome.
Un viaggio lungo.
L'Africa piatta e senza luce.
Le dita su un MI.

(Davide Longo)

Nella mia libreria preferita non c'era. "Forse e' finito", rispose il libraio. "Forse non e' ancora arrivato", pensai. Sono andata alla libreria di Piazza Castello. La libreria occupa tutto l'angolo a nord della piazza. E' una delle librerie piu' antiche di Vicenza e vi si trovano quasi tutti i libri che vuoi. I commessi sono distaccati e hanno grandi computer davanti. Io non parlo con loro, entro e vado diritta a perdermi negli scaffali. Quella mattina, nel reparto "Letteratura italiana", sul tavolo dove vengono esposte le novita', in prima fila giaceva una pila con cinque o sei copie di Un mattino a Irgalem di Davide Longo, il numero 83 della Marcos y Marcos, maggio 2001. In copertina una donna, che "i capelli le scendevano sulle spalle, e i riflessi blu dello sciamma' davano loro un tono corvino", e un soldato inchiodato alla sua sigaretta. Tornai a casa dal lavoro, la sera, e senza darmi pausa, penetrai i capitoli del romanzo. La storia e' ambientata a Irgalem, Etiopia, nel 1937, e il protagonista, un tenente avvocato torinese, ci porta in Africa con una missione da risolvere. Il narratore usa delle parole che danzano tra i paesaggi e tra gli sguardi. Parole che lasciano gli odori, i movimenti, i pensieri dei personaggi costruiti in modo adeguato. I dialoghi permettono al lettore di seguire l'indagine da vicino e danno il ritmo e il tempo alla storia. In Un mattino a Irgalem "si sale sul treno polveroso dei militari, al primo capitolo, e fra una sigaretta fumata 'stretta' da Pietro e un ruvido paesaggio africano, non si scende fino all'epilogo". Ed e' vero. Un mattino a Irgalem e' una storia semplice e intensa, come la vita, in un contesto duro e triste, come la guerra. Per Davide Longo, Un mattino a Irgalem, e' il romanzo di esordio. Spero che abbia in cantiere altre storie da raccontare e che le sue mani continuino a scegliere parole. Credo avesse ragione il libraio quando disse, "forse e' finito".

(Sandra Ammendola vorrebbe avere piu vite, come i gatti. Ha vissuto i suoi primi 26 anni in Argentina, laureandosi in Sociologia. E' stata premiata dal concorso Eks&Tra per le poesie "Per fare teoria", in Mosaici d'inchiostro; "Poesia d'amore" e "Dosare il sentimento", in Destini sospesi di volti in cammino. Un suo racconto appare in Memorie in valigia. Si interessa da tempo di scrittura creativa.)

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La musica dopo il silenzio
(di Corrado Giamboni)

Il figlio lo crede morto, da anni. E lui per uscire da quel silenzio, forse non ha altro modo, va al pianoforte e compone una fuga. Subito fluida scorre la fuga dalla cassa del pianoforte e si allarga fuori, nella stanza e nelle altre stanze della casa e fuori dalla finestra, all'aperto - fuga che non ripetera' piu' uguale perche' sta componendo e sta eseguendo. Ed e' un peccato ascoltandola non potere avere piu' quella fuga composta, quello spartito che invece fluido esce dalla finestra, s'innalza, fluttua ed avvolge la via. I passanti si fermano ad ascoltare. Il figlio lo crede morto ed egli non puo' fare niente se non suonare per lui, per se' stesso, per il mondo, come accordandosi ad un unico grido o canto di dolore. Ma lui non soffre se suona, gioisce se la musica puo' uscire dallo strumento, dalle sue mani, da lui stesso, da dove?
Il figlio lo crede morto da anni, ma si sbaglia, sono vivi, tutti e due da qualche parte del mondo. Ma non possono saperlo. Piu' che una speranza non hanno. E la speranza di rivedere il padre e' ormai morta nel figlio separato. Anche per questo il padre suona. Una coppia giu' in strada sta ballando, viene colta da quella musica e si ferma ad ascoltare. La musica finisce, riprende l'altra, la coppia continua a ballare nel buio rischiarato dai lampioni della notte argentina.

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Siti interessanti

Panikkar e il silenzio di Dio
http://www.estovest.org/ecosofia/panikkar.html

Don Milani e il silenzio di Dio
www.primocircolo.it/html/silenzio.htm

Un cuore che ascolta
www.topdat.com/oraetlabora/ascolto.html

Cristianesimo ed Europa
www.ex-massimo.org/CC3586p319.html

Recensione a Visioni dal futuro di Antonio Scacco
http://digilander.iol.it/carruggio/fsk33/html/body_chiappetti.htm

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Recensioni:

Nota di lettura di Jacqueline Spaccini
su animale di Paola Turroni

Ha scritto Pessoa che "l'uomo non e' un animale: / e' una carne intelligente, / anche se a volte malata".
Gli fa eco, ma un'eco distorta leggermente ricurva modificata, Paola Turroni: questo suo libro ci presenta uno zoo della vita umana, in cui chi piu' e' vicino al senso primigenio dell'esistenza non puo' che essere "animale". E non e' un caso se, nella parola, ce n'e' un'altra: "male". Il male, condizione prima fortemente fisica, diventa poi - inevitabilmente, viene da scrivere - nello scorrere delle pagine, metafisica, ontologica. Molto piu' che una sensazione nel lettore, il quale, mentre legge queste riflessioni-poesie, aspre e tenere allo stesso tempo, viene attirato spinto e infine propulso verso un inquieto malessere che via via si fa dolore, cui vano sarebbe ogni tentativo di fuga. Paola Turroni ci offre, noi nonostante, un io intimo radiografato ai raggi "X", visioni erranti e dissociative/dissocianti del suo impossibile vivere in un solo mondo, quello condiviso da tutti, quello reale. Nell'io lirico convivono infatti due universi, come due sono le scritture di questa poetessa, come due sono le parti in cui e' divisa la sua pagina. Provare a vivere in due mondi, quello degli altri e il proprio, quello invisibile agli altri, se e' possibile, non puo' comunque essere facile: tutto ha un prezzo. Continuero' a citare Pessoa, stabilendo in questo modo un arbitrario rapporto di specchio, condiviso e insieme rovesciato, tra il poeta portoghese e l'autrice di questo libro che non stento a definire altamente poetico, se poesia vuol dire ancora "creare", e con cio' stesso, fabbricare, mettere in forma. Il lusitano si ritrovava a dire: "lontano da me / in me esisto"; l'io di animale, lontano da se', non sa - ma soprattutto non potrebbe - esistere: "un altro salto / segreto eterno / andare in giro / scrittrice leggera / mani di volo / io mi riprendo ora / istante eterno / tutta intera / tutto insieme, / amore e odio e niente."
La realta', qui, arriva in blocco, in una sincronicita' senza rimedio, che sembra escludere elementi di causalita', anche quando essi sono ben presenti ("ci sono cose che / sono state dilaniate / e altre che sono sparite / ci sono cose che non ci saranno piu' / - ho creduto a cose in cui credero' ancora / e immagini che e' impossibile scordare"), perche' riconoscerli sarebbe ammettere l'immanenza del passato nel presente e il presente e' una galera che non da' tregua ("poi vengono i pensieri, ma gia' il futuro / dopo, e' passato. / come le mattine dopo quelle notti un bacio sulla fronte e la doccia a / casa cosi', il presente, fatto di docce passate e futuri selvaggi"); attimo eterno, esso s'accompagna ad una morte (non solo fisica) che offre il suo braccio per il passeggio quotidiano.
"Scrivere e' come camminare" - annota Paola Turroni. Scrivere e' "scrivere tutto, crescere alberi"; scrivere e' "difender[si] da una gabbia" per costruirne un'altra, darsi e farsi dare regole, seguirle. Scrivere e' anche "l'impossibilita' di farsi vedere senza morire" (Pessoa scriveva: "morire e' solo non essere visto"), per chi e' senza pelle, ecorche' vif direbbero i francesi. Scrivere e', infine, non-parlare, "silenzio concreto", per chi e' "fatta di terra e di vento tenuti insieme dalla saliva". Scrivere e' non parlare; il silenzio e' un mutismo solo verbale se il poeta crede che anche senza saliva la parola esiste. Se gli altri parlano, il loro e' "un rumore di chiacchiere / fritto coperto di zucchero a velo"; DiRe e' allora sempre e sempre "Dies IRE". Ma anche, malgrado tutto, "desire".
Concludeva Pessoa: "Si', scrivere significa perdersi, ma tutti si perdono, perche' tutto e' perdita. Pero' io mi perdo senza allegria, non come il fiume nella foce alla quale nacque ignaro, ma come la pozzanghera creata sulla spiaggia dall'alta marea, e la cui acqua, inghiottita dalla sabbia, non tornera' piu' al mare."
Cos'e', qui, la pozza di spiaggia? Forse il "bollettino medico", "prescrizione: l'ultima pastiglia"? La malattia che sembra tutto invadere fino a sostituirsi ad ogni ipotetica altra realta' (o realta'-altra)? O forse quei "discorsi lucidi sopra una coscienza scorticata dalle responsabilita'"?
Dice l'io poetante di Paola Turroni: "tutte le volte che mi sveglio e' presente. / come fosse normale. / fare finta di svolazzarci sopra. Fare finta, fingere: anche in "normale" e' contenuta la parola "male". Fare finta, fingere: fingere e' conoscersi, affermava Pessoa. E forse la soluzione delle nostre umane angosce terrene e' tutta qui.

(Jacqueline Spaccini. Paris, le 13/06/2001
N.B. Le lettere minuscole dopo il punto, cosi' come nel titolo, riproducono fedelmente le scelte (tipo)grafiche di Paola Turroni. JS)

Sul Paradosso della memoria

Poesia. Come da sottotitolo - Meditazioni in versi sulle Lettere di S. Giovanni - il volume riporta stralci dalle epistole giovannee con a fronte la poesia che il passo ha ispirato: un'operazione singolare, anche se non unica, che segna il rapporto di quasi due millenni tra il messaggio originario e la sua influenza nella realta' contemporanea. L'abilita' della poetessa e' fuori discussione: si veda il significante metrico della sestina di apertura (cfr. la postfazione di Alessandro Ramberti). Suggestive le foto, per la loro concretezza figurativa.

(in Punto di vista n. 28, aprile-giugno 2001, p. 139)

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Concorso IIIM L'universo che sta sotto le parole

Art. 1 Fara Editore indice la I edizione del concorso IIIM (Terzo Millennio) con il fine di stimolare una produzione letteraria di qualita' e dotata del pregio della "brevitas".

Art. 2 Le opere dovranno essere inviate entro il 30 settembre 2001 a: Fara Editore via Emilia 1609, 47822 Santarcangelo di Romagna (RN); oppure al nostro indirizzo elettronico fara@kaleidon.it in un'unica copia. Per info: 0541-620741.

Art. 3 Sono previste due sezioni:
a - Un racconto breve (massimo due cartelle per un totale di 3.600 battute) a tema libero.
b - Una poesia di massimo 30 versi a tema libero.

Art. 4 Non e' prevista quota di lettura ma l'acquisto diretto (con lo sconto del 30%; si veda nostra homepage) di due nostri libri a vostra scelta. I libri ordinati dovranno essere menzionati al momento dell'invio dell'opera. L'autore dovra' indicare anche nome, cognome, indirizzo postale, ed e' gradito un succinto curriculum vitae.

Art. 5 E' possibile partecipare a entrambe le sezioni ma con una sola opera (una poesia e un racconto).

Art. 6 Per le tre opere considerate piu' meritevoli a prescindere dalla categoria racconto o poesia, sono previsti i seguenti premi:
- Primo premio L. 300.000 (p.d.c) in libri Fara scelti dall'editore. - Secondo premio L. 200.000 (p.d.c.) in libri Fara scelti dall'editore.
- Terzo premio L. 100.000 (p.d.c.) in libri Fara scelti dall'editore.

Art. 7 Il giudizio verra' operato insidacabilmente dalla nostra casa editrice ed eventualmente da intellettuali e scrittori di sua fiducia. I risultati verranno comunicati via posta tradizionale o elettronica a tutti i partecipanti (inutile contattare quindi l'editore prima della data indicata nell'Art. 8 qui sotto). Qualora si ritenesse non soddisfacente il livello delle opere pervenute, i premi potranno in toto o in parte non essere assegnati.

Art. 8 Le opere vincitrici verranno pubblicate senza alcun obbligo di remunerazione nel nostro bollettino elettronico Faranews. I risultati verranno comunicati entro il 31 ottobre 2001.

Art. 9 La partecipazione al concorso IIIM di Fara Editore implica di fatto l'accettazione di tutte le norme indicate nel presente bando.

Art. 10 Ai sensi della legge 96/675 i partecipanti al concorso consentono a Fara Editore il trattamento dei dati personali sia ai fini della gestione del premio che per comunicazioni editoriali.

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