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Titolo Faranews
 

FARANEWS
ISSN 15908585

MENSILE DI
INFORMAZIONE CULTURALE

a cura di Fara Editore

1. Gennaio 2000
Uno strumento

2. Febbraio 2000
Alla scoperta dell'Africa

3. Marzo 2000
Il nuovo millennio ha bisogno di idee

4. Aprile 2000
Se esiste un Dio giusto, perché il male?

5. Maggio 2000
Il viaggio...

6. Giugno 2000
La realtà della realtà

7. Luglio 2000
La "pace" dell'intelletuale

8. Agosto 2000
Progetti di pace

9. Settembre 2000
Il racconto fantastico

10. Ottobre 2000
I pregi della sintesi

11. Novembre 2000
Il mese del ricordo

12. Dicembre 2000
La strada dell'anima

13. Gennaio 2001
Fare il punto

14. Febbraio 2001
Tessere storie

15. Marzo 2001
La densità della parola

16. Aprile 2001
Corpo e inchiostro

17. Maggio 2001
Specchi senza volto?

18. Giugno 2001
Chi ha più fede?

19. Luglio 2001
Il silenzio

20. Agosto 2001
Sensi rivelati

21. Settembre 2001
Accenti trasferibili?

22. Ottobre 2001
Parole amicali

23. Novembre 2001
Concorso IIIM: vincitori I ed.

24. Dicembre 2001
Lettere e visioni

25. Gennaio 2002
Terra/di/nessuno: vincitori I ed.

26. Febbraio 2002
L'etica dello scrivere

27. Marzo 2002
Le affinità elettive

28. Aprile 2002
I verbi del guardare

29. Maggio 2002
Le impronte delle parole

30. Giugno 2002
La forza discreta della mitezza

31. Luglio 2002
La terapia della scrittura

32. Agosto 2002
Concorso IIIM: vincitori II ed.

33. Settembre 2002
Parola e identità

34. Ottobre 2002
Tracce ed orme

35. Novembre 2002
I confini dell'Oceano

36. Dicembre 2002
Finis terrae

37. Gennaio 2003
Quodlibet?

38. Febbraio 2003
No man's land

39. Marzo 2003
Autori e amici

40. Aprile 2003
Futuro presente

41. Maggio 2003
Terra/di/nessuno: vincitori II ed.

42. Giugno 2003
Poetica

43. Luglio 2003
Esistono nuovi romanzieri?

44. Agosto 2003
I vincitori del terzo Concorso IIIM

45.Settembre 2003
Per i lettori stanchi

46. Ottobre 2003
"Nuove" voci della poesia e senso del fare letterario

47. Novembre 2003
Lettere vive

48. Dicembre 2003
Scelte di vita

49-50. Gennaio-Febbraio 2004
Pubblica con noi e altro

51. Marzo 2004
Fra prosa e poesia

52. Aprile 2004
Preghiere

53. Maggio 2004
La strada ascetica

54. Giugno 2004
Intercultura: un luogo comune?

55. Luglio 2004
Prosapoetica "terra/di/nessuno" 2004

56. Agosto 2004
Una estate vaga di senso

57. Settembre2004
La politica non è solo economia

58. Ottobre 2004
Varia umanità

59. Novembre 2004
I vincitori del quarto Concorso IIIM

60. Dicembre 2004
Epiloghi iniziali

61. Gennaio 2005
Pubblica con noi 2004

62. Febbraio 2005
In questo tempo misurato

63. Marzo 2005
Concerto semplice

64. Aprile 2005
Stanze e passi

65. Maggio 2005
Il mare di Giona

65.bis Maggio 2005
Una presenza

66. Giugno 2005
Risultati del Concorso Prosapoetica

67. Luglio 2005
Risvolti vitali

68. Agosto 2005
Letteratura globale

69. Settembre 2005
Parole in volo

70. Ottobre 2005
Un tappo universale

71. Novembre 2005
Fratello da sempre nell'andare

72. Dicembre 2005
Noi siamo degli altri

73. Gennario 2006
Un anno ricco di sguardi
Vincitori IV concorso Pubblica con noi

74. Febbraio 2006
I morti guarderanno la strada

75. Marzo 2006
L'ombra dietro le parole

76. Aprile 2006
Lettori partecipi (il fuoco nella forma)

77. Maggio 2006
"indecidibile santo, corrotto di vuoto"

78. Giugno 2006
Varco vitale

79. Luglio 2006
“io ti voglio… prima che muoia / rendimi padre” ovvero tempo, stabilità, “memoria”

79.bis
I vincitori del concorso Prosapoetica 2006

80. Agosto 2006
Personaggi o autori?

81. Settembre 2006
Lessico o sintassi?

82. Ottobre 2006
Rimescolando le forme del tempo

83. Novembre 2006
Questa sì è poesia domestica

84. Dicembre 2006
La poesia necessaria va oltre i sepolcri?

85. Gennaio 2007
La parola mi ha scelto (e non viceversa)

86. Febbraio 2007
Abbiamo creduto senza più sperare

87. Marzo 2007
“Di sti tempi… na poesia / nunnu sai mai / quannu finiscia”

88. Aprile 2007
La Bellezza del Sacrificio

89. Maggio 2007
I vincitori del concorso Prosapoetica 2007

90. Giugno 2007
“Solo facendo silenzio / capisco / le parole / giuste”

91. Luglio 2007
La poesia come cura (oltre il sé verso il mondo e oltre)

92. Agosto 2007
Versi accidentali

93. Settembre 2007
Vita senza emozioni?

94. Ottobre 2007
Ombre e radici, normalità e follia…

95. Novembre 2007
I vincitori di Pubblica con noi 2007 e non solo

96. Dicembre 2007
Il tragico del comico

97. Gennaio 2008
Open year

98. Febbraio 2008
Si vive di formule / oltre che di tempo

99. Marzo 2008
Una croce trafitta d'amore



Numero 46
Ottobre 2003

Editoriale: "Nuove" voci della poesia e senso del fare letterario

Partecipare al Festival della Poesia Giovane Italiana (Riccione 12-13 settembre scorsi, www.parcopoesia.it/parco.htm) mi ha permesso di entare in contatto con un mondo che conosco poco, con persone (poeti e critici) molto interessanti e di assistere a emozionanti letture fatte dagli stessi autori: non tutto ciò che veniva letto toccava le mie corde, ma alcune parole ascoltate, magari poi rilette su carta o in internet, hanno avuto (per quanto può valere la mia limitata testimonianza) una bella risonanza. Questo Faranews è dedicato ad alcune giovani voci che fanno poesia e a provocanti riflessioni su questo fare e sulla "realtà" della letteratura: The non-defence of poetry, Cafarnahom, Tre Elegie, Grido di Gloria, Un angolo di Roma, Ela. Segnaliamo poi alcuni siti.
Ricordiamo che questo è l'ultimo mese per partecipare al nostro concorso Pubblica con noi (v. bando).

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The non-defence of poetry di Adeodato Piazza Nicolai

Padova 23 settembre 2003

Scrivo per condividere alcuni pensieri e preoccupazioni. Son convinto che la poesia non ha bisogno di essere difesa. Tuttavia questo mio monologo è a suo modo “a non-defence of poetry”. L'argomento è sinergisticamente legato alla poesia allegata, Senza titolo, frammento. Quel poco che ho capito sulla poesia contiene anche questa verità: esiste la poesia che “celebra” e quella che “cerebra”. È un argomento vecchio ma sempre nuovo. Quella celebrativa è dionisiaca, sgorga dall'homo ludens; quella cervellotica è gioco dell'intelletto quasi disincarnato e certamente disincantato: romanticismo verso realismo? Forse. Da tempo seguo da vicino un poeta conosciutissimo (non voglio fare nomi); è anche un amico. È assolutamente convinto che sta rinnovando la lingua (sia la materna, dialettale, sia la paterna, italiana) innondandola di neologismi, di sofismi ma in una maniera fredda, glaciale, che abortisce ogni barlume di sentimento. È stato tradotto nelle maggiori lingue europee. Ma c'è una assenza di succhi umani nella sua poesia che fa paura! Ha perso una figlia alla droga e l'unico sentimento che riverbera un poco nei suoi versi è il dolore – ma un dolore intriso sempre di autopietà; come se flagellandosi riuscisse a scolparsi del fatto che non è stato un padre tanto presente ed affettuoso. La sua è una poesia egocentrica che spesso si fa passare per poesia civile. Anch'io vivo il bisogno di rinnovare sempre la lingua; però mi trovo sul versante opposto, cioè: scavare nel linguaggio, sì, trovando sempre nuovi riverberi denotativi e connotativi, oltre che inserendoli in contesti che rinnovano ed amplificano i campi semantici. Montale ha strozzato il collo all'aulicismo italiano, giustamente; io mi trovo più vicino a Saba e a Marin; desidero lavorare la lingua e il dialetto partendo forse da un formalismo classico più che neoavanguardistico. Riscattare cioè l'essenza polifonica/polisegnica di ogni parola e anche l'isomorfismo olistico fra res e verbum. Non so se riesco a spiegarmi con chiarezza. Sono da un lato uno sperimentatore spietato della poiesis (ho vivisezionato tanti movimenti e scuole poetiche ed imparato tanto dal processo); dall'altro lato sento visceralmente la necessità di usare un linguaggio chiaro, puro, semplice, accessibile che riesca di nuovo a far “ballare” i sentimenti del lettore; l'oneroso lavoro di decodificazione che tanta poesia moderna richiede al lettore medio è diventato un enorme ostacolo alla lettura di poesia. Anche per questo i giovani (e non soltanto loro) si sono distanziati da tanta poesia, diventata un obbligo scolastico che rende minima soddisfazione. Di certo non condono l'analfabetismo che purtroppo ci sta invadendo. Sto battendomi contro l'odierno pseudoermetismo che sta facendo della poesia un secretum cabbalistico accessibile soltanto ai pochi eletti.
Tuo,
Adeodato Piazza Nicolai
Via Adige 9
35135 Padova, Italy
tel. 049.615.386

Senza titolo, frammento

Nuovo luogo neo-logo sinapsi
asindeti ellissi paratassi para-
urti catalessi materassi sinopsie
epilessie sincopie sinestesie
omologate malattie divertico-
verbali emmoroidali ecospaziali.
Grafoscopia ovoidale cuneiforme
analsofismi logorroidi automatic
writing écriture automatique
ecc
ecc ecc. Così rinnovare làngue
poiésis
dialogazioni monofisite
squisite squittite da logogrammi
scorticati da vorticalizzazioni
pseudoradicali… quanti cacumi
merdumi per soffocare il silenzio
(sia bianco sia nero) del vero.
Incominciamo da capo sull'arca
noosferica, col metronomo del
sangue, con l'urlo primario non
iperglobale. Uno zuffolo ruffola
inanizioni corticocelebrali asim-
toticamente dimezzate dal corpus
eurosomatico somarizzato: somma
del nulla… Egocentrismi assoluti
assassini del nerbum/verbum.
Caritas Humilitas et Humiditas
il puro triumvirato, la troika
eroica, sine qua non di sinusite
diverticulite afasia umanoide
e paranoide, non paranormale.
Maschere, maschere, maschere
assediano insediano insidiano
l'aura di Laura metafisicizzata
dall'homo scribens. Ho sempre
laudato il femminile palpato
2000 seni esorcizzato 500 cada-
verini: la mia poesia del dolore
senza sapore odore calore…
Io sono dio, non c'è nessun altro
poeta fuori di me. Real-fantasia
demenziale assoluta voluta dal
suo cerebellum libellum flagellum
egosoficamente imprigionato
depistato delusionato nei riflessi
infiniti degli specchi sofismi logo-
diaree cosparse nei cunicoli del
suo microsolco. I am the poet

© 2003 Adeodato Piazza Nicolai

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Cafarnahom di Christian Sinicco

C'era silenzio, non parlavo più a nessuno: l'accampamento
fremeva sotto il vento. Snella e raccolta
muoveva, svelava, turbava con sabbia la penombra.
Avvistavo il cielo illimitato, perduto.

Nel volto moro m'accigliavo la veglia.
Riflessioni imprendibili, storie di sufi, incarnavano pronte
a rodere dentro l'uomo non sordo
recinto di noia… In vita, mutavo infatti le voluttà.

Ah, donne e un bimbo con la pelle di ambra e ricoperte di sabbia
con le pupille in esilio, come terre in abbandono…
Ah, notti pallide e stanche, fonde, tenui, esterrefatte
amavo nella natura di un maggio simbolico

nelle tenebre, nella luce piena di riverbero;
fra zolle arse, sussulti di siccità, ombre
corolle confuse dal vento mansueto…
Amavo il suo corpo nudo, disteso

affondavo lo sguardo, respiravo
linee d'amore che avrebbero riempito un alveolo
sommesso, nell'involucro del petto,
soffiando attimi di miraggio.

Ma ero stufo di abbeverarmi a pozzi di clamore
che le foglie delle palme avrebbero pure adorato.
Ed ero stufo del viaggio, melanconia di paradisi perduti
nella depressione che risalivo, dopo aver bevuto l'arido.

Non potendo sopportare la solitudine
avrebbe avuto senso, allora, costruire
ripari nel deserto a misteri terrestri?
E serbare ceppi ardenti di mezzanotte

che senso aveva nella mia devozione?
Pellegrino della polvere e profeta in cielo,
nostalgico smussando sassi,
ammassavo dune, incomprensibili…

Illudevo carovane ebbre di perdizione, avulse dal ritmo,
credendo che potessero farcela marciando.
Mi ritrovai solo dopo giorni di cammino:
nomadi azzurri s'erano voltati per guardare

allo zenit, statue di sale; sgretolava l'impeto dell'azione
alla sorgente mandrie esaurite dai vincoli.
Irrefrenabile era la mia corsa all'Eden
e il logorio dell'imperfezione era stato abolito!

Con la faccia di un cristallo
incendiavo alveari di tempeste morenti,
nutrivo di miele l'imbrunire
ed abbracciavo la volta senza limiti

adagiando all'orizzonte nidi celesti per uccelli in volo!
Cingevo i confini dei regni, fermato da una o più
sentinelle arabe o sciite: identificavo così
diverse nature dei popoli, le mura da scavalcare…

Ininterrotto, sferzante, a piedi nudi, senza controllo
calpestavo promontori in tumulto:
notti addensate da nubi di sangue
tracciavano la rotta nell'atmosfera!

Urna ideale per la terra dentro le ferite,
scendendo pietre erose,
dopo una lunga pausa,
non rifiutavo quiete cateratte

sotto un vento che soffiasse per la danza della pioggia!
Ed anche le rughe peggiori dei pianori,
che a causa dell'ondulazione
sembravano troppo incolte per orientare,

seguivano con petali di rosa il mio bailamme…
Quando le gocce innumerevoli m'ebbero colmato,
quel canto d'amore divenne un fiume in piena
oscuro e di terra per lo più, ma senza argine

mentre cantavo e ballavo, caddi esangue come morto
sderenato e sfolto dalla torrida stagione
all'ombra di un canneto, feretro giovane esumato.
Rilasciai così caldo il vissuto nei pressi

di un oceano ammansito, senza forma: ero parte oramai
di un'ampia foce, creando nuovi delta…
Brillai senza sosta le esperienze nel sogno.
Dubitavo che potessero rapire un sultano

superbi predoni siriani: non li immaginavo
nascosti nella febbre del corpo,
romiti con tende di giorno, riflessivi
sobri, decisi, miti e fregiati

di arabeschi; la notte, fumanti
lontano dai palmeti - celavano serpi -
a dialogare con fuochi di torce.
Mai si sarebbero adoperati a spegnere

i ricordi, il giorno dopo, al crepuscolo del sonno…
Perché erano subdoli e derisori nelle ostentazioni:
tatuavano fango od erba con zoccoli,
ma attoniti trovarono re.

Lasciavo, ridendo, che rapissero al proprio creatore,
con occhi d'argento, lucida visione:
in quel mondo ne coagulai l'esistenza,
l'artificiale fu così possibilità!

All'alba rinnovai la preghiera e il canto
del risveglio, nudo e baciato dal tepore.
Sorpreso nel fine velluto dell'onda lunga,
nello slancio, mi fu consegnato il mare.

Trasfigurai i tuffi e le corse, le coste, i golfi, gli approdi
e in un barbaglio avrei potuto osservare un serpente
svagato d'emozioni, attratto dagli effluvi nelle pause irregolari
fra onda e onda nei tramonti, nelle naturali insenature…

* * *
… perché la corrente
inabissa piccole oasi di verde portate da rapide
impressioni di colore nella coincidenza dei regni
nel mare calmo con occhi umani.

Inseguire le sue mute epigastriche, abitando pensieri di deserto,
nella linea affiorante! Nel tramonto
con un tiepido sole, con la cappa sull'onda,
immemore e stupito rincorrere

come radici estatiche colate eburnee dalla resina ed invase
rifulse torme da ruscelli neri, rivoli sul dorso…
Poi di notte snodare, amplificando le risonanze,
le onde con il corpo e le sue orbite

invisibili emorragie senza palpebre di cui l'insonnia è la luna...
Perché vorrebbero toccare le rocce del fondo,
ma la tentazione della conoscenza
è il respiro.

Christian Sinicco nasce a Trieste il 19 giugno 1975, anno in cui morì Pasolini, ma i due eventi non sono correlati. È caporedattore di www.fucine.com Nel 1999 fonda assieme ad altri poeti ed intellettuali triestini l'associazione culturale "Gli Ammutinati", che per fortuna o ragione trova subito l'appoggio dell'ambiente accademico: la professoressa, e critico, Cristina Benussi, scriverà la prefazione all'antologia pubblicata nel 2000 dalle Edizioni Italo Svevo. "Cafarnahom", che significa "moltitudine di persone alla rinfusa" e che richiama un episodio del vangelo, è un viaggio che rimbaudianamente può portare alla conoscenza, perché la poesia e la conoscenza, questa volta sì, sono correlati.

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Tre elegie di Daniele Attimo

PRIMA ELEGIA. IM GEBIRGE (1876)
Non v'illudete stranieri d'aver trovato
l'amore, l'amore è morto l'amore è morto. Canto
la morte dell'amore poiché essa
è naturale condizione per la morte
di Dio. E quando un filosofo amava
che ne era di lui, del non può essere
che relegava il tutto in un grumo di ricordi
e il nostro Assoluto ci faceva piccoli, che ne era?
che ne era. Ora sterminati
spazi dolcemente avvallano
il paesaggio e le memorie
una strana forma di pensiero sono. Stranieri
non troverete l'amore in questo pianeta.
Sulle montagne è morto l'amore, e anche i camosci
che ne sanno? Loro non vedono la morte
la sentono ad ogni zoccolo sulla roccia che si sgretola
e i loro occhi non conoscono la
felicità, come potrebbero se queste parole sono
umane, dell'uomo, tutte per il testo
dell'umanema, e pochi uomini impugnano una chitarra
e con esso le loro compagne, non sono da meno.
Ricordo una piazza a Venezia, durante il Carnevale
c'era una donna che per me, s'era fatta delfino
l'amore è morto l'amore è morto. Ora
sulle spiagge sotto questa montagna
assisto alla putrefazione del mattino
indifferente ad ogni cosa che si muove, poiché
con la morte del sogno che non lo possiamo toccare
ciò che muoveva il mondo, l'amore
l'amore è morto, l'amore è morto.

SECONDA ELEGIA
Noi siamo gli Angeli di cosa?
Quanto di noi più mortali possono essere
gli esseri di cui noi il mito siamo
essi non durano che un attimo
per noi non hanno volto
non hanno un corpo. Ma se io
adesso alzassi la mia voce
o facessi il gesto con la mano
per quanti millenari ossi durerebbe ai loro occhi?
Nel tempo non vi perderebbe l'unità?
Perché ci si abitua all'abitudine
ci si sveglia un giorno come tanti
le unghie sono lunghe, i capelli sono bianchi, nuove rughe
scomparse dentro il non volere
vedere, reappaiono. All'abitudine
noi doniamo balzi
e si erge la dimenticanza come un simulacro
Ecco lo vedi siamo, i dimenticati.

TERZA ELEGIA. AL FUNERALE DI TONY
Cosa siamo noi senza i vivi.
Il funerale non è il nostro dolore per l'assenza
ma la nostra compassione per colui che non può dare
più alla vita, segni di
Il tempo è normale, i fiori sono un rituale
sono stranamente a colori, i tailleur celesti, e camicie
blu, sul grigio nero del selciato
camminiamo con fare trafelato
e presto verrà a piovere.
A volte m'identifico
con quelli quaggiù
lassù è tutto così strano
veramente, si aprono gli spazi
il campo riluce all'orizzonte
e non credo che vivremo a lungo
e come abbiano fatto a rubare un'altra
idea questi umani io non so.
Mi piace pensare
mentre sfila lento il funerale
meditazione. Senza fuoco
i cipressi sul viale crescono
il ragno esce fulmineo dalla tela
si apre la radice un varco
tra il passo ubriaco del becchino
e quello spaventato del vecchino
che cade, e muore.

Daniele Attimo nasce e vive Trieste. Lavora con gli Ammutinati e collabora per Fucine Mute webmagazine di risorse culturali on-line. Si trova sulle Antologie: Gli Ammutinati (edizioni Italo Svevo, 2000) e Ragioni e canoni del corpo a cura di Luciano Troisio (Asefi, 2001). D.A. è Generazione 74.

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Grido di Gloria di Daniele Leoni

28-05-01
Lord. I am not worthy / but speak the word only.
(T.S. Eliot, Ash-Wednesday. III)

Forse un giorno me ne andrò
per campi di papaveri
sull'erba umida accamperò
quivi, chiudendo gli occhi
diverrò una stella.

29-05-01
Ed ecco
Affacciarsi
La tua abbacinata fisionomia
Che s'inoltra
Nella nuda allegria
Nella fioca purezza
D'un ticchettio arterioso.
Dietro non scorgo
Che frigide ombre
Tenere soltanto
Per un moto avvilito
Di paura.

24-06-01
(Non andare
resta qui e
nuota con me.
Possiamo trovare
un tesoro antico
un'ancora azzurra
come i tuoi occhi.)

"Ecco, vedi
calmo è il mare
il sole sereno
stringimi la mano
– guarda! –
dietro quel delfino
c'è la nostra corrente."

17-08-01
Pensarti non vorrei
amarti non dovrei.
Eppure nella bottiglia
capovolta in un vaso
di fiori, scorgo
e bramo il nido
tuo, rifugio
chiuso, candela spenta
dai rumori del tempo.
Quando m'alzerò
da codesto scrittoio
con mani sporche
suonerò il diluvio
e le urla del cuore mio.
Non ho, una occasione
per visitare il pugno serrato
dei tuoi misteri.
Ho una gogna da sopportare
il rimorso di un ciuffo d'erba
un ventaglio di doni
inutilmente sparsi
nel girasole dei tuoi occhi.
Ripongo le mie ali d'angelo
voglio lapidare la mia tozza
e solenne brama d'amore
nella tua voce nel tuo silenzio
voglio morire.

(da Grido di Gloria, Progetto Cultura, Roma, 2001, tel. 06 5043638)

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Un angolo di Roma di Marco Limiti

ogni angolo di roma
mi ricorda il nostro bacio:

traversa su una strada principale

una sosta
ad un semaforo rosso impazzito – che imbarazzo –

una frenata improvvisa

per guardare

una vetrina

un secondo.

in quei 30 secondi che ricordo rallentati
non ho respirato

avendo forse timore
dello SMOG.

***

Quando faccio il tuo numero
il cellulare mi dà la scossa,
mi prende in giro.

“Ancora legato a lei??”
si mette a dire…

Allora io lo getto, lo tiro
in terra in una mossa scomposta
perché è una guerra diseguale:

il mio cuore può solo sentire
non ha microfono per la risposta.

***

Mi sento come i capelli che perdi durante il giorno,
mi sento come la pelle morta che dimentichi la mattina sul letto
mi sento come lo sguardo che dai ad una cosa.
Mi sento come un vestito lasciato per la notte
Mi sento dimenticato come un giorno.

Mi fai male come ad una cosa non tua,
come si pesta un piede ad uno sconosciuto
senza pensare
senza chiedere scusa
troppa in fretta
per alzare lo sguardo e vedere il dolore.

Mi sento talmente poco da scomparire davanti ai miei occhi
Mi sento come un grido muto
Strizzato in bocca a gettare sangue
Mi sento come un suono che non vuoi sentire e ci gridi sopra

Mi sento nel vicolo cieco del tuo sguardo fissato altrove.

***

Mi divide una strada sconosciuta,
non so come resisto con questa pancia che mi urla,
la forza a vivere è grANDE, spero coinvolga anche te,.
Cosa conta mettere male le parole
O i punti
se siamo noi stessi i primi
Ad essere virgole.

........Mi allineo con il dubbio inconsapevole di sé........

ho paura anche se so che domani
un vortice mi farà dimenticare persino la mia faccia…

Ho una mano che ruota dentro di me inventando
Sempre il modo per rivoltare le mie certezze
Ed è la vita che ha il corpo di questa mano.

Marco Limiti ha 25 anni, laureato in Lettere (pentito), scrittore ed editore più per passione che per lavoro. I libri da me editi sono stati citati da Rai 2, Radio2, «L'unità» e da «Il domenicale».
"La prima poesia è nata per un bacio alla ragazza del mio migliore amico, la seconda da un corso di scrittura creativa nel quale mi è stato chiesto di scrivere una poesia che contenesse la parola cellulare pur rispettando un certo lirismo, la terza è nata dall'esperienza con una ragazza, l'ultima nasce dalla vita…"

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Ela di Drazan Gunjaca

« La prima giornata lavorativa dopo il mio arrivo a Pola mi sono rintanato nella Biblioteca scientifica a studiare diversi opuscoli, libri e libricini che parlavano di AIDS, spiegando a una mia conoscente che lavorava lì, che ne avevo bisogno per un cliente. Mi ha squadrato da capo a piedi e probabilmente si chiedeva che razza di gente avevo iniziato a rappresentare, ma ha tenuto il commento per sé. C'è qualcosa che spinge l'uomo a conoscere le cose che incontra... Naturalmente, a me interessava soprattutto sapere come si trasmette. E nella maggioranza dei casi si trasmette... Ma guarda qua: non si trasmette con le lacrime! Com'è clemente il destino! Puoi piangere quanto vuoi, un mare di lacrime, puoi sentire le lacrime cocenti e salate su tutto il corpo senza preoccuparti, non contengono il virus HIV. Piangi anima mia, quanto vuoi, nessuno te lo vieta, non c'è punizione per chi piange. Affoga nelle lacrime, almeno loro sono rimaste innocenti in questo dannato mondo brutale. Neanche l'AIDS è riuscito a profanarle lasciandoci almeno questo: il diritto alle lacrime, al pianto. L'unico diritto senza conseguenze. Forse è proprio così che deve essere dato che le lacrime non sono un diritto ma una conseguenza. »
(dal romanzo Amore come pena)

Così scrivevo e pensavo un anno fa quando ho scritto questo romanzo. Nel frattempo ho saputo che il suddetto virus da queste parti si trasmette anche con le lacrime! Arrivato nei Balcani il virus sarà mutato in peggio, come tutte le cose brutte che arrivano qui.
Ela è sieropositiva. Ela è una bambina, fa le elementari. Era prima un problema medico, ma poi è diventata un problema sociale. Come pure un tema per i media così adatto a sviluppare il senso di ipocrisia fino all'assurdo da provocare la nausea. Ela non è diventata un problema perché sieropositiva. È diventata un caso mediatico e altro perché è orfana e perché non ha dei genitori attenti che saggiamente terrebbero nascosta l'esistenza di questo dannato virus alla società che a queste tre lettere reagisce come al... Non ho la forza per fare delle comparazioni. E poi, quale sarebbe quella migliore?
Ela non l'ho mai vista. Non l'hanno mostrata ai vari telegiornali che le hanno dedicato spazio. Ho visto solo aule vuote nelle quali Ela dovrebbe sedere con i compagni di classe mentre davanti c'erano i genitori degli altri bambini, che indignati accusavano lo stato di aver portato Ela nella loro cittadina pittoresca, irritati dalle aspettative di tutti per un'umanità che dovrebbero mostrare a scapito dei loro figli. I genitori sono specialmente irritati dai vari scienziati che cercano di fargli credere che il virus non rappresenta un pericolo per i loro bambini mentre loro, a differenza di tutti questi scienziati falliti, hanno saputo che si trasmette persino con le lacrime. E i bambini piangono, non è vero? Loro non hanno ancora imparato a nascondere le lacrime. Quando qualcosa gli fa male, lo dimostrano. Se hanno qualcuno a chi dimostrarlo.
Inutili tutti gli appelli delle autorità, della chiesa, venuti da tutte le parti, guarda caso, il giorno dell'iscrizione a scuola. Chi sa, forse pensavano davvero che in un solo giorno sarebbero riusciti a spezzare i pregiudizi accumulati tra la gente che guarda qualsiasi bambino con un handicap di qualsiasi tipo come una creatura di secondo ordine. Comunque sia, non sono riusciti a salvare Ela dall'esclusione dalla società. E le esclusioni da queste parti, su basi diverse, sono spesso il metodo preferito per mostrare cosa si pensa di chi è diverso.
Ela è una storia già vista. La stessa cosa le è capitata lo scorso anno scolastico in questo stesso stato, solamente in un'altra città. Siccome siamo conosciuti per la tolleranza verso le differenze, il caso dell'anno scorso è stato trattato come un'eccezione, e quest'anno è stata trovata una città che è stata dichiarata città amica di tutti i bambini del mondo. Eccetto Ela.
Bisogna dire che alcuni genitori hanno lasciato i propri figli in classe con Ela. Mi chiedo come se la passano questi genitori con il resto della maggioranza tollerante di quella città. Fino a quando resisteranno?* Persino i giovani di quella città hanno organizzato dimostrazioni a favore di Ela, ma chi ascolta i giovani?
In fondo, per non finire anch'io sui binari morti dell'ipocrisia, potrei capire il timore degli altri genitori:è così umano combattere per il bene dei propri figli! Ed è difficile metterci dei limiti, se si combatte in modo da dare anche a quel bambino la possibilità di diventare uomo un domani. Questo modo però ci pone una questione molto preoccupante: chi tollereranno domani i figli di quei genitori che oggi vuotano le aule di scuola?
Nel frattempo Ela non è più la notizia principale. Inizia la campagna elettorale. Ela è stata sostituita da numerosi politici di ogni provenienza che ci parlano di tolleranza, convivenza, multiculturalità... Dicono che sia l'unico modo per avere un futuro.
Ela piano piano se la stanno dimenticando. Come si dimenticano del fatto terribile che lei non è che una bambina, e già le è stato tolto il suo futuro. Facendo qualcosa o non facendo niente. Non c'è differenza.

* Ora (fine settembre 2003) è rimasto un solo bambino…

Drazan Gunjaca (1958, Sinj, Croazia) è autore di opere contro la guerra: il romanzo Congedi Balcanici (premio internazionale Satyagraha Riccione) e il dramma Roulette balcanica (targa del Parlamento europeo al concorso internazionale Anguillara Sabazia 2003, premio per il teatro al concorso Viaggio Infinito 2003; segnalazioni al premio Cesare Pavese-Mario Gori 2003, al premio Carver 2003, Convivio 2003).
Il racconto linkato qui sotto è realtà veramente accaduta. È una parte del IX capitolo del romanzo Amore come pena (la terza parte della trilogia "Congedi balcanici"). Si tratta della lettera di una splendida donna che durante i venti di guerra è fuggita da Sarajevo, con la quale l'Autore fu unito dal destino: "Sono molto legato a questa lettera – dice Drazan Gunjaca – mi è costata tante emozioni, ed ecco che prima della traduzione dell'intero romanzo (nei tempi futuri, migliori), vi mando una minima parte, ma molto importante. Quelli che hanno letto il romanzo Congedi balcanici riusciranno a comprenderla più facilmente, comunque questa lettera è una storia di vita particolare, che può funzionare autonomamente. L'ho intitolata LA STORIA DI TATJANA il nome di questo bellissimo personaggio femminile (che con la sua esistenza ha arricchito il romanzo anche in altri suoi capitoli). Vi auguro una piacevole lettura."
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LA STORIA DI TATJANA (brano del IX capitolo del romanzo Amore come pena, terza parte della trilogia "Congedi balcanici")
www.drazangunjaca.net/ljubavkaokazna/ITA_site/ITA_online.htm

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Siti interessanti

Primo festival della poesia giovane www.parcopoesia.it/parco.htm
Progetto Babele www.progettobabele.it/index.html
Atelier digilander.libero.it/atelierpoesia/indice.htm
Zibaldoni www.zibaldoni.it
Libro aperto edu.supereva.it/scuolaonline/index.html?p

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Concorso Pubblica con noi 2003

Art. 1 Fara Editore indice la II edizione del concorso Pubblica con noi. Sono previste due sezioni a tema libero:
sez. A. racconto o raccolta di racconti
sez B. silloge poetica
Art. 2 Le opere dovranno essere inviate entro il 31 ottobre 2003 a: Fara Editore via dei Martiri 5, 47900 Rimini (RN) accompagnate da dischetto; o preferibilmente al nostro indirizzo elettronico fara@kaleidon.it in un'unica copia. Per info: 0541-377660.
Art. 3 L'opera inviata (non più di una per autore) deve essere inedita (o comunque l'autore deve ancora detenerne i diritti; a tal fine l'autore deve dichiarare l'opera frutto della sua inventiva e di sua libera disponibilità) ed essere:
- per la sez A. tassativamente compresa fra un minimo di 50 cartelle (o 90.000 caratteri spazi inclusi) e un massimo di 70 cartelle (o 126.000 caratteri spazi inclusi);
- per la sez. B. comprendere un massimo di 50 poesie.
Art. 4 È richiesta una tassa di lettura di € 25,00 da inviarsi tramite assegno bancario non trasferibile o sul bollettino di c/c postale n. 14677470 intestato a Fara Editore di Alessandro Ramberti (nella causale specificare: Concorso Pubblica con noi 2003). La tassa dà diritto a ricevere Sogni d'emergenza.
Art. 5 L'autore dovrà allegare un breve curriculum vitae con indirizzo tradizionale, e-mail e recapito telefonico. Le opere non saranno restituite.
Art. 6 Premi. Il primo classificato della sez A. e il primo classificato della sez. B. verranno pubblicati a cura e a spese dell'editore, che si riserva interventi editoriali per eliminare eventuali ridondanze o materiale in eccesso. Gli autori pubblicati riceveranno 20 copie omaggio godendo dello sconto del 50% sulle altre copie della loro opera che volessero eventualmente acquistare. Ogni autore pubblicato riceverà un contratto di edizione che prevede la rinuncia al pagamento dei diritti d'autore relativamente alle prime 1.000 copie della sua opera effettivamente vendute.
Art. 7 Il giudizio verrà operato insindacabilmente dalla nostra qualificata giuria. I risultati verranno comunicati via posta elettronica a tutti i partecipanti (inutile contattare quindi l'editore prima della data indicata nell'Art. 8 qui sotto). Qualora si ritenesse non soddisfacente la quantità e/o la qualità delle opere pervenute, la pubblicazione premio potrà non aver luogo.
Art. 8 I risultati verranno comunicati ai partecipanti e agli organi di stampa entro il 31 dicembre 2003 e saranno pubblicizzati nel nostro sito www.kaleidon.it/fara e nel nostro bollettino culturale Faranews. I vincitori ed eventualmente altri autori selezionati riceveranno per posta i certificati di merito. Non è prevista una cerimonia di premiazione.
Art. 9 La partecipazione al concorso Pubblica con noi di Fara Editore implica di fatto l'accettazione di tutte le norme indicate nel presente bando.
Art. 10 Ai sensi della legge 96/675 i partecipanti al concorso consentono a Fara Editore il trattamento dei dati personali ai fini della gestione del premio e per comunicazioni editoriali. Resta inteso che potranno in ogni momento richiedere di essere cancellati dalla nostra banca dati.

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