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         FARANEWS 
  ISSN 15908585 
MENSILE DI 
  INFORMAZIONE CULTURALE 
  a cura di Fara Editore 
   
  1. Gennaio 2000 
   Uno strumento 
   
  2. Febbraio 2000 
  Alla scoperta dell'Africa  
    
  3. Marzo 2000 
  Il nuovo millennio ha bisogno di idee  
4. Aprile 2000 
  Se esiste un Dio giusto, perché il male?  
5. Maggio 2000 
  Il viaggio...  
   
  6. Giugno 2000 
  La realtà della realtà   
7. Luglio 2000 
  La "pace" dell'intelletuale  
8. Agosto 2000 
  Progetti di pace  
9. Settembre 2000 
  Il racconto fantastico 
10. Ottobre 2000 
  I pregi della sintesi  
11. Novembre 2000 
  Il mese del ricordo 
12. Dicembre 2000 
  La strada dell'anima 
13. Gennaio 2001 
  Fare il punto 
14. Febbraio 2001 
  Tessere storie 
15. Marzo 2001 
  La densità della parola 
16. Aprile 2001 
  Corpo e inchiostro 
17. Maggio 2001  
  Specchi senza volto? 
18. Giugno 2001 
  Chi ha più fede? 
19. Luglio 2001 
  Il silenzio 
20. Agosto 2001 
  Sensi rivelati 
21. Settembre 2001 
  Accenti trasferibili? 
22. Ottobre 2001 
  Parole amicali 
23. Novembre 2001 
  Concorso IIIM: vincitori I ed. 
24. Dicembre 2001 
  Lettere e visioni 
25. Gennaio 2002 
  Terra/di/nessuno: vincitori I ed. 
26. Febbraio 2002 
  L'etica dello scrivere 
27. Marzo 2002 
  Le affinità elettive 
28. Aprile 2002 
  I verbi del guardare 
29. Maggio 2002 
  Le impronte delle parole 
30. Giugno 2002 
  La forza discreta della mitezza 
31. Luglio 2002 
  La terapia della scrittura 
32. Agosto 2002 
  Concorso IIIM: vincitori II ed. 
33. Settembre 2002 
  Parola e identità 
34. Ottobre 2002 
  Tracce ed orme 
35. Novembre 2002 
  I confini dell'Oceano 
36. Dicembre 2002 
  Finis terrae 
37. Gennaio 2003 
  Quodlibet? 
38. Febbraio 2003 
  No man's land 
39. Marzo 2003 
  Autori e amici 
40. Aprile 2003 
  Futuro presente 
41. Maggio 2003 
  Terra/di/nessuno: vincitori II ed. 
42. Giugno 2003 
  Poetica 
43. Luglio 2003 
  Esistono nuovi romanzieri? 
44. Agosto 2003 
  I vincitori del terzo Concorso IIIM 
45.Settembre 2003 
  Per i lettori stanchi 
46. Ottobre 2003 
  "Nuove" voci della poesia e senso del fare letterario 
47. Novembre 2003 
  Lettere vive 
48. Dicembre 2003 
  Scelte di vita 
49-50. Gennaio-Febbraio 2004 
  Pubblica con noi e altro 
51. Marzo 2004 
  Fra prosa e poesia 
52. Aprile 2004 
  Preghiere 
53. Maggio 2004 
  La strada ascetica 
54. Giugno 2004 
  Intercultura: un luogo comune? 
55. Luglio 2004 
  Prosapoetica "terra/di/nessuno" 2004 
56. Agosto 2004 
  Una estate vaga di senso 
57. Settembre2004 
  La politica non è solo economia 
58. Ottobre 2004 
  Varia umanità 
59. Novembre 2004 
  I vincitori del quarto Concorso IIIM 
60. Dicembre 2004 
  Epiloghi iniziali 
61. Gennaio 2005 
  Pubblica con noi 2004 
62. Febbraio 2005 
  In questo tempo misurato 
63. Marzo 2005 
  Concerto semplice 
64. Aprile 2005 
  Stanze e passi 
65. Maggio 2005 
  Il mare di Giona 
65.bis Maggio 2005 
  Una presenza 
66. Giugno 2005 
  Risultati del Concorso Prosapoetica 
67. Luglio 2005 
  Risvolti vitali 
68. Agosto 2005 
  Letteratura globale 
69. Settembre 2005 
  Parole in volo  
70. Ottobre 2005 
  Un tappo universale 
71. Novembre 2005 
  Fratello da sempre nell'andare 
72. Dicembre 2005 
  Noi siamo degli altri 
73. Gennario 2006 
  Un anno ricco di sguardi 
  Vincitori IV concorso Pubblica con noi 
74. Febbraio 2006 
  I morti guarderanno la strada 
75. Marzo 2006 
  L'ombra dietro le parole 
76. Aprile 2006 
  Lettori partecipi (il fuoco nella forma) 
77. Maggio 2006 
  "indecidibile santo, corrotto di vuoto" 
   
  78. Giugno 2006 
  Varco vitale 
79. Luglio 2006 
  “io ti voglio… prima che muoia / rendimi padre” ovvero 
  tempo, stabilità, “memoria” 
79.bis 
  I vincitori del concorso Prosapoetica 2006 
80. Agosto 2006 
  Personaggi o autori? 
81. Settembre 2006 
  Lessico o sintassi? 
82. Ottobre 2006 
  Rimescolando le forme del tempo  
83. Novembre 2006 
  Questa sì è poesia domestica 
84. Dicembre 2006 
  La poesia necessaria va oltre i sepolcri? 
85. Gennaio 2007 
  La parola mi ha scelto (e non viceversa) 
86. Febbraio 2007 
  Abbiamo creduto senza più sperare 
87. Marzo 2007 
  “Di sti tempi… na poesia / nunnu sai mai / quannu finiscia” 
88. Aprile 2007 
  La Bellezza del Sacrificio 
89. Maggio 2007 
  I vincitori del concorso Prosapoetica 2007 
90. Giugno 2007 
  “Solo facendo silenzio / capisco / le parole / giuste” 
91. Luglio 2007 
  La poesia come cura (oltre il sé verso il mondo e oltre) 
92. Agosto 2007 
  Versi accidentali 
93. Settembre 2007 
  Vita senza emozioni?  
94. Ottobre 2007 
  Ombre e radici, normalità e follia… 
95. Novembre 2007 
  I vincitori di Pubblica con noi 2007 e non solo 
96. Dicembre 2007 
  Il tragico del comico  
97. Gennaio 2008 
  Open year  
98. Febbraio 2008 
   
  Si vive di formule / oltre che di tempo 
99. Marzo 2008 
  Una croce trafitta d'amore  
 
 
 
			 
             
        
  
           
         
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         Numero 29 
          Maggio 2002 
        Editoriale: Le impronte 
          delle parole
        In questa uscita di maggio lasciamo parlare parole così 
          come sono state scelte dagli autori. Iniziamo con un racconto di Helene 
          Paraskeva scrittrice greca che vive in Italia dagli anni '70. Continuiamo 
          con un intervento di Corrado Giamboni relativo al II Forum 
          sulla Letteratura della Migrazione, con Medicina alternativa 
          (provocazione pacifica) di Paola Turroni e con alcuni Frammenti 
          di Ivan Boni. 
          La segnalazione di alcuni siti interessanti chiude 
          il numero. Buon 1° maggio! 
          
        Quella sera che il bacio 
          non era pneumatico 
          (di Helene Paraskeva) 
        - P-a-r-à-s-c-h-i-e-v-o-p-o-u-l-o-u? 
          - No, Paraskevopoùlou. 
          - Ah, P-a-r-a-s-c-h-e-v-o-p-o-ù-l-o-u! 
          - No, P-a-r-a-s- "K", con la cappa, -e-v-o-p-o-ù-l-o-u. 
           
          È una brutta lettera la cappa, malfamata. La cappa è cattiva. 
          È una lettera fetente che irrita, che dispone male. Mi presento già 
          con la fetenzia nel cognome.  
          - Ma, lei non è italiana!  
          - No, non sono italiana. 
          - Eh di dov'è? Russa? 
          - No! 
          - Polacca! 
          - No! 
          - Rumena! 
          - No! 
          Io sono straniera. Lui è del Comune. Un impiegato un po' vulnerabile 
          nei confronti del gentil sesso e disposto a fare il gioco "indovina-di-dove-sono". 
          Benevolo, tutto sommato. 
          - Va beh! Glielo dico: sono greca! 
          Eh, sì... ho bluffato. Sono straniera e mi presento così, 
          con un accento poco straniero, senza avvertire, vestiti decenti ma non 
          "top", capelli appena un po' rossicci, carnagione complessivamente 
          bianca con leggera tendenza olivastra, altezza medio-bassa, occhi scuri, 
          sedere meridionale portato con sobrietà.  
          È l'aspetto che inganna. Sembro, non sono italiana. Forse perché 
          greci ed italiani siamo "una faccia, una raccia (sic)"?  
          Imparo a tacere questultimo commento. È sgradevole. Il nordovest 
          piace. Il sudest irrita. Quasi quanto la "cappa".  
          - Nome di battesimo? 
          - Helene! 
          - Come?  
          - Helene! 
          - Ah, Elena! 
          - No, Helene! 
          - Diciamo Elena di Troia, per capirsi! 
          - No, di Sparta! 
          - Lasciamo stare i nazionalismi adesso!  
          - Ma Elena era di Sparta!  
          - Di Troia, di Troia! Dai retta a me, di Troia! 
          Di Troia, con l'acca davanti. Però l'acca non è affatto 
          come la cappa. Tra i due c'è un abisso. L'acca ha classe, come 
          l'hosteria, l'hotel. L'acca si muove con discrezione come l'habitat. 
          E è di buona famiglia, come l'humus, e soprattutto, sa 
          il suo posto, come l'harakiri. 
          - Però non è quello l'accento! Non va! 
          - Quale accento? 
          - Voi greci avete quell'accento... greco! Tu non ce l'hai!  
          Sospetti. Si impara a dare del "Lei" solo dai libri di grammatica. 
           
          - Quale accento? Comè questo accento? 
          - Quello vostro! 
          - Ho quello mio, non va bene? 
          - Eh, no! Quello vostro, quello pesante... 
          Ho un brutto carattere. Mi faccio prendere facilmente dalle emozioni. 
          Specialmente dalla rabbia. Sarà un difetto bizantino. NellOccidente 
          si sanno controllare. Faccio uno sforzo. Penso al mio interesse. Sono 
          nella ...esima Circoscrizione della capitale e ho fatto domanda per 
          un certificato. Mi controllo. Con difficoltà. 
          - Come è? Mi dia un aiuto... 
          - Come quello dei russi. 
          L'accento che hanno i russi quando parlano l'italiano lo posso solo 
          immaginare ma il certificato lo voglio. Mi butto. Russi, perdonatemi! 
          - Signore, noi grechi barliamo gosì. 
          Il viso del benevolo s'illumina. Finalmente.  
          - Brava! È così. 
          Torno a casa col certificato in borsa. È un documento prezioso.  
          - Comè è andata? 
          - Bene! 
          - Non hai litigato in Circoscrizione? 
          - No. Perché dovevo litigare? 
          - Perché ti conosco ormai. Quelli ti fanno una domanda e tu ti 
          arrabbi. Non hanno chiesto se sei rumena?  
          - No.  
          - Hai riempito bene il modulo? 
          - Sì. 
          - Non hai sbagliato qualche doppia consonante? 
          - No. Tutto OK. Si sono fatti vivi quelli dell'Albionica? 
          - No. A che ora dovevano venire? 
          - Mezz'ora fa. 
          - No. Non è venuto nessuno. 
          Ecco, il campanello! 
          - Non aprire che stanno girando i vu cumprà! Guarda prima! 
          Guardo dallo spioncino. Davanti alla porta c'è un uomo di colore. 
          C'è anche una giovane donna bruna. 
          - Chi è? 
          - Signora, siamo dell'Enciclopedia Albionica! 
          Apro la porta. 
          - Sono la Dottoressa Ciaculi, è lei la signora Paràskevopoulou? 
          - Paraskevopoùlou! Piacere, prego, entrate! 
          - Vi presento il Dottor Kenneth! 
          - Hullo! 
          - Hullo! 
          - Il Dottor Kenneth parla litaliano perfettamente. 
          - Piacere, Dr Kenneth! 
          - Piacere, Signora!  
          - Prego, accomodatevi!  
          Ci sediamo. Chi sa come si trova il Dottor Kenneth qui con la pelle 
          nera e la kappa nel cognome. 
          - Siete un po' in ritardo!  
          - Veramente no! Siamo venuti anche mezz'ora fa, abbiamo suonato, non 
          c'era nessuno!  
          Infatti, giravano i vu cumprà. 
          - Sì, ci scusino, eravamo fuori. Siamo appena rientrati. 
          - Non c'è problema. Il Dott. Kenneth vi illustrerà i vantaggi 
          che comporta l'acquisto della nostra Enciclopedia. 
          Il Dott. Kenneth ci sta illustrando i vantaggi dell'Enciclopedia in 
          italiano perfetto. Ho già deciso di acquistarla, quindi inutile 
          ascoltarne i vantaggi. Penso al coraggio che ha quest'uomo che va girando 
          illustrando i vantaggi dell'Albionica. Certo, è affiancato dalla 
          dottoressa Ciaculi. Il minimo, se vuole almeno farsi aprire la porta. 
          Chi può ispirare più fiducia della Dottoressa Ciaculi? 
          Rifletto sul Dott. Kenneth. 
          Esistono 3 tipi di stranieri: 
          1) Quelli immediatamente riconoscibili, vuoi dal colore della pelle, 
          dai tratti del viso, dai vestiti, o anche solo dall'espressione. 
          2) Quelli riconoscibili dall'accento. Si mimetizzano bene fra la popolazione 
          indigena; aspetto, vestiti, gesti, tutti giusti. Quando si esprimono, 
          però, ecco grammatica e fonetica che tradiscono prontamente. 
          3) Quelli riconoscibili solo dal nome. Ci vogliono anni. Il colore della 
          pelle è quello giusto, i gesti, i vestiti giusti, persino la 
          grammatica e la pronuncia sono quelle giuste... o quasi... Condizionali, 
          passati remoti, congiuntivi... e persino le doppie consonanti... 
          Ma quando si arriva al nome... ecco che si svela l'inganno!  
          Il primo tipo è lo straniero "par excellence". Ha licenza 
          di sbagliare tutto, deve sorridere, comprare e pagare. Pagare. Reclamare 
          poco, perché tanto nessuno lo prende sul serio. E pagare. Questa 
          prima categoria si trova nei pressi dei monumenti, nei musei, ristoranti, 
           
          banche, supermercati, negozi, piazze, bar e per le strade. E deve pagare. 
          Altrimenti è un morto. Un morto di fame. 
          La seconda categoria può circolare anche nelle biblioteche, scuole, 
          università, negozi per indigeni, come ad esempio il fruttivendolo 
          del quartiere, ecc. Non deve reclamare, altrimenti "tornatene-nel-paesaccio-tuo" 
          e deve pagare. 
          La terza categoria può circolare liberamente ovunque, o quasi. 
          Può perfino compiere visite nelle abitazioni private, se è 
          stato debitamente invitato, naturalmente. Gli conviene reclamare poco, 
          perché, se si emoziona, rischia la retrocessione nella seconda 
          categoria, o perfino nella prima. E anche questa categoria deve pagare. 
           
          Tuttavia, per poter raggiungere tanta perfezione ci vogliono anni e 
          per vivere tanti anni bisogna nutrirsi e per nutrirsi bisogna trovare 
          un'occupazione e l'occupazione qui già per gli indigeni è 
          un privilegio.  
          Quindi, se questo tipo di straniero si trova a competere nei posti di 
          lavoro con gli indigeni, lo fa a suo rischio e pericolo. 
          E allora, chi sa come se la passa il Dottor Kenneth, qui in Italia. 
          Il Dottor Kenneth appartiene alla prima categoria. Parla e si veste 
          come quelli della seconda e si comporta come quelli della terza. Vorrei 
          rivolgergli la fatidica domanda "Come si trova in Italia?" 
           
          Voglio vedere come se la cava. Arrossisce?  
          L'affare è concluso. Acquisto l'Enciclopedia Albionica. Pago 
          subito l'acconto. Saluti!  
           
          - Dai, vèstiti che dobbiamo andare! 
          - Dove? 
          - Dai Foscati. Non te l'avevo detto? Ci aspettano per cena. 
          - Che palle! Fai amicizie, visite, cene, pranzi, rapporti, e poi litighi. 
          - Sono fatta così! 
          - Già! 
           
          In macchina le ultime raccomandazioni. 
          - Guarda, se ti chiedono dove ci siamo conosciuti, non cominciare con 
          quella tua ultima trovata, perché mi alzo e me ne vado. 
          - Quale trovata?  
          - Quella dei volumi. 
          - Quella che prevede la risposta che ho scritto quattro volumi sulla 
          mia vita che possono consultare gratis? 
          - Sì, quella stronzata. 
          - Ma rende l'idea. 
          - Quale idea?  
          - Che non ho voglia di raccontare la mia vita privata. Dove ci siamo 
          conosciuti... in Canada, in Alaska, a Canicatì, che importanza 
          ha? Ci siamo conosciuti, innamorati, sposati. Che vuol dire? 
          - La gente te lo chiede tanto per dire qualche cosa, per fare conversazione, 
          non ha intenzioni recondite. 
          - E io per fare conversazione rispondo che ho scritto quattro volumi 
          sulla mia vita. Il primo sulla mia infanzia, il secondo contiene adolescenza 
          e maturità e gli ultimi tre la mia vita sessuale. Non è 
          ancora unopera completa ma la posso prestare. 
          - Guarda che non fai ridere. Sei spocchiosa. 
          - Comunque, non credo che i Foscati faranno mai queste domande. Sono 
          di mondo, sono colti, hanno viaggiato... Vedrai... 
          - Sai che c'è stasera in TV? I Blues Brothers! 
          - Ma l'abbiamo visto tre volte! 
          - Eh, non ti piace? Hai sempre detto che ti piace! 
           
          Siamo già arrivati dai Foscati. Quartiere residenziale, piano 
          attico. Prima di entrare, ipotizzo: e se fossi nera? Se fossi gialla? 
          Se fossi brasiliana, tutta fuoco, ritmo e curve? E se fossi indiana, 
          con un punto rosso disegnato tra le sopracciglia? Se fossi russa, con 
          quell'accento pesante? Oppure rumena? E se fossi aborigena? 
          Ci apre la Filippina. 
          - Buonasera! 
          - Buonasera! 
          Anna Foscati mi abbraccia, le sue guance sfiorano le mie, prima a destra, 
          poi a sinistra. È il bacio. Il bacio pneumatico... Eppure ha 
          una sua funzione precisa. Non ti va di baciare una persona. E allora, 
          come fai a esprimere l'affettuosità che non c'è? Salti 
          il bacio? No. Fai la finta, il bacio pneumatico. Sfiori a destra, sfiori 
          a sinistra. Baci per aria. Smack! Ci siamo baciate. Bacio pneumatico. 
          - Venite. Vieni, Elen, ti faccio conoscere mio padre! 
          Comincio a intuire il motivo dell'invito... 
          Reduce della guerra, scommetto. Prigioniero. Africa, o peggio ancora, 
          Albania. 
          - Papà ti presento la mia amica, Elen! È greca! 
          Alto, naso lungo, fiero, capelli bianchi. Ha più di settantanni 
          ed uno sguardo da quindicenne insoddisfatto. 
          - Dottor Foscati, come sta? 
          - L'ho capito subito che è greca. 
          - Da che cosa?  
          Ma perché non sto zitta? 
          - Dagli occhi! 
          - E come sono i miei occhi? 
          - Come quelli di una greca! 
          Se invece avessi chiesto come sono gli occhi di una greca, mi avrebbe 
          risposto "come i tuoi". Si prospetta una serata di revival-intrattenimento... 
          - Papà ha fatto la guerra in Grecia!  
          Ecco! 
          - Ero giovane ufficiale ad Atene. 
          E che mi frega? Io sono nata dopo e la guerra e l'ho studiata anche 
          male. Capitava sempre alla fine dell'anno scolastico, quando eravamo 
          "indietro col programma". E, sinceramente, non me ne importa 
          nulla della guerra. Sono nostalgica dei Beatles e dei Rolling Stones. 
          La melodia mi fa venire i foruncoli e solo il rock mi parla nel cuore. 
          E non mi va la rivisitazione dei anni di Guerra glorificati dal quindicenne 
          e dalle sue rughe. 
          Sorrido in modo levantino ma qui non frego nessuno. 
          - Siete birichine voi greche, eh? 
          Adesso devo decidere se sorridere alla Melina Mercouri o alla Irene 
          Pàpas. Opto per la Mercouri, sembrava più birichina, la 
          buonanima. Sì, è Merkouri con la kappa. Allora si spiegherebbe 
          tutto. 
          - Papà, al telefono! Vieni con me, Elen, ti faccio vedere la 
          casa. Lo so che Papà ti ha già affascinato. Ce l'avrai 
          tutto per te, dopo. 
          Ne sono entusiasta.  
          I quadri sulle pareti sono da catalogo Bolaffi. I mobili antichi. C'è 
          anche qualche tavolino post-moderno, rigorosamente firmato, però. 
          Un vecchio inginocchiatoio in camera da letto fa da contrappeso alle 
          mattonelle rugose che trasudano peccato nel bagno.  
          - Quest'anno siamo stati a Skiathos. 
          Anche Skiathos ha la kappa.  
          - Ah, com'era? Non ci sono mai stata! 
          - Bella, bellissima! 
          - Beh, tipica isola greca. 
          Il marito di Anna è più scettico, ho capito. 
          - A mio marito era piaciuta di più Creta. 
          - Almeno lì non ti fanno quella schifezza che poi chiamano caffè 
          espresso! 
          Da lontano scorgo lo sguardo del coniuge. I Blues Brothers, eh? 
          - Che c'entra! 
          Anna Foscati è più tollerante del marito. 
          - Se è per questo, neanche gli spaghetti... 
          Voglio provocare. 
          - Scommetto che erano scotti, vero? 
          Il marito ci casca. 
          - Te lo posso dire? Facevano schifo! 
          - Però ci è piaciuto la moussàka! 
          - Correggo. 
          - Il moussakàs.  
          Ecco, anche il moussakàs è farcito di kappa. 
          - Tutti a tavola! 
          Circondiamo questa tavola. I posti assegnati in cripto. 
          - Sedetevi dove volete! Papà, mettiti vicino a Elen. Io mi siedo 
          alla sua sinistra. Lasciamo gli uomini da soli. Fate come volete! Eh? 
          No, io i formalismi non li sopporto! 
          Come i Blues Brothers nellepisodio del ristorante.  
          Giunge l'antipasto. Insalata di mare, come una breve poesia di Seferis. 
           
          Approda il primo; spaghetti ai frutti di mare, come una giornata di 
          luglio sullo scoglio quasi bianco, accanto a quellamore che ancora 
          non hai stretto fra le braccia. Innaffiato da uno Chardonnay Salaparuta. 
           
          - Beh, adesso, Elen, non me ne voglia, però la cucina italiana... 
          - Ah, sicuramente.. 
          - Beh, che c'entra! Ogni paese ha la sua cucina... 
          - La cucina greca è un po' povera... Per carità! Come 
          del resto la cucina pugliese o calabrese.  
          - È una cucina meridionale. 
          - Evviva La Magna Grecia!  
          - Certo, certo!  
          Il secondo è pesce spada alla brace, pescato dalle parti di Scilla 
          o di Cariddi. 
          - Il pesce però in Grecia costicchia un po', vero Elen?  
          - Ai miei tempi il pesce me lo regalava un pescatore, Sotirio, si chiamava. 
          Ecco l'insalata!! 
          - Ma perché voi greci l'insalata la mangiate tutti dallo stesso 
          piatto? 
          Perché siamo incivili, ecco perché. Non cambiamo il piatto 
          né le posate tra primo e secondo. Portiamo tutto a tavola e affondiamo 
          le forchette qua e là. Con un certo bizantinismo, poi, lasciamo 
          il bocconcino prelibato per ultimo e appena gli altri si distraggono... 
          Ciaff!!  
          Mi alzo. 
          - Scusatemi, vado un attimo in bagno. 
          Peccaminoso questo bagno. Saranno le mattonelle rugose ma firmate. Ti 
          riportano dritto nei bordelli dellanteguerra, quelli di Fellini. 
          Mi guardo allo specchio.  
          "Voi Greci!" Forse non è così? Il caffè 
          espresso è sempre buono in Grecia?  
          Gli spaghetti non sono scotti? Il moussakàs non nuota nell'olio? 
          Il pesce non costa troppo? Ad Atene non ci si ammala dallo smog? Non 
          affondiamo tutti le forchette nello stesso piatto d'insalata? La cucina 
          greca non è tipica di un paese povero?  
          Esco. Non faccio la maleducata. 
          A tavola siamo arrivati al dolce. La pastiera napoletana.  
          - Sai, la mamma di Dino è napoletana. 
          - La pastiera è unica.  
          - Elen, ma voi dove vi siete conosciuti? 
          - A Napoli. 
          - Davvero? 
          - Certo, a Napoli.  
          Il coniuge tenta il salvataggio. 
          - Non le ricordate quelle nefandezze!  
          - Ma dai, che nefandezze! Scommetto che è una storia romantica. 
          Come Ercole davanti al bivio, ecco due strade davanti a me: quella della 
          virtù che mi indica di raccontare l'inizio della nostra storia 
          insistendo sui dettagli romantici che fanno atmosfera, come la visita 
          da un amico comune ricoverato all'ospedale, un cono gelato, un fazzoletto 
          prestato, una partenza, la lunga corrispondenza, ecc., ecc.  
          La strada del vizio mi porta alla risposta dei quattro volumi.  
          - Raccontala tu la nostra storia, dai! Guardate che come la racconta 
          lui... 
          - Io... lo sapevate che durante quegli anni... io conobbi una bellissima 
          ragazza greca? Si chiamava Pòpi... Occhi neri, una treccia nera, 
          lunga fino alle ginocchia, un naso dritto come una statua greca. Sì, 
          la chiamavano Pòpi. 
          Grazie, grazie, giovane ufficiale! 
          - E lei se ne innamorò? 
          - Papà!!  
          - Beh, era una ragazza gradevole... Lei veniva, portava via la biancheria 
          sporca... Ma sa... Era pure sposata. Aveva il marito prigioniero... 
          e... un bambino piccolo. Era una disgraziata, poverina... Chi sa che 
          fine avrà fatto... Ma non potevo mica approfittare?  
          Mi guarda il quindicenne.  
          - Venga, le faccio vedere qualche fotografia di quei tempi... 
          Seguo il quindicenne nel suo studio. Meglio le sue vecchie fotografie 
          che il video delle vacanze in topless a Skiathos. 
          Ci sediamo l'uno accanto all'altra e tira fuori qualche fotografia giallastra. 
           
          - Io sono quello davanti. Popi abitava là dietro. 
          Era alto, bello e strafottente, tipo Me ne frego!. Un invasore 
          sadico, ironico, caldo. 
          Sì, mi piace questo racconto della guerra
 
          - Lei era un bell'uomo... 
          - Eh, ma sa, io con Pòpi ci sono andato a letto, come dite voi 
          giovani, ma come faccio a dire certe cose a mia figlia... Con Pòpi 
          era un'altra cosa... Sa, mia moglie, la buonanima... era una santa! 
          - Per carità! E come è andata a finire? Perché 
          non siete scappati insieme? 
          - Voi giovani! Intanto lei aveva un figlioletto, poi era di origini 
          umili... Adesso per voi è facile scappare... Vede, senza offesa, 
          lei piglia, parte, suo marito la sposa... così. Ai tempi nostri 
          queste cose non si facevano. 
          - Però a letto ci siete andati!  
          Risata impunita. 
          Anna Foscati entra. La sua serata ha avuto successo, dopotutto.  
          - Volete un amaro?  
          - Sì, grazie! 
          Beviamo l'amaro. 
          - Papà sta facendo vedere le sue fotografie, vero?  
          - Sì, un bell'uomo! 
          - Eh, lo so, ma ora si deve dare una calmata. Vero Papà? 
          L'adolescente di casa mi prende per mano e mi avvolge fra le sue braccia 
          di pelle invecchiata, tremolante. Lo seguo nei passi del waltzer cantato. 
          Cosa centra il Danubio Blu col fantasma di Pòpi? Il coniuge 
          ride, "L'abbiamo scampata bene, stasera" pensa. Forse è 
          vero. Siamo già nella seconda giravolta. 
          - Elèni, echeis ta màtia tis Pòpis. 
          Ho gli occhi di Pòpi, certo. Allora quella frase-trannello allinizio 
          era la nostalgia per gli occhi di Pòpi... 
          Eh, beh? Io non ho diritto alla mia bella porzione di pregiudizi?  
          Applausi. Buonanotte. Sorrisi. Promesse di andare in Grecia insieme. 
          Sfioramenti di guance.  
          E quando tocca a me, bacio l'arida guancia del quindicenne, non per 
          finta, un bacio vero. 
          - Ghiàsou, Pòpi! 
          - Ghiàsou! 
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        Gli scrittori del doppio 
          sguardo 
          (di Corrado Giamboni, 
          vicepresidente dell'associazione Eks&Tra, 
          una versione più estesa di questo articolo apparirà prossimamente 
          nella rivista dei dehoniani «Settimana») 
        "Centocinquanta nazionalità diverse presenti 
          in Italia ci mettono di fronte al fatto che gli immigrati costituiscono 
          oggi per questo paese non solamente una forza lavoro, ma anche una risorsa 
          culturale. E tempo che la letteratura d'immigrazione entri nelle 
          antologie scolastiche, perché noi siamo a tutti gli effetti produttori 
          di letteratura italiana. Siamo immersi nella vostra cultura, che è 
          diventata anche la nostra, e contribuiamo anche noi, in quello che si 
          presenta per forza di cose come uno scambio, a modificarla e a plasmarla. 
          La nostra scrittura presenta caratteri che la vostra non ha più 
          o va perdendo: una maggiore ampiezza di sguardo per esempio, e una maggiore 
          urgenza sulle domande ultime. La scrittura occidentale, quella del Primo 
          Mondo, tende probabilmente ad una cura formale maggiore, ma si riduce 
          troppo spesso ad un minimalismo esasperato. Ecco una 
          delle differenze della nostra scrittura, che però si innesta 
          a pieno titolo 
          nella vostra." 
        "Forse, più esattamente, c'è una maggiore 
          presa di responsabilità per gli scrittori immigrati, che si sentono 
          investiti di una missione: scrivere 
          anche per il proprio paese, per la propria gente, e non solo per se 
          stessi. Gli scrittori occidentali raramente hanno questa urgenza oggi." 
          È uno scambio di battute avvenuto fra Gezim 
          Hajdari, poeta albanese, e Tahar 
          Lamri, scrittore algerino, durante l'incontro con altri dieci 
          scrittori di origine straniera e con la cittadinanza mantovana, avvenuto 
          lo scorso 6 aprile al II Forum sulla Letteratura della Migrazione 
          organizzato dal Centro di Educazione Interculturale della Provincia 
          di Mantova e dall'associazione interculturale Eks&Tra. 
        Elogio della contaminazione
        Il Forum è stato pensato in due successivi incontri 
          pomeridiani. Al primo, dedicato al tema L'esperianza della letteratura 
          della migrazione nelle scuole, hanno preso parte: il poeta Gezim 
          Hajdari, il primo albanese a prendere la cittadinanza onoraria della 
          città di Frosinone per motivi letterari; lo scrittore algerino 
          di teatro Tahar Lamri, che era stato il giorno prima nella scuola media 
          di Porto mantovano a rappresentare il suo spettacolo "Pellegrinaggio 
          della voce" in un misto di italiano, arabo e dialetto mantovano, 
          preparato e rappresentato con la collaborazione degli studenti, secondo 
          una formula che Lamri ha già proposto diverse altre volte nelle 
          scuole; il professore universitario di letteratura italiana Serge Vanvolsem 
          dell'università di Lovanio, esperto in letteratura italiana della 
          migrazione - non dimentichiamoci che siamo stati fino all'altro ieri 
          emigranti e che esistono tanti italiani all'estero quanti ce ne sono 
          nel 
          nostro paese; la scrittrice cambogiana Fatima Ahmed, fuggita negli anni 
          Settanta al feroce regime di Pol Pot e ricostruitasi una vita in Italia; 
          la poetessa brasiliana Rosana Crispim da Costa; lo scrittore siriano 
          Yousef Wakkas. Quest'ultimo non ha potuto raggiungere gli altri scrittori 
          essendo ancora in carcere a Busto Arsizio. Ha fatto però pervenire 
          una bella relazione che è stata letta da Roberta 
          Sangiorgi, presidente dell'associazione Eks&Tra ("Pur essendo 
          in carcere mi sento più libero, perché sono sicuro che 
          da qualche parte c'è sempre qualcuno che leggerà le mie 
          parole"). Yousef Wakkas è in contatto epistolare con diverse 
          scuole italiane, e recentissimamente è uscito il suo libro "Fogli 
          sbarrati" (ed. Eks&Tra, 
          2002), che dipinge la vita "surreale e reale" del carcere 
          con pennellate nette e intrise di ironia. Il libro di Wakkas è 
          stato presentato in anteprima al Forum e letto dagli attori del Teatro 
          della Centena di Rimini. 
        Ad altre notivà librarie è stato dedicato 
          il secondo incontro del 
          pomeriggio, avente per titolo Letteratura della migrazione: presentazione 
          delle ultime novità letterarie alla presenza degli autori. 
          All'incontro hanno partecipato altri scrittori conosciuti nelle scuole 
          grazie alle attività degli ultimi quattro anni collegate con 
          il Concorso letterario per scrittori migranti Eks&Tra. Essi sono 
          lo scrittore senegalese Saidou Moussa Ba; la scrittrice italiana d'Eritrea 
          Erminia dell'Oro, la prima a parlare della nostra esperienza postcoloniale, 
          e che conosce bene Mantova anche per esservi stata come ospite del Festivaletteratura; 
          lo scrittore arbresh (italiano di minoranza albanese) Carmine Abate 
          e lo scrittore di origine congolese Jadelin Mabiala Gangbo. Questi ultimi 
          rappresentano due interessanti casi letterari, avendo pubblicato il 
          primo con Mondadori il romanzo "Tra due mari" e il secondo 
          con Feltrinelli "Rometta e Giulieo", una storia interculturale 
          tra due giovani che hanno difficoltà ad incontrarsi, ambientata 
          nella Bologna dei nostri giorni - Gangbo è bolognesissimo, nonostante 
          il look rasta. Anche i grandi editori quindi si occupano di letteratura 
          della migrazione, una letteratura dai toni nuovi, che racchiude in sé 
          la ricchezza del "doppio sguardo"di quelli che provengono 
          da culture diverse.  
          Del "doppio sguardo" ha parlato Carmine Abate sottolineando 
          la ricchezza e la libertà, ma anche la vulnerabilità e 
          lo spaesamento profondo di chi proviene da un luogo altro e che in ogni 
          momento deve fare i conti con la realtà da un punto di osservazione 
          privilegiato perché neutrale, ma per forza di cose più 
          esposto, meno riparato da schermi culturali ritenuti ovvi.  
          "Territorio di nessuno" l'ha definito Jadelin Mabiala Gangbo, 
          ed è una situazione esistenziale che permane costante, indelebile. 
           
          La poetessa brasiliana Rosana 
          Crispim da Costa ha parlato del valore della contaminazione culturale. 
          Contaminazione come contrario della purezza. In ambito culturale ed 
          etnico la contaminazione è un rischio - inevitabile oggi, malgrado 
          i timori, le paure, i rigurgiti storici che essa comporta - ma gli esiti 
          che essa può permettere sono inediti, e d'altra parte la storia 
          ci insegna che la ricerca della purezza culturale ed etnica ha avuto 
          esiti troppo terribili e troppo vicini a noi. 
          Nel paese che ha più anziani al mondo gli immigrati rappresentano 
          dunque un'insostituibile risorsa previdenziale, ma non solo: essi sono 
          anche una risorsa culturale. La loro accettazione, come l'esperianza 
          mantovana cerca di insegnare, passa anche e soprattutto attraverso la 
          scuola, che può contribuire a sgomberare le strade al formarsi 
          dei pregiudizi e dei razzismi. 
         
        Torna all'inizio 
        Medicina alternativa 
          (di Paola Turroni) 
        A volte può bastare la consapevolezza del linguaggio 
          per agire con consapevolezza. 
          Prendendo spunto dalla terminologia usata dalla Nato durante la Guerra 
          del 1999 in Kosovo, e sapendo che molte guerre di questi anni si assomigliano 
          nella loro pretesa di fare la pace, proviamo ad allargare la metafora 
          fino alle estreme conseguenze, e dimostrare così lassurdità 
          di quella scelta provando a seguire la sua logica.  
          I medici del Grande Ospedale, consultandosi col Primario, hanno deciso 
          il farmaco della cura. È sufficiente che apriate una qualunque 
          confezione di medicine che avete in casa e sostituite qualche parola, 
          otterrete un metodo di cura universalmente riconosciuto. É opportuno 
          tenere conto dellopinione del Medico di famiglia, che comunque 
          appoggia sempre la Terapia prescelta. 
          Leggere attentamente il volantino illustrativo allinterno della 
          confezione. 
        Composizione 
          CF  18, Tornado, F  16, B 52, Harrier, Cruise, Tomahawk, 
          B  1 Lancer, Apaches, F  15 C, F  117, A  10, 
          Stealth, Prowler, cbu  97 Sfw, Blu  108. 
        Forma farmaceutica e confezione  
          Aerei dattacco e aerei cisterna, bombardieri, cacciabombardieri 
          invisibili, bombe e missili, portaerei, caccia, caccia anti-tank. 
        Categoria farmaco-terapeutica 
          Ottenere la pace. 
        Titolare 
          Nato. 
        Produttore 
          Nato. 
        Indicazioni terapeutiche 
          Fare la guerra. 
        Opportune precauzioni per l'uso 
          Aumentare sempre più la dose fino alleliminazione del 
          sintomo.  
          Qualora il sintomo persistesse consultare il medico, il quale potrà 
          prescrivere una ricetta ripetibile, previa applicazione dellapposito 
          timbro del farmacista di fiducia. 
        Interazione con altri farmaci 
          Evitare di assumere altri farmaci, o provare altre terapie e analizzare 
          altre cause, durante la somministrazione del medicinale prescritto. 
        Posologia modo e via di somministrazione 
          Bombardare a tappeto qualunque obiettivo, minare le possibili zone in 
          cui il virus potrebbe insediarsi. Continuare la cura con costanza, partendo 
          dallalto ed evitando contatti diretti con le zone malate. 
        Interruzione della terapia 
          Leliminazione del sintomo coincide con leliminazione dei 
          fattori patogeni e del corpo infetto, ma non bisogna interrompere la 
          cura se la terapia non ha efficacia, perché risulterebbe invalidabile 
          la prescrizione, e incompetenti i medici curanti. 
        Modalità d'intervento in caso di dose eccessiva 
          Non esiste la possibilità di unassunzione eccessiva del 
          farmaco, consigliato proprio per la sua utilizzabilità indiscriminata. 
          Nel caso in cui dovrete continuare ad assumere il farmaco per insufficienti 
          capacità di reazione, e per il deperimento della malattia, i 
          medici possono individuare infermieri adatti al caso tra chi vi è 
          vicino, e spesso causa la malattia stessa. 
        Effetti collaterali 
          Morte di innocenti. 
        Avvertenza 
          Tenere il medicinale fuori dalla portata dei bambini. 
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        Frammenti 
          (di Ivan Boni) 
        È una vita semplice, non complicata, che ama rincorrere 
          le siepi e gli arbusti, nel loro movimento misurato di crescita e sviluppo. 
          Non ho avuto l'occasione mai, nemmeno in momenti di intimità 
          e compiacenza, di interrogarlo sulle sue intenzioni, come sempre eccessive 
          e prevedibili; un giorno però mi rimase appresso, guardandomi 
          dal basso e cominciando con un sospiro cercò di comunicare una 
          parola, evidentemente una soltanto poiché le sue labbra possedevano 
          un ritmo costante e ripetuto. Il suo era un linguaggio privo di suoni, 
          espresso con gesti che desideravano orchestrare le voci del silenzio. 
          Lo raccolsi, era talmente piccolo da stringersi acquattato nel palmo 
          della mano, e presi a tastarlo con i polpastrelli. La forma era sferica 
          e, se pur mutevole di variazioni di spessore e densità, conservava 
          il gusto acre della commiserazione. Anche questa volta non comprendendo 
          lo gettai poco distante, come se si trattasse di un ardito sortilegio 
          della memoria. (15 luglio 2000) 
        La tua voce mi giunge un poco strusciata, avverto delle 
          insolite pieghe, dei ritorni di senso, che possono pure, questo è 
          vero, alleggerire la distanza che ancora ci separa; eppure diffido della 
          tonalità variata, ridotta ad essere compendio, soluzione imprecisa 
          del ricordo. L'amore, così come è puro e determinabile, 
          appare nudo, odoroso e con un canto che sale nell'armonia della tensione. 
          Questo giorno dovrà essere sensuale. (14 febbraio 1996) 
        Desideravo conoscere con esattezza i suoi colori ed il 
          suo profumo; mi avvicinavo a lei spesso nel timore di vedere respinto 
          il mio sguardo, così, a volte, pur vedendola poco distante, preferivo 
          smarrirmi nella direzione opposta. Quel rifiuto, in seguito, avrebbe 
          riprodotto nella notte una prole di sensazioni ed immagini in tutto 
          somiglianti a lei, o forse con alcune differenze, credo imperfezioni, 
          che però altro non facevano che renderle più preziose. 
          (24 novembre 1996) 
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         Siti interessanti 
        Romanzi di Finisterre www.humnet.unipi.it/ital/casadei/Romanzi.htm 
          Future letture www.futureletture.com/futureletture.htm 
          Lettori creativiwww.lettoricreativi.com/presentazione.htm 
          Europa e cultura http://europa.eu.int/comm/culture/index_it.htm 
          Camera www.camera.it/index.asp?content=deputati/composizione 
          Antonio Spadaro www.antoniospadaro.net/ 
          Khalil Gibran www.library.cornell.edu/colldev/mideast/gibrn.htm 
          Convenzione nazionale per la pace conviviodeipopoli.it 
          I diari della Sacher www.archiviodiari.it/sacher.html 
         
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