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AA. VV. Le voci dell'arcobaleno

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Su Pietrisco

di Vincenzo D'Alessio

L'inesorabile ricerca di A. Ramberti ha dato alla raccolta poetica Pietrisco: strada ardua da seguire e quasi impraticabile per l'avvenire. Ardua perché c'è tutto il sapere volontario che la parola, il sintagma, ha assunto mediante la lima degli anni nella mente del poeta. Impraticabile per l'avvenire, come le punte acuminate del pietrisco, da parte di chi non è in grado di accettare con "fede" l'armonia nuova che regna nel verso e l'atto unico verso il Signore della vita, nato dal "verbo".
Gerusalemme, scrive il nostro, città santa, quanto fai penare per raggiungerti, città di tutte le città passate e presenti nel nostro cosmo, la stessa sublime ricerca che si pose Dante Alighieri con le sue opere quasi mille anni da oggi.
Ramberti utilizza una forza centripeta di ricerca che immette la mente del lettore in un labirinto ossimorico, capace di avvinghiarlo ad una lettura mentale attenta e non esaustiva, e lo invoglia a ripetere a fior di labbra tutta la filosofia dell'essere che si frantuma in milioni di particelle che si dispongono a chiederti "forza" per accettarle: "vorrei parlare al mondo fuori / ma modulo di spine il filo / del discorso (…) escono / a recitare i loro passi / alcuni sono belli altri parafrasi" (p. 15).
Sovente il poeta ripete: "Ho una fotografia / Ho poco sapere / Ho fatto male / Ho il ginocchio / Ho anche fatto / Ho fredda musica / Ho costeggiato / Ho un vocabolario" ma in realtà quello che si ha è solo l'incipit delle cose che si cercano, delle quali si sente "necessariamente" bisogno per scorporare finalmente lo spirito dalla carne, raggiungere il sublime: "se non ci fosse questa storia, / risulterebbe gelido ogni nodo)." (p. 32).
Quante strade ha questa poetica rambertiana e quanta forza intende consolidare negli ascoltatori "pubblico distratto"?
A noi piace ritrovare la chiave di lettura in quei tenui visi dei "morti" che ci hanno preceduto, poeti più di molti, come quando invocando il Salmo 137 ripropone i versi stupendi del nostro nobel Quasimodo della poesia Alle fronde dei salici: "Sui pioppi del centro / avevamo appeso le nostre cetre" (p. 40).
Come hanno scritto i vari poeti nell'epilogie è questo un ponte sospinto verso nuove mete, nuovi "paradossi". Ci chiediamo quanto possa trovare posto un bellissima preghiera nelle fauci della violenza quotidiana: "Dimmi chi sei, ti prego, / dimmelo con coraggio e con dolcezza: / ti ascolterò come un discepolo il maestro / e poi sarò per te io stesso" (p. 38).
Quando arriverà alla risposta, il nostro, noi vorremmo essere lì.

Montoro Inferiore, febbraio 2006

per comunicazioni:
Vincenzo D'Alessio
via Sala 29 - S. Felice
83025 - Montoro Inferiore (AV)

 

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