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AA. VV. Le voci dell'arcobaleno

il manifesto


Togliersi il burqa dalla mente
Il razzismo verso una donna sposata con un iraniano. «Duemila e una Luna», le poesie di Lori Nocandi

di Francesco Mazzetta

L'autrice di Duemila e una luna (Fara, pp. 79, € 7), Lori Nocandi, "all'università ha incontrato un iraniano che sarebbe diventato suo marito. Hanno una figlia che studia Diplomazia Internazionale". Lori Nocandi nel libro racconta il proprio incontro tra occidente ed islam che nasce dall'amore e dal privato per trasformarsi dolorosamente in pubblico, in politico dopo l'11 settembre. Non si tratta però di una cronaca o di un diario ma di un narrare poetico che si muove prendendo a prestito il simbolo femminile della luna che osserva dall'alto - ma non da così in alto da essere irraggiungibile - i destini umani. La poesia serve all'autrice come strumento per trasformare il proprio vissuto in qualcosa di comunicabile. Il libro inizia con il marito fanciullo nella patria dei tappeti, amante della musica e del canto ma interdetto in queste innocue passioni dal nonno che il tempo aveva trasformato da giovane gaudente in vecchio bigotto. E la figura del nonno si trasfigura in quella dell'ayatollah Khomeini dopo la rivoluzione islamica in Iran. Dopo tale evento la terra natale del marito si allontana, si trasforma in una sorta di chimera per un uomo che nonostante tutto non vuole perdere la libertà. E neppure la Nocandi pensa mai d'indossare il burkah, anzi compie una riflessione intensa su come le libertà occidentali e l'autoritarismo islamico siano, per le donne, due facce della medesima medaglia, destinate entrambe a degenerare quando non trovano un qualche tipo d'accordo o di dialogo. Ma se la Nocandi non indossa il burkah in compenso vede intorno a sé molte altre donne col burkah nel cervello. Poi l'11 settembre e la rabbia e il razzismo che colpiscono anche lei perché suo marito è islamico anche se «una così brava persona». E' l'intervento rabbioso, di malriposto orgoglio, di un'altra donna, che la spinge a scrivere ad un giornale, a sfiorare la notorietà quando la invitano a dei talk show televisivi. Ma lei rifiuta di lasciarsi amalgamare al chiacchiericcio televisivo e preferisce scrivere. Scrivere di come non sia una donna speciale. Scrivere di come anche lei sia stata preoccupata perché la figlia usciva con un ragazzo marocchino, come lo sarebbero state tutte le altre madri della stessa Rimini perbene. Ma anche di come il pregiudizio possa essere sconfitto semplicemente vivendo, innamorandosi, parlando, mangiando, lavorando e respirando con gli altri. Abbassando il burkah che tanto le donne che gli uomini d'oriente e d'occidente indossano. Abbiamo bisogno di vivere assieme e di guardare al di là di barriere e steccati.

(il manifesto del 29 Giugno 2003, CULTURA, p. 13)

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