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AA. VV. Le voci dell'arcobaleno

Il nome di una privazione

recensione di Paola Castagna

Ritrovarmi fra le mani l’ennesimo libro di Borghi e non riuscire in nessun modo, anche sforzandomi, a non apprezzarlo profondamente. Diviene ormai per me un tentativo il trovarlo in “ fallo”.
Ennesima impresa fallita.
Daniele Borghi è scrittore vero, conosciuto prima da me come poeta e successivamente come narratore.
E quante le cose che ha da raccontare, tutte veritiere, reali, che puoi toccare con mano.
Dopo aver letto il suo Pinocchio non abita più qui gli chiesi di inviarmi il suo primo libro. Leggere i libri di Borghi mi porta a volerlo rileggere, di continuo per tutte le cose che a livello letterario sa trasmetterti.
È uno scrittore che si lascia leggere con la facilità, che si adopera nel bere un bicchiere d’acqua, ed è proprio questo il pregio maggiore che possiede.
La capacità di raccontarti la Vita sotto tutte le più svariate forme, colori e posizioni.
Il nome di una privazione pone l’accento su di una problematica di tale attualità da risultare ovvia e scontata.
Ma solo il nostro temerario scrittore sa osare tanto… quel di “più” che ai comuni mortali impedisce di essere se stessi.
Emerge sempre in Borghi il bisogno di dare, offrire un sapere lecito e importante.
Diviene il nostro Don Chiscotte, parte a me molto familiare: solo leggendolo puoi prenderlo per mano e capire della bellezza di cui la sua anima necessita.
Scrivendo spesso sulle tematiche di degrado, sia sociale che ambientale offre una poetica dell’anima cosi detta “pura”.
Diventare amico di un senzatetto, leggere le avventure interiori del nostro protagonista, è come uscire di casa e guardarsi attorno, scordandosi di dove abbiamo parcheggiato, vagando per i vicoli bui della nostra… coscienza.
E Daniele sa farci vedere quanto la coscienza individuale degli uomini sa essere sporca, insudiciata dai sistemi di massa, violentata nell’intimo che diviene terra di passaggio per i tanti.
Chi fra di noi, ed è una sfida che lancio, chi ripeto, sarebbe capace di aprire la propria casa, i propri spazi, la propria vita, donare in forma del tutto gratuita quel calore quotidiano che risulta sempre più scontato nel sopravvivere?
Daniele Borghi lo fa, ci dimostra la stupidità umana portandola ai limiti estremi, ma solo così la sua scrittura diviene imponente, grandiosa scorrendo come un fiume in primavera , quella stessa primavera che gli appartiene dentro.
Se non l’avete ancora letto, leggete Il nome di una privazione, e chiedetevi quanto torto riuscite a dare al protagonista che concentra la sua vita per salvare il corpo, l’anima di un perfetto sconosciuto portando sia lui stesso che il resto del mondo alla distruzione totale. Chiedetevi se per una buona causa non valga veramente la pena e… interroghiamoci sul nostro vivere.
La sfida sopra citata è aperta: attendo temerari più coraggiosi di me.

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