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AA. VV. Le voci dell'arcobaleno

Il tragediometro e altri racconti

Presentazione di Christiana de Caldas Brito
Libreria Odradek, Roma, giovedì 13 febbraio 2003


Nell'Italia multietnica del duemila, una brasiliana presenta una scrittrice greca. Come mai si sono incontrate?
Sono stati i libri a farle incontrare.
Una telefonata: un leggerissimo accento in un italiano perfetto. Era Helene Paraskeva. Aveva avuto il mio numero da Alessandro Ramberti, il suo attuale editore. Proprio con Alessandro, della Fara Editore, io avevo pubblicato, nel '95, il mio primo racconto in Italia.
Helene si interessava di progetti interculturali e m'invitava a presentare il mio libro di racconti, pubblicato nel '98, nell'l'Istituto Caetani di Roma, scuola dove lei insegnava, e tutt'ora insegna, lingua e letteratura inglese.
Fatto interessante: tre delle mie quattro cognate italiane, e anche mia nuora, molti anni dopo, avevano frequentato le Magistrali proprio all'Istituto dove Helene insegna oggi. Tra l'altro, la classe del Liceo Scientifico Augusto Righi, frequentato da mio marito, per un periodo si era trasferita all'Istituto Caetani e quindi anche mio marito in qualche modo è legato al posto dove Helene lavora oggi.
Io che avevo raccontato storie di donne con difficoltà nella propria affermazione, donne senza voce, capii, al telefono, che Helene era una donna la cui voce si faceva sentire.
Ci siamo conosciute in un pomeriggio del dicembre del '98, in mezzo agli allievi dell'Istituto che avevano messo in scena uno dei miei racconti, e in mezzo ai suoni della chitarra di un altro allievo che suonava musica brasiliana.
Ecco altri punti di unione fra Helene e me oltre i libri: il teatro e la musica.
L'incontro di quel giorno è stato pieno di entusiasmo. La parola entusiasmo ha un'origine greca, come Helene. Viene da enthusiasmós e significa essere pieni del dio (entheós). Conservo un bel ricordo di quell'occasione.
Un anno dopo, Helene mi richiama perché vuole presentare nella sua scuola lo spettacolo teatrale che avevo tratto dal mio racconto "Ana de Jesus".
Contatti telefonici, scambio di idee, molte risate: la brasiliana e la greca vanno d'accordo, si stimano a vicenda.
Il tempo passa. La giovane Michela Carpi, una delle fondatrici dell'Associazione Bombacarta, mi invita a condurre con lei un laboratorio di scrittura. Creiamo così un corso di scrittura autobiografica con lo scopo di trasformare in racconti gli eventi della propria vita.
Avevo letto on line qualche racconto di Helene. Telefono io a lei e le comunico del laboratorio. Forse conosce qualcuno che sia interessato.
Con grande sorpresa, nel giorno dell'inizio del laboratorio, si presenta Helene. No, non è venuta solo per sapere di che si tratta, come pensavo. Vuole partecipare agli incontri. Vuole seguire il laboratorio. La Professoressa Helene Paraskeva vuole essere allieva.
Gugenbuhl Craig, che per un periodo è stato Presidente della Società di Psicologia Analitica (psicologi junghiani), dice che un bravo insegnante per continuare ad esserlo deve mantenere vivo l'allievo dentro di sé.
Venendo a far parte del laboratorio di scrittura, Helene conferma l'osservazione dello psicoterapeuta junghiano. Sarà sempre una brava insegnante perché non ha perso il contatto con il bisogno di imparare.
Nel vero processo d'insegnamento - soprattutto quando si tratta di scrittura - non esiste una gerarchia, ma il corso è un per-corso da fare insieme, nella condivisione delle esperienze creative.
Rimango sorpresa dai racconti di Helene: maturi e ben costruiti. In uno dei nostri incontri del lunedì, le dico: "Helene, tu hai il raro dono dell'ironia, presente in tutto quello che scrivi."
I racconti di Helene, che ho la gioia di presentarvi oggi, fanno riflettere e ridere allo stesso tempo. A cominciare dal racconto "IL TRAGEDIOMETRO", uno strumento per misurare le nostre tragedie quotidiane...
In che consiste l'ironia di Helene? Nella sospensione di ogni affermazione, nel dire e nel negare quel che dice. È come se lei non scrivesse, ma svuotasse l'anima (con le sue contraddizioni) in parole. I suoi racconti raggiungono la loro pienezza grazie ai sentimenti svuotati. Sono dei veri e propri "acting out" letterari, delle emozioni non trattenute che straripano attraverso la scrittura.
Ho letto questo libro senza fermarmi. Credo che succederà lo stesso anche a voi. Helene trasforma i suoi lettori in quello che gli anglosassoni chiamano i "page turners", i divoratori di pagine.
Oltre all'ironia - e c'è anche un'ironia semantica in questo libro, un'ironia costruita sulle parole e sui suoni che formano le parole - direi che un'altra grande qualità della scrittura di Helene è il suo ritmo. Se i suoi racconti fossero delle macchine, avrebbero tutti una multa sul parabrezza: eccesso di velocità. Leggere "Il tragediometro" significa correre per afferrare le imprevedibili immagini di Helene.
L'introduzione di "Il tragediometro ed altri racconti" è musicale. Mi ha ricordato l'ultima scena del Fellini di "La dolce vita" in cui i vari personaggi danzano, uno dietro l'altro, in una spiaggia, vicino al mare. Così i racconti della Paraskeva, uno dietro l'altro, per le vie del quartiere, portati dalla musica di Gaitán.

Che cosa sono i racconti del TRAGEDIOMETRO?
Sono dei flash di vita quotidiana, senza eventi clamorosi: la scuola, il quartiere, il vicinato, una circoscrizione di Roma. Una donna, i suoi uomini, le sue lotte, la sua solitudine... Il gusto del momento. Le storie s'interrompono e tu, lettore, vorresti che continuassero. A differenza di Cenerentola, Helene lascia il ballo un po' prima della mezzanotte. I suoi personaggi non perdono le scarpe nel palazzo del Principe. Sei tu, lettore, a rimanere con la scarpa. Ti domandi: e adesso che il racconto è finito, che faccio con questa scarpa in mano? In quel momento, afferri la profondità del racconto.
Vi invito all'ascolto del racconto "Tempi illuminati", uno spot su un ricordo adolescenziale.

Domande rivolte alla scrittrice da parte di Christiana:
1. Ogni tanto s'intravede un "qui" e un "là" nelle tue storie. Nel racconto "Balanzà, l'acacia del tradimento" si legge:
"Col panama in testa, anche d'inverno, il vecchio si sedeva sotto l'ulivo e scriveva. Faceva i conti, si diceva. I conti di quello che aveva lasciato. Di quello che aveva perso nella fretta di svendere. Di quanto rendevano gli investimenti qui. Di tutto quello che avrebbe potuto possedere se fosse ancora rimasto ." (evidenziazione di Christiana).
Vorrei sapere se le tue storie sono un modo di mantenere viva in te la tua patria.
2. Ho notato molte metafore mitologiche nei tuoi racconti. La mitologia greca è la base dell'inconscio occidentale. Difatti, le storie mitologiche sono viste come delle proiezioni della psiche umana. In che modo la mitologia ha influenzato la creatività di una scrittrice come te, nata proprio ad Atene?

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