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Gianfranco Bertagni. Architetture Utopiche

Il libro

Un racconto inedito

Intervista a Fabrizio Bolivar
autore di Maledetta vita
vincitore della II edizione del concorso Pubblica con noi

Come sei venuto a conoscenza del nostro concorso e perché hai deciso di partecipare?
Ho saputo del concorso navigando in internet. Ecco, ho pensato mentre leggevo il regolamento, questo è il concorso che fa per me. Da un po' di tempo cercavo l'occasione giusta per spedire a qualcuno la raccolta di racconti "Maledetta vita che mi hai voltato le spalle", ma i concorsi letterari richiedono quasi sempre racconti singoli o romanzi. Sebbene i miei racconti siano slegati uno dall'altro, li ho sempre considerati un'opera unica. E allora quando ho letto del concorso Pubblica con noi non ho esitato nemmeno un attimo. Inoltre il premio in caso di vittoria sembrava decisamente interessante... La pubblicazione, per un autore completamente sconosciuto, penso sia il miglior riconoscimento possibile.

Che rapporto hai con la scrittura (scrivi abitualmente, in certe situazioni, quando capita, per te stesso, avendo in mente dei lettori…)?
Appena ho tempo, scrivo. Purtroppo non capita così spesso come vorrei, e allora mi limito ad annotarmi frasi o idee su un foglietto per poi riprenderle e approfondirle davanti ad un monitor alla prima occasione. Questa mancanza di regolarità nella scrittura forse è il motivo principale della mia predilezione per il racconto breve. I progetti ambiziosi richiedono decisamente una costanza maggiore. Per questo motivo sto cercando di crearmi gli spazi necessari per terminare il romanzo che ho iniziato a scrivere alcuni mesi fa. Scrivere mi diverte, e lo faccio unicamente per me stesso, anche se sono sempre molto curioso di sapere cosa pensano i lettori della mia scrittura e delle mie storie.

Come definiresti il tuo modo di scrivere, a quali autori ti senti particolarmente vicino?
Lo definirei vivace e diretto. Soprattutto perché la mia scrittura è fatta di frasi brevi, azioni e dialoghi. Nutro scarsa simpatia per le descrizioni particolareggiate. Mi soffermo solo sui dettagli che giudico significativi. Ma la cosa non è funzionale al racconto breve, è proprio il mio modo di scrivere che è così, anche nel racconto lungo.
Gli autori che preferisco sono Jerome K. Jerome, Charles Bukowski e John Fante. La cosa che secondo me li accomuna è l'ironia. Questo aspetto me li fa sentire vicini.

Quali libri ti hanno particolarmente segnato, credi ancora nel futuro del libro?
"Ad Ovest di Roma" di John Fante e "Post Office" di Charles Bukowski sono sicuramente tra i libri che mi hanno lasciato un segno.
Non ho mai avuto dubbi sul futuro del libro. Penso che il suo fascino lo salverà dagli attacchi della tecnologia.

Il libro contiene due opere diverse per genere: ti crea disagio essere accostato a un poeta?
Assolutamente nessun disagio. Secondo me le figure del narratore e del poeta non sono così distanti come qualcuno sostiene. Basti pensare al già citato Bukowski, autore di romanzi e racconti, ma soprattutto autore di moltissime poesie. Avere a che fare con le parole è sempre interessante e stimolante. Credo che condividere questa esperienza con un poeta darà ad entrambi un'importante opportunità di confronto.

(Fara Editore, gennaio 2004)

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