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AA. VV. Le voci dell'arcobaleno

il libro

Piccolo canzoniere di città

di Vincenzo D'Alessio

Milano, come spunto narrativo, presa in prestito come una corolla di racconti fortemente colmi di esistenza (calda come il colre giallo ricorrente) e autentici (come la maglietta con la scritta "Mobilificio Roxetti") regalati ai lettorin intenti al quotidiano viaggio in metropolitana, in quel grembo materno al quale rigorniamo "oggi come ieri".

Chi legge si impadronisce piano piano del linguaggio metabolico della Rosenberg attratto dalla cartina intrigante, dispiegata tra nomi propri di luoghi cittadini ed eventi umani, di una città delle città del mondo. Storie di personaggi, mimesi di animali quasi umani, succhiano l'attenzione di chi si è posto alla lettur di questo "canzoniere" proprio come fa la Morte che all'improvviso ti viene incontro e ti porge qualcosa dicendoti: "Hai dimenticato questo."
Per non dimenticare, forse per ricordare che pur viaggiando nel sottosuolo di una realtà senza molte emozioni, c'è in superficie una tentacolare identità urbana vestita di persone come Aldo, l'Elvira, gli zingari, i barboni, gli uomini buoni e quelli eccezionali, gli uomini che fingono una vita e quelli che la soffocano fuggendo nel buio: elemento permanente nei racconti ed identità dialettica tra senso onirico e metafisico, sostanza di un Dio "con le ali" conteso nel limite estremo dei pensieri uamni tra il "Lago Supremo", il "Confine Sud", "Il Campo dei Venti" e il mito terreno della velocità – meravigliosamente raccontato nell'episodio "La promessa".
Colori caldi. Frasi brevi. Incipit provocanti ad ogni racconto. Scrittura tersa, lucida, appassionata, mai disadorna di particolari e mai strabocchevole di parole inutili. Tutta la trama, nell'insieme dei racconti uniti alle poeise, spina dorsale di una involuzione verso una scrittura più ampia e decorosa, sostiene una vis poetica di estrema serenità per ,'Umanità dimenticata che nuota in ogni essere vivente capace, oppure impossibilitata ad esprimersi, con le parole che usano gli uomini.
Meravigliosamente umano, troppo umano possiamo dire parafrasando Nietzsche rivolte a quegli uomini "normali" che non sanno vivere. Affiancano il resoconto minimo di esistenze che deragliano come i tram e spariscono nel buio di cimiteri alieni.
Noi siamo lieti di leggere questi racconti. Nel contempo percepiamo tutta la vastità del dramma che si collega a questi frammenti "gialli" del perduto mondo di "Atlantide". Noi siamo muti come le lettere di un alfabeto sconosciuto se non ci sarà che, come la Rosenberg, farà rifiorire in un canzoniere questi segni che sembravano perduti.

Montoro Inferiore, febbraio 2005

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