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L'universo che sta sotto le parole
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AA. VV. Le voci dell'arcobaleno

 

Preghiera e poesia tutte al femminile

di Antonio Spadaro

(...) Eco della parola biblica
Il paradosso della memoria è un commentario poetico sulle Lettere di san Giovanni. Ardea Montebelli è anche fotografa e predilige il bianco e nero, cercando di sviluppare in immagini le stesse tematiche che propone nelle poesie. Da anni organizza letture di poesia in chiese e monasteri, collaborando con musicisti e pittori. Anche la plaquette che presentiamo è impreziosita da alcune immagini da lei scattate. Ma gli stessi versi sono fotografici: piccoli flash che spesso illuminano lasciando un'eco, un'ombra di luce negli occhi del lettore.
La Montebelli dà vita a un fecondo gioco di risonanze: la sua parola poetica è eco della parola biblica e, a sua volta, è in grado di dar vita a onde concentriche nel lettore: "Non speculazioni filosofiche o teologiche né pedanterie esegetiche, ma immagini capaci di penetrare m'onnipresenza del mistero, che rende possibile l'esserci e lo svolgersi delle cose", commenta Carlo Rusconi. La parola dunque assume pienamente il suo ruolo evocativo e si fa eco della parola di Dio. Nei versi della Montebelli solo questo ruolo di evocazione rende sensata (e dunque poetica) la parola. Ogni brano biblico nella plaquette ha la sua risonanza poetica, sin dal primo (1Gv 1,5-7) dove san Giovanni afferma che Dio è luce e che noi siamo in comunione gli uni con gli altri: "Ho sbirciato / i punti controversi / per vedere la luce / e uomini in cammino / con sguardo pensieroso / chiedersi / se sarà consentito / avanzare ipotesi / scambiarsi carezze / dare un'occhiata a questo mondo."

L'appello ai nervi (v. anche Intervista all'autrice)
I versi sono affilati e insieme corposi. Sono conreti, creaturali e anche carnali: "Ecco, un cuore nuovo / scuote i nervi e preme l'universo. / Oltre i monti gli alberi i fiumi / il sangue scorre più dolcemente / lascia orme di vecchi frammenti / persi ritrovati di nuovo persi". Ma proprio l'appello al cuore o all'anima o ai nervi, fanno penetrare le parole nell'interiorità e a essa parlano eloquentemente, anche assumendo i toni dell'evocazione o dell'invocazione. Nell'equilibrio tra concretezza e interiorità sta la forza e l'intensità dei versi della Montebelli. (...)
Il mistero non ha incidenza sull'astratto, ma sul concreto di una faccia (che è ben più plastica e materialedi un volto). La plasticità va ancora più a fondo: "Dove respiro penso mi affatico / amore penetra il mio sangue". Ha echi cateriniani questo accento posto sul sangue: "La parola / entra nel tuo sangue, / è intimo significato". L'incarnazione è la cifra radicale della parola della Montebelli. (...)

(in Vita Pastorale, n. 2/2003)

 

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