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L'universo che sta sotto le parole
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AA. VV. Dalla parte sbagliata

"Folìa è una comunità utopica arroccata sulle balze di un Appennino emiliano ormai spopolato a causa delle frane. A Folìa conducono i fili invisibili che uniscono vite apparentemente destinate a non incontrarsi mai (…)". Un altro bel libro di Paolo Galloni, che induce a una consapevolezza "globale", nei vari strati di un vivere ove tempi e spazi si comprimono e si dilatano nella ricerca di una "infinità" che va esplorata essenzialmente nel nostro essere, anche se gli scenari sono costituiti da una foresta amazzonica, da un impari conflitto tra una piccola comunità e una multinazionale, o dal mondo effimero di una chat room. Il fraseggui è breve, intenso, essenziale, proteso dritto verso "il cuore" . Le dimensioni esplorate e da esplorare sono molteplici, immense, irte di anfratti a cui si può accedere con la musicalità delle parole, con la danza della fantasia che esse inducono; o attraverso il connubio fra la ragione, gli accadimenti e le varie realtà che sappiamo costruire, certi che nessuna ' mai definitiva, che tutto transita, come indica lo stesso romanzo a trama "mobile" che ogni lettore dovrà confezionarsi su misura.

(Sauro Mattarelli, Il pensiero mazziniano, 2002, n. 3, p. 174)

Una zona autonoma all'emiliana

Lo spettacolo della vita. Morti misteriose e teatranti sovversivi sullo sfondo di una picccola comuntà montana che ha deciso di porsi ai margini di una realtà mondana che vuol uccidere i sentimenti

Come sarà il mondo tra circa vent'anni? Per Paolo Galloni solo un po' più brutto: il mercato avrà più spazio, i sentimenti ne avranno meno. Le scuole perderanno il nome di scienziati più o meno illustri e prenderanno quello di più o meno famigerati economisti. I ricchi saranno sempre più ricchi concentrando il capitale, le attività produttive, la proprietà delle risorse naturali. I poveri saranno sempre più poveri: quelli fortunati isolandosi in prigioni fatte di programmi televisivi e centri commerciali, quelli sfortunati facendosi ferocemente la guerra fra di loro. Ed in quello che sembra un angolo riparato dalla tempesta chiamata progresso, un lembo di Appennino parmense, una comunità di uguali che ha deciso di anteporre al mercato il rispetto per sé stessi e per gli altri: Folìa. Sorta di "zona temporaneamente autonoma" all'emiliana, vive sulla rilegatura e sul commercio via Internet dei libri ormai ridotti a preziosi oggetti di collezionismo, coltivandosi il resto nelle campagne ormai abbandonate. (…)
Galloni, storico e già autore d'un romanzo - Donal d'Irlanda - ambientato nel Medioevo, con Il cuore della colomba (appena pubblicato da Fara Editore) tenta un'operazione ambiziosa. Programmaticamente sottotila il libro "slow book" proprio perché rifugge un approccio senzazionalistico alla storia, evita l'abusata strada del noir o del thriller, proprio come gli abitanti di Folìa evitano il confronto frontale con l'autorità (…) preferendo tentare la costruzione di una coscienza comune sempre più ampia. (…)
L'incipit del romanzo non è dei migliori, troppo palesemente manzoniano, troppo "scritta" la storia dei due attori girovaghi che si narrano alla gente di Folìa. Ma una volta superato lo scoglio della presentazione di questo mondo nuovo, i personaggi e le situazioni iniziano a precipitare da soli verso il finale: Marco che vive Folìa come esilio per la perduta Anna Sofia; Tristram e Nisa che leggono ogni luogo come una storia da aggiungere alla loro rappresentazione di teatranti girovaghi; Moira che da insensibile giornalista si trasforma in angelo della vendetta; Emma che cerca in Folìa una liberazione dalla prigione del suo corpo. Tutti sentieri che nei boschi parmensi, lungi dall'interrompersi, s'incrociano, si legano imprevedibilmente gli uni agli altri in modo che la narrazione, dall'iniziale rivolo, si fa corrente impetuosa. E nel finale ad essere in gioco non è tanto più la fornitura d'acqua a Folìa e la forma del suo pagamento, ma la sua stessa ragione d'esistere come speranza in un mondo diverso per noi che verso quel mondo c'incamminiamo.

(Francesco Mazzetta, il manifesto, 22-09-02, p. 13)

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