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Paolo Galloni. Donal d'Irlanda

L'amore si sporca le mani

Intervista a Giuseppe Callegari
autore dell'Amore si sporca le mani

Chi è Giuseppe Callegari, puoi dare una descrizione di te stesso in poche righe?

Fin da piccolo ho sempre scelto di stare dalla parte del più debole. Quando vedevo due persone che litigavano istintivamente mi mettevo dalla parte di chi ritenevo fosse più in difficoltà. Odio i luoghi comuni e l’ipocrisia travestita da mediazione. Amo la relazione schietta e diretta mettendo in conto che può provocare anche dolore.
Non amo la tecnica da quando è diventata padrona del mondo: non ho il cellulare e ritengo che gli sms sanciscano la fine della comunicazione fra gli esseri umani. Infatti, come dice Baudrillard, il diritto sancisce la diseguale distribuzione di un bene. Fino a cinquant’anni fa non si parlava di diritto all’aria pura perché ce n’era a disposizione per tutti. Nello stesso modo il cellulare, con i messaggini, dando la falsa idea di poter essere dappertutto in qualsiasi momento, rende l’uomo orfano del territorio in cui concretamente dovrebbe vivere.


Il tuo scrivere risponde ancora alle stesse domande o ha il desiderio di trovarne di nuove?

Scrivo soprattutto per me stesso perché il foglio rappresenta un modo per passare dal soliloquio al colloquio. Da questo colloquio interpersonale si sviluppano poi i rapporti e le relazioni con le persone, le cose e gli eventi della vita quotidiana. Non a caso, parecchie volte, mi è capitato di modificare la mia rappresentazione del mondo come conseguenza delle relazioni quotidiane.


La scrittura è anche confessione ma non è certo la tua una rivelazione ombelicale: come si possono attirare i lettori distratti, come fargli capire che conoscere è anche un modo di essere più liberi?

Il libro è un modo per conoscere sé stessi e le proprie caratteristiche. Ho finito a fatica di leggere Cent’anni di solitudine perché troppo lontano dal mio modo di vedere e di sentire. Ritengo che la lettura debba assolvere proprio il ruolo di monitor e non c’è bisogno di leggere Tolstoj e Dostojevskij– anche se sarebbe auspicabile – anche Dago o Nippur, due fumetti che appaiono su Lancio Story, possono permetterci di sviluppare questo percorso.

A chi consiglieresti in particolare la lettura del tuo libro?

Consiglierei il mio libro, sicuramente, a chi mi conosce, ma anche a chi desidera leggere una carta d’identità non contraffatta, frutto di un dialettico interscambio fra il foglio di carta e la vita.

Quali sono stati i tuoi autori di riferimento? Sono cambiati nel tempo?

Amo tantissimo Joseph Roth – ho letto tutto di lui – che con una frase riesce a rappresentare l’universalità del particolare. Mi viene in mente "è più facile morire per il popolo che vivere con i popolo", parole pronunciate dal protagonista de Il profeta muto. Per decine di volte ho riletto La Ribellione e Giobbe. Anche un bellissimo libro, come Reparto N. 6 di A. Cechov è di una incredibile attualità.
Fra i poeti voglio citare un nome poco conosciuto: Umberto Bellintani, mantovano di S. Benedetto Po. Il torrente Che Guevara e Poi fu la luce immensa sono, secondo me, pietre miliari nell’ambito della poesia, non solo italiana.

A cosa stai lavorando per il futuro?

Per adesso insegno, e la cosa mi occupa e mi appassiona tantissimo, lavoro nell’orto con i miei cani e mie gatti. Per il futuro sarà "il giorno dopo giorno" ad indirizzarmi e a consigliarmi.

(Fara Editore, autunno 2004)

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